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La riapertura del Paese e il periodo kaikoku


La riapertura del paese, detta kaikoku, mise in luce l’inadeguatezza del sistema bakuhan davanti al nuovo sistema internazionale.

Masahiro si attirò sia le critiche del movimento joi contrario alle concessioni agli stranieri, sia quelle dei fautori del kaikoku, che lo accusavano di eccessiva cautela, per questo nel 1855 fu costretto a consegnare le dimissioni e il suo posto venne occupato da Hotta Masayoshi.

Hotta iniziò nel 1856 una serie di trattative con il console americano Townsend Harris
, nonostante l’opposizione della corte di Kyoto e la disputa apertasi per la successione al bakufu. Da una parte vi era Tokugawa Iemochi, sostenuto da Ii Naosuke e dai consiglieri anziani, dall’altra c’era Tokugawa Yoshinobu sostenuto dai daimyo esterni. La disputa si concluse con la vittoria di Iemochi, grazie all’intervento di Ii Naosuke, che eliminò i rivali con le cosiddette epurazioni Ansei.

Nello stesso anno si conclusero le trattative con Harris, che portarono il 29 aprile 1858 il Giappone a firmare il trattato di amicizia e commercio con gli Stati Uniti. Il trattato prevedeva la riapertura dei porti di Kanagawa, Nagasaki, Niigata e Hyogo; la possibilità di far risiedere a Edo e nei porti aperti cittadini americani e la limitazione dei dazi doganali. Tale trattato e quelli che seguirono con Olanda, Russia, Gran Bretagna e Francia, furono detti Trattati Ansei, vennero stipulati prendendo a modello il trattato imposto dagli inglesi alla Cina alla fine della guerra dell’oppio e vengono considerati "trattati ineguali" per via di alcune clausole particolarmente svantaggiose e la mancata reciprocità di obblighi e diritti.

La riapertura dei porti influì negativamente sull’economia giapponese, il controllo sui dazi impediva una politica protezionistica e la concessione dell’extra-territorialità ai cittadini americani limitava l’autorità giudiziaria giapponese.

La stipulazione dei “trattati ineguali”, la crisi economica e il decadimento del bakuhan causarono un’ondata di terrorismo politico che portò all’assassinio di Ii Naosuke nel 1860 e a quello di un cittadino britannico nel 1863, che ebbe come conseguenza il bombardamento di Kagoshima da parte degli inglesi e un inasprimento dei conflitti fra i fautori del kaikoku e il movimento xenofobo. Alla fine fu la corrente moderata di Yoshinobu e la politica del kobu gattai ad avere la meglio. Essa sosteneva la necessità di raggiungere un compromesso con i daimyo e la corte di Kyoto.

Intanto, anche grazie alla mediazione di Tosa, i due feudi sud-occidentali di Choshu e Satsuma siglarono un patto di alleanza segreta ottenendo anche l’appoggio inglese, così già nel 1864 Choshu fu in grado di resistere alle spedizioni punitive inviate dal bakufu.

Con la scomparsa di Iemochi, nel 1866 era divenuto shogun Yoshinobu. Quest’ultimo aveva tentato di promuovere una serie di riforme innovative senza l’approvazione della corte di Kyoto e con il sostegno della Francia. Ciò spinse la Gran Bretagna ad appoggiare i feudi di Choshu e Satsuma nella convinzione che la vittoria del fronte anti-shogunale avrebbe favorito il commercio.

Nel 1867, sempre con l’intervento di Tosa e Hizen, i feudi di Choshu e Satsuma fecero pressioni su Yoshinobu affinché presentasse le dimissioni dalla carica shogunale all’imperatore.

Il 3 gennaio 1868 fu proclamata la restaurazione Meiji: fu abolito lo shogunato e i Tokugawa vennero privati dei loro possedimenti, la capitale di Edo fu rinominata Tokyo e divenne la sede della corte, l’imperatore Mutsuhito riacquisì i pieni poteri e nel 1869 un esercito imperiale mise fine agli ultimi focolai di resistenza.

Tratto da STORIA DEL GIAPPONE di Veronica Vismara
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