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Il linguaggio del pensiero in Fodor


Il terzo elemento della naturalizzazione di Fodor è la teoria computazionale della mente, al cui centro troviamo l’ipotesi del linguaggio del pensiero o mentalese. Si basa sull’idea che nel cervello vi sia un insieme di rappresentazioni mentali che hanno forma analoga agli enunciati di una lingua. Possiamo descrivere tali rappresentazioni come un linguaggio, il linguaggio del pensiero appunto.

Il mentalese è un insieme di rappresentazioni simboliche che segue il principio di composizionalità ed è atomista: a ogni concetto fa corrispondere un simbolo. L’idea di un sistema innato ha suscitato critiche, dato che il linguaggio si sviluppa con la società, ed è difficile accettare che carburatore e maniglia siano concetti innati.

Detto ciò, la tesi ha un suo fascino e richiama la tesi sugli anticorpi poi convalidata in medicina. Gli anticorpi sono un sistema che contiene copie delle strutture del mondo esterno (ad esempio virus, batteri e sostanze artificiali) che potrebbero colpire le cellule sane dell’individuo. Tali copie si trovano, innate anche se non attivate, nelle cellule sane. Analogamente, il mentalese potrebbe comprendere come innati tutti i concetti possibili, ma solo una parte è innata nell’individuo.
La differenza tra credenze e desideri dipende da dove è posto un enunciato del mentalese; la differenza tra credenze dipende dall’enunciato del mentalese che si trova nella specifica scatola.

La naturalizzazione della semantica di Fodor è radicale e si contrappone alle versioni normative della tradizione classica. Per la semantica fa eccezione Chomsky, che ritiene che la dimensione del significato non sia naturalizzabile, e sia irriducibile a un trattamento scientifico (ad esempio biologico). Ma la maggior parte degli studiosi lavora oggi in un’altra direzione.

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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