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L'influenza del latino nell'italiano


L’italiano è stato esposto al latino in diversi periodi e ha inglobato parole provenienti da latini diversi. L’Appendix Probi, una lista di 227 parole o forme o grafie non corrispondenti al buon latino classico e perciò segnalate da un maestro del III-IV sec. d.C. perché i suoi allievi le evitassero, è una testimonianza del latino volgare. Il maestro raccomandava di usare auris e non oricla, oculus e non oclus, ma noi riconosciamo nelle forme condannate quelle più vicine a orecchio e occhio.

Dai secoli XIV e XV in poi il ruolo del latino è eroso dall’affermarsi dei volgari fino a diventare come il greco un serbatoio di materiale lessicale per terminologie scientifiche. Parte del lessico italiano si è formata a partire dal latino volgare, dal latino parlato e in particolare dal caso obliquo, non dal nominativo. Spesso l’etimologia ricorre anche alla contaminazione col francese o col provenzale per ricostruire l’origine di una parola: ad es. magione da MANSIONEM attraverso il fr. Maison.

Possiamo individuare delle coppie in cui il nome è arrivato dal latino attraverso la tradizione orale, e quindi ha subito tutti i mutamenti fonetici del passaggio dal latino alle lingue romanze, mentre l’aggettivo è di coniazione dotta. Qualche esempio: avorio-eburneo, oro-aureo, pioggia-pluviale. Il fenomeno, detto allotropia, ha avuto anche come risultato coppie di parole appartenenti alla stessa classe grammaticale e allo stesso genere: angustia-angoscia, copula-coppia.

Molte parole composte sono costituite con elementi lessicali latini, e gli elementi di composizione derivati dal latino sono numerosi, benché non così numerosi come quelli di derivazione greca. Fra i prestiti non adattati i più numerosi nel lessico italiano sono, dopo quelli inglesi e francesi, i latini.

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