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Costruire un setting pedagogico al nido


Il primo approccio della famiglia al nido è per richiedere informazioni relative alla possibilità di frequenza del bambino; si tratta in genere di madri agli ultimi mesi di gravidanza o con bambini appena nati. Il “periodo di accoglienza” ha una durata di circa sei/sette mesi e si compone di numerosi momenti formali, informali, di chiacchiere, di giochi, con la singola famiglia, con gruppi di famiglie.
La cura educativa avviene nella condivisione di uno “spazio abitabile” da parte di chi cura e di chi è curato: uno spazio in cui la condivisione di un “fare” o semplicemente di uno “stare” organizzato sembra aprire ad una conoscenza reciproca dei soggetti.
Accogliere vuol dire andare oltre la risposta ad eventuali bisogni, vuoi dire chiedersi chi è l’altro, riconoscerlo nelle sue zone d’ombra che per noi resteranno comunque inafferrabili; non c’è un metodo definito a priori, l’accoglienza è un processo dialogico che si avvia nell’esperienza della relazione con l’altro.

Il setting pedagogico è un’organizzazione data di elementi spaziali, temporali, materiali e normativi; è un’organizzazione concreta e simbolica che produce significati nel contesto comunicativo e relazionale. Interrogarsi criticamente su di esso diventa un’operazione strategica che può portare allo svelamento di significati impliciti che il setting contiene e comunica. Il setting che contiene e permette la relazione non è uno spazio neutro, né è dato una volta per tutte.
Troppo spesso i rapporti tra nido e famiglia sono gestiti con una metodologia definita a priori, che prevede una organizzazione rigida del setting, in cui gli aspetti concreti non sono pensati come strettamente connessi a quelli simbolici.

Tratto da BRICOLAGE EDUCATIVI di Anna Bosetti
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