Teoria della valutazione in Dewey
                                    
La sua concezione “monastica” (cioè che non fa riferimento come abbiamo visto a principi nettamente contrapposti) condiziona anche la sua concezione della morale. Per Dewey è impossibile distinguere razionalità e istinto. La stessa volontà è in stretta relazione con l’ambiente con il quale l’individuo interagisce: essa è piuttosto legata all’abitudine. La libertà non coincide con il libero arbitrio ma è data dagli spazi di novità, di originalità di cui un individuo è capace all’interno del suo ambiente. In che cosa consiste il valore che permette di giudicare un’azione buona o cattiva? A questa domanda Dewey risponde con la sua teoria della valutazione. Egli inizia col dire che i valori non sono dei principi in sé, ma nascono da un’esigenza insoddisfatta dunque strettamente legata all’esperienza. Come conseguenza diretta a ciò è il fatto che è indispensabile, affinché si soddisfi un’esigenza, l’esame del rapporto tra mezzi e fini. Bisognerà cioè indagare quali strumenti servono per raggiungere la soddisfazione dell’esigenza.
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Dettagli appunto:
- Autore: Carlo Cilia
 - Università: Università degli Studi di Catania
 - Facoltà: Lettere e Filosofia
 - Esame: Storia della filosofia contemporanea
 
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