Scarti dell’Industria Chimica
È meglio prevenire gli scarti piuttosto che trattare gli scarti o ripulire da essi dopo che sono stati generati
Waste: materiale non più necessario, che deve essere buttato
Scarti, scorie, rifiuti, reflui, residui, spreco…
Sottoprodotti
Inquinamento
1848, August Wilhelm von Hofmann (primo direttore del Royal College of Chemistry):
“In an ideal chemical factory there is, strictly speaking, no waste but only products. The better a real factory makes use of its waste, the closer it gets to its ideal, the bigger is the profit”
I rifiuti sono la conseguenza naturale dell’attività umiana, compreso lo stesso processo di vita.
Le attività industriali non rappresentano il settore che produce il maggior quantitativo di rifiuti, ma comunque costituiscono una fetta significativa del totale (12% in UK nel 1999).
• spreco di risorse e capitale
L’ obiettivo è la riduzione della quantità di rifiuti smaltiti nel suolo, in aria e in acqua attraverso:
• riuso e riciclo
• minimizzazione degli scarti all’origine
Prima parleremo degli scarti dell’industria, poi vedremo il problema degli scarti più vicini a noi.
Gerarchia per la gestione degli scarti
Esiste una rappresentazione grafica a forma di piramide, per visualizzare la gerarchia per la gestione degli scarti, in cui in cima c’è la prevenzione all’origine, eventualmente come scelta successiva c’è il riuso, poi c’è un recupero o un riciclo, e infine la scelta ultima è lo smaltimento dopo un eventuale trattamento.
1 – riduzione degli scarti all’origine
2 – riutilizzo
3 – riciclo per recuperare materiali e/o energia

Questa gerarchia può, in casi particolare, essere cambiata e non venir rispettata tal quale, perché ci sono casi in cui recuperare qualcosa diventa più costoso sia dal punto di vista economico che ambientale, rispetto a un semplice trattamento di smaltimento.
( Esempio: se la produzione di quantità non eccessive di una soluzione diluita di acido solforico non può essere evitata, conviene neutralizzarla e scaricarla in mare piuttosto che recuperare l’acido attraverso un processo che richiederebbe molta energia)
Naturalmente a rigore anche la scelta tra una possibilità e l’altra dovrebbe derivare da un LCA, quindi si dovrebbe considerare tutto e poi far cadere la propria scelta su quello che ha minore impatto sull’ambiente.

C’è una corrispondenza tra la gestione dell’inquinamento e la gestione degli scarti e in particolare possiamo fare riferimento alla direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea relativo ai rifiuti, in cui si tratta della gerarchia dei rifiuti:
a) prevenzione,
b) preparazione per il riutilizzo,
c) riciclaggio
d) recupero (anche di altro tipo come l’energia),
e) smaltimento, previo trattamento.
Un’altra cosa riportata sono le definizioni date in questa direttiva (Articolo 3)
Rifiuto: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi
Riutilizzo: qualsiasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la quale erano stati concepiti
Recupero: qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o dell’economia in generale
Riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i materiali di rifiuto sono ritrattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. Include il ritrattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il ritrattamento per ottenere materiali da riutilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento.
Il riciclo è un particolare caso di recupero: infatti il recupero deve essere visto come la possibilità di usare qualcosa per trarne qualche vantaggio anche se non può essere utilizzato per lo scopo iniziale. Il recupero però può essere anche di energia e questo è fondamentalmente quello che fanno i termovalorizzatori, perché bruciando i rifiuti è possibile recuperare l’energia che si è usata per lo smaltimento stesso. Esistono alcune differenze lessicali quali rifiuti-scarti e riciclaggio-riciclo, inoltre questa direttiva definisce sottoprodotto qualcosa che viene ottenuto attraverso lo stesso processo e che può essere usato per altro, altre differenze sono. Questi noi li abbiamo definiti coprodotti, perché sottoprodotti sarebbe meglio collegarlo a qualcosa di negativo. In ogni caso la cosa migliore sarebbe quella di evitare la produzione di scarti, ma se ciò non può essere evitato, almeno ridurli il più possibile, oppure riutilizzarli.
Se però non è possibile recuperare il materiale, almeno si deve provare a recuperare l’energia. Se tutto questo non è possibile bisogna trattare la sostanza per poi essere smaltita.


Scarti dell’industria chimica
Gli scarti di una industria chimica sono di diverso tipo e derivano dal processo produttivo.Oppure il caso dell’ inquinamento da mercurio nella baia di Minamata. Quindi ci sono stati in passato dei casi di inquinamento localizzato, che però in questo momento non sono il problema principale, nel senso che il problema non è tanto il singolo sito produttivo, quanto una visione più globale.
• il riscaldamento globale, e non è la singola industria che genera questo problema;
• il buco dell’ozono;
• lo scombussolamento del sistema endocrino dei pesci: ci sono pesci che cambiano sesso in modo non naturale a causa del fatto che ci sono degli inquinanti che hanno una struttura molto simile agli ormoni e quindi introducendoli in mare, il loro sistema endocrino li scambia per ormoni, provocando un cambiamento di sesso.
A livello globale quello che si deve cercare di fare è di evitare effetti cumulativi e quindi minimizzare gli scarti sia per motivi economici che ambientali.
Nelle industrie chimiche di composti organici (soprattutto nell’industria secondaria: produzione di fine chemicals e farmaceutici) i principali scarti sono rappresentati da Sali inorganici usati come reattivi stechiometrici, quali acidi e basi di Brønsted e di Lewis, ossidanti e riducenti. Un problemi abbastanza complicato è quello rappresentato dagli alogeni, e infine ci sono i solventi.
1. Acidi e basi di Brønsted stechiometrici
• Nitrazioni aromatiche con H 2SO 4/HNO 3
• Trasposizioni “catalizzate” (promosse) da acidi, es. trasposizione di Beckmann (H 2SO 4)
• Altre reazioni “catalizzate” da acidi (H 2SO 4, HF, H 3PO 4)
• Condensazioni promosse da basi, es. condensazione aldolica (NaOH, NaOME)
• Eliminazioni promosse da basi, es. deidroalogenazioni ((CH 3) 3C-O-K+)
2. Acidi di Lewis stechiometrici
• Acilazioni di Friedel-Crafts (AlCl 3, ZnCl 3, BF 3)
• Trasposizioni di Fries (AlCl 3)
3. Ossidanti e riducenti stechiometrici
• Ossidazioni con Na 2Cr 2O 7, KMnO 4, CrO 3, MnO 2
• Riduzioni con LiAlH 4, NaBH 4, Na, Mg, Zn, Fe/HCl
4. Alogeni, acidi alogenidrici, alogenati
• Reazioni di alogenazione o di sostituzione di alogeno (sostituzioni nucleofile)
5. Solventi
• Perdite di solvente (emissioni in aria ed effluenti acquosi)
Naturalmente le cose stanno migliorando, perché ci si è posti il problema ed è abbastanza evidente che qualcosa si è fatto sugli scarti.
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Dettagli appunto:
- Autore: Laura Marongiu
- Università: Università degli Studi di Cagliari
- Facoltà: Scienze Chimiche
- Corso: Scienze Chimiche
- Esame: Processi Industriali Ecosostenibili
- Docente: G. M. Cutrufello
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