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Periodo Heian


Nel periodo Heian la corte si servì sempre di più dei governatori provinciali, i Kokushi, per amministrare le terre lontane dalla capitale ma questi ne approfittarono per consolidare il proprio potere, dando vita a un decentramento del potere politico, tale che il ruolo dell'imperatore divenne con l'andar del tempo solo cerimoniale e religioso. Tra l'altro il potere dell'imperatore era minato dalla stessa aristocrazia di corte, in particolare dai Fujiwara, che esercitarono il monopolio sulla carica di reggente per gran parte del periodo Heian.
Nell'857 Fujiwara Yoshifusa, ottenne la carica di Dajo Daijin, che fino ad allora era riservata ai principi imperiali, e gli conferiva il potere di primo ministro e capo del Consiglio di Stato (Dajokan).

Fujiwara Yoshifusa fece in modo che salisse al trono suo nipote Seiwa, ancora bambino, in questo modo egli poté esercitare la carica di reggente, Sessho, anch'essa fino a quel momento riservata ai principi imperiali, e cosa ancora più insolita mantenne il ruolo di reggente anche dopo che l'imperatore ebbe raggiunto la maggiore età. Anche i successori di Yoshifusa mantennero questo ruolo e nell'887 l'imperatore Koko creò per Fujiwara Mototsune la carica di Kanpaku, che indicava il reggente di un imperatore adulto e sarebbe stata la più alta carica di corte. Nonostante i tentativi di alcuni imperatori di limitare l'interferenza dei Fujiwara, dal 967, questi ripresero il controllo delle cariche di Sessho e Kanpaku, avviando il periodo conosciuto come Sekkan Seiji, o "governo dei reggenti".

Il Sekkan Seiji subì un primo colpo nel 1068, quando salì al trono Go Sanjo, il primo imperatore dopo un secolo a non essere figlio di una Fujiwara, il secondo colpo fu la creazione nel 1086 dell’Insei il "governo degli imperatori in ritiro", con cui l'imperatore Shirakawa abdicava e assumeva la carica di imperatore in ritiro, riservandosi però il diritto di designare l'erede al trono, riuscendo così, a svincolarsi dall'influenza Fujiwara (i quali erano riusciti a conquistarsi un ruolo di prominenza anche grazie all'incapacità del governo imperiale di limitare il fenomeno della privatizzazione delle terre e dell'esenzione fiscale, che aveva causato una diminuzione degli introiti imperiali, e grazie al fatto che offrivano le loro figlie come consorti imperiali cercando di mantenere un legame con la dinastia imperiale.)

Nonostante i tentativi di Kanmu di svincolarsi dall'influenza buddhista, molte istituzioni religiose riuscirono ad ottenere terreni e privilegi anche in seguito al forte legame, creatosi con la corte Heian, i cui membri prendevano spesso i voti continuando ad esercitare la loro influenza anche da monaci. Ben più fuori controllo erano invece le bande di guerrieri createsi nelle provincie che lottavano per il dominio delle terre sfidando l'autorità del governo centrale e che alla fine del periodo Heian ottennero sempre più potere.

Nel periodo Heian, in particolare nel IX secolo, il Giappone limitò i contatti con l'esterno preferendo dedicarsi alla rielaborazione delle teorie finora giunte dal continente. Nell'838 fu mandata l'ultima missione alla corte cinese dei Tang, ma ciò non impedirà all’aristocrazia giapponese di nutrire una forte ammirazione per la raffinata cultura cinese e la conoscenza della cultura classica cinese continuerà a essere un requisito indispensabile per i maschi dell'aristocrazia di corte.

Tuttavia durante il periodo Heian ci furono dei tentativi di nipponizzazione della cultura, si cercherà di favorire le soluzioni autoctone, prova ne è la scelta di affiancare l'alfabeto sillabico giapponese, i cosiddetti kana, alla scrittura in caratteri cinesi, kabun, fiorì così una letteratura in lingua giapponese con generi come il monogatari (racconto), nikki (diario) e le poesie in 31 sillabe, dette waka, molto comuni nell'ambiente di corte.

La nipponizzione della cultura portò anche all'elaborazione di originali principi estetici e a maturare una forte sensibilità per lo scorrere del tempo e la bellezza della natura. Nella corte Heian il buon gusto e la raffinatezza estetica divennero dei requisiti indispensabili, in particolare per le donne, i cui rapporti con importanti personaggi le consentivano di partecipare da dietro le quinte a intrighi e decisioni politiche. Tutto ciò che apparteneva all’ambiente aristocratico si fondava su un assoluto estetismo; basti pensare gli abiti indossati dalle donne, simbolo della loro maestosità e del loro rapporto e armonia con il loro corpo, un corpo libero negli abiti, che non è sottoposto ad alcun controllo da parte della società (cosa che avverrà invece più avanti introducendo l’obi, simbolo del controllo cui è sottoposta la donna per garantire una purezza nella discendenza).

Nella fase finale di questo periodo e successivamente nel periodo Kamakura, si diffonderà anche un senso di ansietà legato alla consapevolezza della precarietà della vita terrena. Tale precarietà intrinseca alla bellezza è ben esemplificata dalla metafora del fior di ciliegio, tipica della letteratura Heian, per cui la massima bellezza di tali fiori coincide inevitabilmente con l'inizio del loro declino. Questo senso di evanescenza della vita, definito mujokan, è certamente legato alla filosofia buddhista e si ripercuote anche nella letteratura del periodo Heian, in particolare nel famoso Genji Monogatari, dove il buddismo fa da sfondo alle vicende del protagonista, dando prova di come questa dottrina fosse riuscita, all’epoca a penetrare nella vita quotidiana dell’aristocrazia.

Tratto da STORIA DEL GIAPPONE di Veronica Vismara
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