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La società polacca e il nuovo secolo

La Polonia d’inizio secolo

L’eredità del passato: La Polonia nasce nel 1385 come unione dinastica. Nel 1569 si unisce in una confederazione con la Lituania e prende la forma di repubblica nobiliare, diventando una delle principali potenze del sistema geopolitico dell’Europa centro-orientale. Sull’area avrebbero gravitato gli imperi ottomano, asburgico e russo e il regno prussiano. Alla fine del ‘700 il rapporto di forza mutò a favore di queste potenze, all’interno delle quali lo stato si era dotato di una forte capacità impositiva fiscale svincolata dalla nobiltà e sostenuta dalla borghesia. In Polonia un processo simile non avvenne. Nel corso di tre spartizioni Prussia, Russia e impero asburgico si divisero il territorio polacco. 1772 – I spartizione: alla Prussia la Varmia e l’ex Pomerania polacca, all’Austria le province meridionali e alla Russia il territorio del Dnepr e quelli lituani. Firma della Costituzione polacca del 1791, che fa dell’Unione una monarchia costituzionale ereditaria. 1793 – II spartizione: alla Prussia la provincia di Poznan. 1795 – III spartizione: scomparsa dell’Unione. Le potenze spartitrici ereditarono la questione agraria polacca. La terra era di proprietà del ceto nobiliare ed era ancora esistente il servaggio. La società polacca soffriva di una profonda spaccatura tra la classe contadina e nobiliare. Austria: estese ai nuovi territori i propri ordinamenti. Alla burocrazia di Maria Teresa servivano funzionari e impiegati polacchi. I polacchi erano rappresentati in parlamento (il Club polacco) e cominciarono a rispettare e apprezzare l’Austria in qualità di stato moderno e organizzato. Nel 1848 furono assegnate ai contadini le terre da essi occupate. Russia: rispetto a Vienna intraprese una politica più autoritaria e volta alla russificazione dei territori occupati. Il Congresso di Vienna creò il piccolo Regno di Polonia (detto Regno del Congresso) con lo zar Alessandro I re costituzionale. Questi dotò la Polonia di una costituzione liberale che non ne sanciva però l’indipendenza. Lo zarismo autocratico, incentrato sulla chiesa ortodossa, era l’antitesi dell’idea polacca di autorità statale. Durante la ventata rivoluzionaria del 1848 il nazionalismo polacco (primavera dei popoli) sperò che dall’unione tra Galizia austriaca e Posnania prussiana potesse sorgere uno stato polacco indipendente. La “primavera” si concluse con l’insurrezione antirussa nel Regno del Congresso nel 1863-64. La sconfitta dei rivoltosi portò alla soppressione del regno di Polonia. Eliminazione del servaggio e assegnazione delle terre ai contadini, ma la politica agraria non ebbe successo perché si accompagnava alla repressione contro la religione cattolica e contro la lingua polacca. Prussia: si identificavano i polacchi nell’alto clero e nella nobiltà, mentre il resto della popolazione era considerato come cittadini prussiani di lingua polacca. Germanizzazione, divieto di usare la lingua polacca. Eliminazione del servaggio. Nello scontro fra tre diverse tipologie sociali la società polacca rafforzò il proprio senso comunitario. La riforma agraria avvenne prima nelle zone prussiane, dove c’erano più capitali, mentre nelle altre due zone il processo avvenne lentamente. La Polonia divisa entra nel XX sec. con un problema agrario irrisolto. La soluzione per molti fu l’emigrazione, che coinvolse quattro milioni di polacchi tra il 1870 e il 1914. La diaspora e gli intellettuali: la repressione provocò la diaspora polacca, principalmente diretta in Francia. A Parigi gli intellettuali polacchi organizzarono la propria attività a favore dell’obiettivo della resurrezione nazionale. Nacque un nazionalismo romantico che giunse a considerare la Polonia come “Cristo fra le nazioni”, la cui resurrezione avrebbe rappresentato la vittoria della libertà sulla tirannia (importante per la questione dei simboli, tanto cari ai polacchi). Elementi costitutivi del nazionalismo polacco furono la lingua e la religione cattolica. Chiesa cattolica: il rapporto tra Polonia e cattolicesimo risale al battesimo del duca Mieszko I nel 966. La Chiesa ottenne una forte posizione politica ed economica che le consentì di influenzare la vita politica polacca. La Russia separò il clero polacco da Roma, lo sottopose all’autorità di un collegio speciale di Pietroburgo e dichiarò l’ortodossia religione di stato. Nella zona prussiana la chiesa cattolica patì le restrizioni del Kulturkampf, mentre nella zona austriaca (cattolica) non vi furono né persecuzione né statalizzazione. Nel popolo si rafforzò l’immagine di una chiesa sofferente e perseguitata perché polacca. I partiti di massa si affermarono nelle tre Polonie alla fine dell’800 e dovettero fare i conti con le potenze dominanti e con i problemi dello sviluppo economico. Tra i maggiori partiti vi erano il Partito nazional-democratico di Dmowski, il Bund, composto dagli ebrei polacchi, e la Social-democrazia del regno di Polonia (SDKPiL).

Tratto da LA POLONIA di Giulia Dakli
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