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Le origini della semiotica


L’inventore della semiotica fu Charles S. Peirce (1839-1914). Un segno è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro. E’ d’uso, nella tradizione semiotica, presentare un modello di funzionamento dei segni con il triangolo semiotico o semantico: segno <-> idea <-> cosa. Per Peirce l’intermedia-rio tra i segni e le cose è l’interpretante, o un altro segno usato per interpretare il segno dato.

A Peirce si deve una prima classificazione generale dei tipi di segni: icona, un segno che assomi-glia all’oggetto che intende rappresentare (ad es. un dipinto); indice, un segno che è collegato di-rettamente (o causalmente) a ciò che rappresenta (il fumo è segno del fuoco); simbolo, un segno che è astratto da ogni relazione concreta con il rappresentato, ma dipende da una convenzione.

Per ogni tipo di segno vale la distinzione tra type e token: il type è un tipo di segno, il token è una replica o occorrenza di un segno. La replica è la riproduzione fisica di segni. La distinzione è evidente con espressioni come io o tu: ogni parlante può usare questo tipo di espressioni, ma ogni replica di questa espressione in bocca a parlanti diversi si riferirà a persone diverse.

Negli USA le tradizioni peirceana e fregeana si incontrano in Morris e Carnap. Essi riconoscono l’importanza della semiotica generale, suddivisa in tre campi: sintassi, studio del rapporto dei segni con altri segni; semantica, studio del rapporto dei segni con gli oggetti; pragmatica, studio del rapporto dei segni con i parlanti. La semiotica considera i segni come facenti parte di un codice o sistema. Nel Penco non si studiano i sistemi di segni non linguistici (come le danze delle api).

Tratto da INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO di Domenico Valenza
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