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Tre esempi di regia: Hawks, Godard, Coen – Classico, moderno e postmoderno


Ogni periodo ha le sue tendenze stilistiche, anche nella regia. Vediamo come tre registi di epoche diverse hanno rappresentato una situazione canonica: un uomo e una donna parlano in una stanza. Ne abbiamo dedotto tre diversi stili di regia: uno stile classico, uno moderno, uno postmoderno.

Come esempio di stile classico analizziamo una sequenza di The Big Sleep di Howard Hawks. In essa, tutto torna due volte, come in un sistema di rime: due primi piani, due spostamenti degli attori, due serie di campi/controcampi, due climax. Ma tutto torna secondo un principio di variazione.

Tutta la scena, infatti, segue un meccanismo di progressione visiva, scandito così: introduzione, sviluppo e rilancio, secondo sviluppo più drammatico, scioglimento. La sequenza presenta dunque un preciso ritmo visivo, all’insegna della variazione costante e di una progressione di tipo narrativo.
 
Benché Hawks sia celebre per il suo stile montato e ritmato, questo è lo schema ricorrente nel cinema classico: in una scena, man mano che si avvicina il centro drammatico, le inquadrature appaiono sempre più ravvicinate, e sovente questo acme coincide con un brusco spostamento degli attori nello spazio, o con un gesto forte e significativo; tale spostamento permette di scavalcare la linea immaginaria e variare la scena, rilanciando la narrazione.
Come esempio di stile moderno, consideriamo A bout de souffle di Jean-Luc Godard. La scena considerata è il contrario della precedente. Ciò che la caratterizza è da un lato l’uso di luci naturali e della macchina a mano, dall’altra il ricorso a punti di vista inconsueti e il piano sequenza.

A dettare il ritmo e il senso alla scena non è la cinepresa, ma i movimenti degli attori, che non occupano caselle preordinate ma sembrano liberi di gesticolare. E la macchina a mano, appunto, asseconda la fisicità degli attori, stando loro addosso. Il risultato, comunque, è che al posto di una geometria rigida, fatta di rette e di piani, c’è una geometria flessibile, di curve e volumi.

Infine, un esempio di stile postmoderno: da Barton Fink dei Coen. Il tratto dominante è l’eccesso e la contaminazione degli opposti: da un lato la piattezza dei campi/controcampi, dall’altro, l’audacia di un movimento di macchina impossibile, con la macchina da presa che penetra nel buco del lavandino.

Gli attori non sono costretti in traiettorie geometriche e artificiose, ma non sembrano possedere la libertà di quelli moderni; la macchina da presa sembra più viva dei personaggi, e alla fine compie un movimento, che è soprattutto una performance tecnologica.

Lo stile postmoderno non conosce vie di mezzo e mescola gli opposti: la fissità del moderno e il campo/controcampo del classico; la recitazione nervosa del moderno e il movimento calcolato del classico. Mescola tutto perché mette tutto sullo stesso piano, e di tutto fa una caricatura.

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