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Il mostro: scienza medica e mercantilismo


Questa terza sottosequenza (43), con la complicità della prima (41) incastra l’incontro con il mostro entro la logica mercantile, cercando di risollevare i bassifondi in cui si trovano i personaggi in una piazza affari, ove ci si tratta da signori e si mandano a prendere gli oggetti di valore in carrozza. Da un lato Bytes è pronto a sostenere l’isotopia mercantile (“Affare concluso”), dall’altro disocculta la tacita asimmetria della relazione sociale con il dottore costringendo il corpo di questi ad avvicinarsi al suo. Treves porge il suo biglietto da visita, nella tacita sicurezza di non poter essere ricambiato; stringe la mano di Bytes, ma con l’opportuna e dignitosa interposizione dei guanti. Bytes afferra le spalle di Treves e lo avvicina a sé in maniera smodata cercando di dare rappresentazione figurativa a una prossimità di ruoli scandalosa.
Bytes - “Bene. Si rende conto? Non è solo il denaro a cambiare di mano. Ci siamo intesi completamente, amico mio”.
La posizione enunciazionale rispetto al sapere narrativo fin qui acquisito non consente ancora di comprendere del tutto le vesti scientifiche degli interessi di Treves; il personaggio del medico è per ora tratteggiato da due ruoli attanziali estremi, quello passionale (commozione), quello pragmatico (trovare The Elephant Man e portarlo in ospedale). L’incomponibilità dei ruoli è data dal fatto che le condizioni di Merrick non possono articolarsi con uno spazio della cura (ospedale), dove premure e terapie possono conciliarsi. Le condizioni estreme di Merrick sono già chiare allo spettatore, ma i punti di vista enunciazionali non hanno ancora permesso l’accesso ai caratteri del suo viso; in compenso, nel resto del film, non ci sarà dettagliamento più preciso della schiena della “creatura” di quanto non si scorga nella sottosequenza del primo incontro con Treves (42). Ad essere messa in risalto non è tanto la deformità dell’involucro, quanto una metastasi figurativa, una supplementazione ricorsiva che pare avere in memoria un processo espansivo ancora in atto. The Elephant Man è nato da una nube di gas e il suo corpo cresce esalandosi; solo che la sua consistenza materica, rispetto alla nube, accetta scandalosamente le iscrizioni del tempo, adibendo il dramma di un soggetto che non potrà mai avere una storia (tutt’al più una posizione limite nel quadro di una patologia generale).
Il dramma figurativo di The Elephant Man si esplica in questa resistenza, in questo reggere il peso di una devoluzione del volto. La tragedia dello sguardo sta invece nella sua paradossalità; la curiosità di volgere il volto del mostro verso di sé e nel contempo l’esigenza della sua voltura nell’inumano, in ciò che non ha storia. Del resto, il rischio reciproco tra mostro e suo osservatore è di vampirizzarsi reciprocamente. Anche per tale ragione, John Merrick tace letteralmente sul suo sapere ed intendere, come per trattenere un equilibrio sospensivo di paure ove l’uno prefigura di vedersi “consumato” dall’altro.

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