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L'influenza della lingua araba in Sicilia (1200)


LA LINGUA SCRITTA E LA LINGUA PARLATA. Gli inventari delle biblioteche attestano innanzitutto la presenza presso gli ebrei siciliani di alcuni libri scritti in grafia araba, chiamata moriscu. Essendo solo quattro volumi (uno a TP, due a PA e uno a Caltabellotta) i redattori dell'inventario ne furono attratti. La lettura di questi volumi era però molto difficile e su quattro opere l'inventariante è riuscito a identificarne una sola, chiamandola genericamente Glosse e chiarimenti su alcuni vocaboli della Bibbia in moriscu. Dalla descrizione capiamo dunque che l'opera è una sorta di shorashim, di elenco di principi base. È evidente dunque che i medici e gli scienziati ebrei potevano consultare direttamente le opere fondamentali in arabo come quelle di Maimonide e Avicenna senza dover passare dalla traduzione ebraica. È chiaro come l'arabo conservasse un ruolo particolare nella cultura degli ebrei di Sicilia, che anche quando parlavano in romanzo o in latino non possedevano i relativi testi, al contrario di quelli arabi.
Nel 1200 la funzione di traduttori di testi arabi è stata a lungo divisa tra gli scienziati ebrei, medici e rabbini allo stesso tempo, e un gruppo antico di notai e giudici in gran parte di origine cristiano – araba. Un altro elemento importante da notare è l'utilizzo del moriscu in lettere di cambio e documenti mercantili, che serviva a scoraggiare curiosi e concorrenti.
L'arabo parlato dagli ebrei siciliani era invece un dialetto maghrebino, così almeno risulta dai testi analizzati da Wettinger. Questi testi sono riassunti ad uso personale di dichiarazioni destinate ad illustrare atti latini di procedura davanti a tribunali o liste dotali. Si propongono quindi con elementi di lessico giuridico e permettono di osservare direttamente il mondo degli oggetti e della realtà domestica quotidiana. Ci si è chiesto il perché gli ebrei palermitani abbiano sentito il bisogno di riassumere in arabo, e in caratteri ebraici, il nocciolo degli atti processuali in loro possesso. La risposta è stata che essi non sono tanto fogli di pratica utilità ma vere affermazioni di originalità dei possessori in un'ottica di appartenenza comunitaria.
In dettaglio l'ortografia e il vocabolario presentano numerose particolarità, una evoluzione nel senso della maggiore latinizzazione e l'abbandono di una parte del sistema fonetico. La sintassi e la morfologia rimangono invece quelle di un dialetto arabo. In generale nei testi arabi degli ebrei siciliani il lessico si apre alle parole siciliane. L'arabo comunque rimane per gli ebrei di Sicilia un qualcosa che li lega al passato, ma anche un segno di riconoscimento, di differenziazione religiosa; inoltre esso potrebbe essere stato la lingua della sfera privata.

Tratto da STORIA MEDIEVALE di Gherardo Fabretti
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