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Visconti, teatro e "Le notti bianche"



Gli anni che separano Senso da Le notti bianche (1957) segnano un’intensa attività teatrale per Visconti. Il Crogiolo di Miller, Zio Vania di Cechov, Mario e il mago di Thomas Mann e Contessina Giulia di Strindberg sono alcuni dei titoli che Visconti porta in scena.
Le notti bianche viene presentato al Festival del Cinema di Venezia del ’57 dove vince il Leone d’Argento. Tratto dall’omonimo racconto di Dostoevskij, il film intende proporsi come indicazione neoromantica, a definitivo superamento del neorealismo, come ricerca di quel vero onirico che sta tra realtà e fantasia, in contrapposizione al vero corposo che il realismo postbellico aveva affermato.
In quelle stagione anche Antonio e Fellini si impegnano intorno a tematiche non molto dissimili, segno che le tematiche dell’interiorità e l’abbandono del neorealismo sia dal punto di vista formale che tematico è un passo imprescindibile per tutta la cinematografia italiana del periodo.
LE NOTTI BIANCHE
Le notti bianche è tendenzialmente considerato uno dei prodotti minori della filmografia viscontiana, ma rimane un film da non sottovalutare. In primo luogo viene introdotto nel cinema italiano un genere alquanto desueto come il Kammerspiel, sul quale lo stesso Visconti ritornerà più tardi con Il lavoro, in parte con Vaghe stelle dell’Orsa e, successivamente, con Gruppo di famiglia in un interno.  In secondo luogo, poi, Le notti bianche, caso unico nella filmografia viscontiana, ma anche in tutto il cinema italiano dei secondi anni cinquanta, vede inopinatamente il trionfo dell’utopia e del desiderio sognante, mentre il principio di realtà e ragione viene sconfitto. Dopo Le notti bianche, Visconti torna ad una frenetica attività teatrale, firmando ben sette spettacoli dal vivo: due allestimenti lirici (Don Carlo e Macbeth di Verdi) e cinque spettacoli di prosa (Immagini e tempi di Eleonora Duse a cura di Gerardo Guerrerieri, Uno sguardo dal ponte di Miller, Deux sur le balancoire di William Gibson, I ragazzi della signora Gibbons di Glickman e Stein e Veglia la mia casa, Angelo di Ketty Frings).
Due allestimenti teatrali, entrambi andati in scena nella prima metà del 1959, uno di prosa (Figli d’arte di Diego Fabbri) e uno lirico (Il Duca di Alba di Donizetti), precedono le riprese di Rocco e i suoi fratelli, che Visconti presenta alla Mostra di Venezia del 1960, ancora una volta non vincendo il Leone d’Oro.

Tratto da LUCHINO VISCONTI di Marco Vincenzo Valerio
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