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Il quartiere ebraico in Sicilia, XII sec.


IL QUARTIERE EBRAICO. Fin dal XII secolo l'abitato ebraico siciliano appare doppiamente concentrato: sia nello spazio geografico dell'Isola, dove si limita ad un piccolo numero di paesi, sia all'interno di questi siti dove gli ebrei sono raggruppati. In tutto sono attestati solo una quarantina di quartieri, quasi tutti situati nell'ambito di terre, cioè di centri chiusi e fortificati. Non abbiamo notizie di centri abitati esclusivamente abitati da ebrei.
La residenza ebraica è un fatto principalmente urbano e gli ebrei seguono la tendenza generale della popolazione siciliana a preferire la comodità dei grandi centri urbani rispetto alla perifericità del casale isolato. Una città metteva a disposizione una serie di importanti servizi come il mercato, il macello, il forno, il pane e la carne di piazza, i forni e le confraternite che offrivano servizi religiosi. Questa tendenza porta ad una dissociazione tra attività agricole e abitato, separati da distanza anche notevoli; ciò implicava anche la separazione per lunghi mesi tra l'abitato maschile contadino dei pagliai delle imprese agricole e l'abitato femminile dei paesi. Le specializzazioni tecniche ed economiche degli ebrei e il commercio della piazza consentivano invece loro il soggiorno permanente dentro le mura, salvaguardando l'unità familiare nella vita religiosa e comunitaria.
I quartieri ebraici in Sicilia sono sì separati dal resto della comunità ma non esclusivi né chiusi. Ci si raggruppa per motivi religiosi ma non c'è nessun obbligo a vivere in un quartiere chiuso e neppure in un quartiere esclusivamente abitato da una comunità, salvo che in alcune iniziative tarde e mai applicate. La tendenza naturale va invece verso la concentrazione dell'abitato in un vicinato più o meno compatto, in una nebulosa a distanza ravvicinata dal centro politico vicino il mercato. La preoccupazione per la protezione immediata all'ombra del castello è evidente solo per Milazzo, Palazzolo, Pantelleria, Termini e Paternò. Questa concentrazione è attestata precocemente: la si avverte nella Palermo normanna e la si ritrova a Termini, nel 1287, dove le case ebraiche sono unite ma non chiuse in uno spazio limitato. Tutte le localizzazioni di antichi stabilimenti urbani ebraici sono localizzati sempre intra muros ad eccezione di Naso, CL e Corleone dove però l'indicazione di una collocazione extra muros è dovuta alla confusione tra quartiere della sinagoga e cimitero.
Il cimitero era obbligatoriamente collocato fuori dalle mura e la comunità esigeva anche la presenza obbligatoria di un bagno, di una sinagoga e di un macello.

LA DISTRIBUZIONE NELL'ISOLA. Le migrazioni interne segnalate dalle richieste di sgravio fiscale rendono incerto il movimento demografico delle singole comunità. Non tutte queste richieste evidentemente possono essere prese in considerazione e alcune per sostenere le loro argomentazioni presentano cifre eccessive. Nel 1439 la Giudecca di Catania si dichiara ridotta a 34 nuclei familiari (i masunati) che è una cifra così bassa da non poter essere considerata verosimile. Nelle tre valli siciliane distinguiamo la Val Di Mazara che conta 22 giudecche nel 1400. le giudecche della Val Demone sono invece poco numerose, solo 14 mentre la Val Di Noto si colloca a metà tra le due con 15 giudecche. La distribuzione delle giudecche e del loro peso demografico risulta molto irregolare nello spazio: una soltanto nelle Madonie, nessuna nei Nebrodi. La parte del Demanio e delle terre baronali si può calcolare senza difficoltà nella misura del 14% circa in tutto il XV secolo. La parte delle città marittime si attesta invece al 46 % circa. In generale diciamo che la popolazione ebraica siciliana si concentra nella parte di più lunga tradizione araba e in quella del latifondo. Il loro regno è la Val di Mazara.



Tratto da STORIA MEDIEVALE di Gherardo Fabretti
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