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Carte di vulnerabilità degli acquiferi all’inquinamento

La vulnerabilità rappresenta la facilità con cui un acquifero può essere raggiunto da un
inquinante introdotto sulla superficie del suolo.
Maggiore è la vulnerabilità di un acquifero, più facilmente esso potrà essere contaminato
da un carico inquinante rilasciato dalla superficie.
Pericolosità e rischio sono variabili che non si possono prevedere.
Al massimo posso mettere su carta i centri di pericolo, che però non indicano la magnitudo.
Il rischio è molto difficile da conoscere perché dipende dal fabbisogno idrico in quel momento.
Nel sistema classico si mettono gli elementi idrostrutturali (piezometri, corsi d’acqua, reti di flusso), lo stato d’inquinamento reale dei corpi idrici sotterranei e poi si va a censire i produttori reali e potenziali (producono inquinanti solo in caso di incidente) di inquinamento. Il problema sono le fonti diffuse (agricoltura, pascolo, strade e reti fognarie) perché dipendono dalle condizioni locali (capacità tampone del suolo, ecc…). Si vanno poi a identificare le cause di maggiore probabilità e i potenziali soggetti all’inquinamento (pozzi dove viene prelevata l’acqua).
Un difetto di queste carte è che la piezometria, insieme alla rete di flusso, può variare stagionalmente (in natura no, ma i prelievi la fanno variare). Queste carte sono soggette a continua evoluzione ed è costoso farle.
Attualmente, per redigere queste carte si usa il metodo GOD ( Confinamento acque sotterranee, caratteristiche del tetto dell’acquifero e soggiacenza). Nel caso di falde confinate, la soggiacenza è la profondità reale della falda. Ogni sigla corrisponde ad un punteggio che viene assegnato in base alla situazione.
Non confinato: caso delle zone urbane dove c’è una falda libera ma coperta (G).
(O) può essere diviso in rocce sciolte, rocce con comportamento di rocce sciolte (tufi) e rocce compatte (permeabili solo per fessurazione).
(D) → nelle rocce poco permeabili conta molto la soggiacenza perché l’acqua ci mette di più a penetrare e più è alta la soggiacenza, più la falda è vulnerabile.
G = 0,6    O = 0,7    D = 0,9    G+O+D = 2,2/3 = 0,7 → vulnerabilità estrema.

Molte volte, in realtà, non c’è solo un tipo di roccia, ma diversi strati, che valuto con:
O = Σ (v*s)/szns
Dove:
v è il valore di O per quella roccia;
s è lo spessore della roccia;
szns è lo spessore della zona non satura.

Questo metodo è molto utile per calcolare la vulnerabilità di zone poco conosciute.

Tratto da RISCHIO IDROGEOLOGICO di Marco Cavagnero
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