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Cosa comporta l'universalismo


C’è chi non si accontenta di stabilizzazioni relative. C’è chi usa diversi ingredienti di stabilizzazione alfine di raggiungere una stabilità che vuole essere definitiva.
È proprio delle stabilizzazioni assolute intendere la natura come mondo unitario, di cui si può parlare secondo una categoria totale. Dal punto di vista delle stabilizzazioni assolute, la natura viene, infatti, concepita come un mondo a sé stante, fornito dileggi stabili e di strutture permanenti: la stabilità viene quindi raggiunta adeguando il mondo umano alle leggi naturali.
Ma non vi è un concetto unico e uniforme di natura, dato che questo è soltanto un mezzo culturalmente inventato per provvedere a una stabilizzazione definitiva. Gli ingredienti di stabilizzazione definitiva sono più di uno e non si riducono tutti alla natura. Qui ne proponiamo tre: natura, ragione, rivelazione divina.
La modernità offre esempi ragguardevoli di stabilizzazione e i suoi momenti più significativi coincidono con processi di stabilizzazione assoluta (anziché relativa), a tal punto che potremmo persino avanzare l’ipotesi che la modernità si prefigga di differenziarsi dalle altre società perché essa, grazie al tipo di mutamento che ha innescato, pretende di approdare a qualcosa di assai più stabile e sicuro.
La scienza, come specchio della natura, è stata per la modernità il più importante e decisivo fattore di stabilizzazione, sia sul piano intellettuale, sia sul piano sociale.
La liberazione dai costumi per la conquista di un terreno solido, su cui finalmente costruire in maniera duratura, è una formula che troviamo in molti esponenti della modernità, i quali scelgono la natura come ancoraggio solido e indiscutibile.
Tra i costumi e la natura in Descartes si fa strada un altro elemento, la ragione: è questa lo strumento che ci consente di sfrondare i costumi e di raggiungere la natura. Per Descartes c’è un luogo privilegiato della ragione, e questo è l”io”, inteso come una realtà naturale, non intaccata dalla società. Descartes individua nell’io il luogo in cui natura e ragione si congiungono, formando così quel terreno sicuro di cui la modernità si era posta alla ricerca: purificato e liberato dai costumi, l’io è, infatti, portatore di un pensiero naturale.
Il processo di stabilizzazione definitiva e assoluta si rivolge allora all’io; Kant prende questa strada.
Hegel sposta il progetto della stabilizzazione assoluta dalla natura alla storia; spostandosi dalla natura alla storia, la stabilizzazione prende un’altra forma.
Si tratta di un sapere totale, assoluto, che conosce il procedere storico dell’umanità; con Hegel la modernità si presenta al mondo con un sapere ‘compiuto’ e ‘certo’: non più specchio della natura, ma specchio della storia universale, quella che riguarda l’umanità intera.
L’enorme ‘progresso’, le più elevate conquiste dello spirito, caratterizzano la cultura e la storia europea.
La stabilizzazione del movimento storico è perfettamente condivisa da Marx.
Marx ha formulato a proposito della colonizzazione europea un «giudizio storico positivo», in quanto, pur con la violenza e la distruzione, ha costretto le altre società a uscire dai loro stagnanti angoli di mondo e a immettersi nel fiume della «storia universale», di cui noi, moderni ed europei rappresentiamo il punto più avanzato.
Hegel sosteneva che «dobbiamo ricercare nella storia un fine universale fine ultimo del mondo», ovvero è indispensabile presupporre che «nella storia universale vi sia la ragione divina, assoluta». Per Hegel, il vero gesto di umiltà da parte dell’uomo consiste nel «riconoscere Dio in tutto e principalmente nel teatro della storia universale», non soltanto dunque nella natura, ma anche e soprattutto nella storia del mondo: è nella storia che Dio si rivela all’uomo.
Le stabilizzazioni naturalistiche procedono a creare categorie di fuori natura o addirittura di ‘contro natura’, da applicare a società o istituzioni in cui prevalgono ‘costumi’ strani, bizzarri, anziché le regole essenziali del comportamento naturale. Le stabilizzazioni storicistiche danno luogo, invece, a categorie di ‘senza storia’, in cui si trovano tutti quei popoli che nell’Ottocento venivano definiti come immersi nella natura, incapaci di progresso e di storia.

Tratto da CONTRO NATURA (UNA LETTERA AL PAPA) di Anna Bosetti
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