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I primi conflitti della comunità cristiana con l'autorità politica


La comunità cristiana dovette ben presto confrontarsi con l'autorità politica. Ricordiamo il famoso quesito che fu rivolto a Gesù sull'opportunità o meno di pagare il tributo ai romani, al quale Gesù rispose di dare a Cesare quel che era di Cesare MA a Dio quel che era di Dio. Il problema era reale e concreto e Gesù legittima il pagamento del testatico solo perchè non implica nessuna attribuzione di divinità a Cesare.
Con Paolo nascono nuovi sviluppi. Essendo cittadino romano era profondamente convinto della necessità del potere politico e riconosceva spesso l'equità del diritto romano. La sua predicazione quindi fu più favorevole di quella di Gesù. La posizione di Paolo nei confronti del potere romano è duplice e solo apparentemente contraddittoria: nella Lettera ai Romani da un lato afferma che i cristiani devono essere leali con i romani, che devono esserlo perchè questa è la volontà di Dio. Il governo romano è opera di Dio che governa il mondo e l'organizzazione della comunità cristiana: un modo intelligente di evitare anarchie all'interno delle comunità. Da un altro lato lascia intendere che questa autorità politica, pur di origine divina, deve svolgere un compito puramente profano: spingere gli uomini a fare il bene e ad evitare il male. Lo Stato è Stato ma non è Chiesa. Deve limitarsi a creare le condizioni favorevoli per una vita tranquilla e dignitosa.
Il terzo assioma, fondamentale, è che la cittadinanza dei cristiani però non è qui sulla terra ma in Cielo. Non è la sua partecipazione alla comunità politica che lo rende libero ma la sua appartenenza a Cristo Signore. Essendo loro cittadini del cielo, sulla terra sono solo stranieri in condizioni di estraneità. È questo il fondamento dell'obiezione di coscienza cristiana e il motivo cardine delle persecuzioni.
All'iniziom nei primi trent'anni, l'autorità romana non ha granchè da rimostrare ai cristiani e si pone solo come sedatrice del disordine pubblico. Nel 64 però arriva Nerone e la prima persecuzione romana. Perchè? I pretesti sono noti ma Tacito stesso smentisce le voci. Il vero pretesto a cui si attaccherà Nerone per sterminare i cristiani sarà quell'odium humani generis di cui parla Tacito. Nel 95 scatta la persecuzione di Domiziano, più difficile da spiegare. La fonte pagana più antica è Svetonio, che ci racconta che Domiziano fece uccidere, per un leggerissimo sospetto, il console Flavio Clemente, suo cugino. Clemente era uomo di “contemptissimae inertiae”, riferibile sia a un cristiano che non partecipa alla vita pubblica, sia a un oppositore politico, sia a uno stoico.
Le fonti cristiane più antiche sono la I lettera ai Corinzi e l'Apocalisse che però non parlano di persecuzioni. Ne parlano invece il palestinese Egesippo e il vescovo di Sardi Melitone. Cassio Dione poi rivela che Clemente e sua moglie erano inclini ai costumi dei giudei e furono condannati per ateismo, accusa rivolta spesso ai cristiani. Ma sono tutte fonti poco attendibili che lasciano pensare che in realtà Domiziano abbia scatenato una violenta persecuzione verso tutti gli oppositori del regime utilizzando ogni pretesto utile.

Tratto da STORIA DEL CRISTIANESIMO di Gherardo Fabretti
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