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Il dualismo tra pensiero e linguaggio

Il dualismo tra pensiero e linguaggio


Dicevamo che la discussione sull’intenzione d’autore è vecchia, vecchissima, molto anteriore all’epoca moderna. Oggi si tende a ridurre il problema dell’intenzione al dualismo tra pensiero e linguaggio, e anche se la tesi dualistica dà forte peso all’intenzionalismo, l’attuale denuncia del dualismo non risolve il problema dell’intenzionalismo.
Platone sostiene, nel Fedro, che la scrittura dista dalla parola quanto la parola (logos) dista dal pensiero (dianoia). Aristotele ritorna sul discorso dicendo che la dualità di contenuto e forma del medesimo è all’origine della separazione tra il racconto (muthos) e la sua espressione (lexis).
Ci passa anche tutta la tradizione retorica, che distingue la ricerca delle idee (inventio) dalla trasposizione delle idee in parola (elocutio). Si tratta di parallelismi poco chiarificatori perché fanno scivolare la questione dell’intenzione verso quella dello stile. La retorica classica era originariamente praticata in contesti giudiziari, ed era quindi ovvio che essa distinguesse pragmaticamente tra intenzione e azione.
Oggi però tendiamo a dimenticarlo perché confondiamo i due diversi principi interpretativi su cui si fondava l’interpretazione dei testi, che si fondava sulla tradizione retorica, quindi sui principi giuridico e stilistico.
In altre parole, i retori come Quintiliano o Cicerone, se dovevano analizzare dei testi scritti, ricorrevano alla distinzione giuridica tra intentio e actio, o tra voluntas e scriptum per quanto concerne il particolare atto della scrittura. Il problema stava nel superare questa opposizione giuridica, attuata attraverso un metodo stilistico, vale a dire cercando nei testi delle ambiguità che consentissero loro di passare dallo scriptum alla voluntas. Secondo loro, le ambiguità erano indici di una voluntas distinta dallo scriptum. L’autore – intenzione e l’autore – stile venivano, per questa ragione, confusi spesso, e la distinzione giuridica (quella tra voluntas e scriptum) veniva oscurata da una distinzione stilistica (quella tra senso proprio e senso figurato). Il fatto che essi praticamente si sovrappongano non è un buon motivo per ignorare che essi siano in realtà due cose distinte e separate.

Tratto da TEORIA DELLA LETTERATURA di Gherardo Fabretti
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