Skip to content

Richiami semiotici : segno, significante, significato, referente

La ‘semiotica’ è una disciplina che deve il suo statuto scientifico all’opera del filosofo pragmatista americano Peirce e del linguista svizzero Ferdinand de Saussure. Secondo tale disciplina, esistono numerosi tipi di linguaggi:
- Naturali: come la totalità dei linguaggi degli animali non umani
- Storico-naturali: come le circa seimila lingue parlate oggi sul pianeta coi loro dialetti, ma anche le lingue segnate dei sordomuti
- Artificiali: dai sistemi di scrittura alfabetica ai linguaggi di programmazione
L’unità-base di un qualsiasi linguaggio è il ‘segno’, un’entità dotata di due piani (biplanare) reciprocamente vincolati: il piano del significante e il piano del significato.
Il significante è l’insieme degli elementi sensibili che consentono di manifestare il significato.
Il significato coincide con un concetto che include quel oggetto nel suo ambito di applicazione
I segni hanno carattere altamente ‘arbitrario’ nel senso di “non motivati naturalmente”

Il codice


La nozione di codice ha avuto grande circolazione in semiotica a seguito della diffusione della teoria cosiddetta “lineare” o ingegneristica della comunicazione proposta da Shannon e Weaver.
È stata utilizzata per costruire e implementare approcci e metodologie di tipo semiotico.
Un codice è un sistema di equivalenze fra gli elementi di due liste
Consente di tradurre (codificare) una lista chiusa di sensi in certe sequenze formali, che fungono da segni; chi conosce il codice può di conseguenza risalire dai segni al significato, può “decodificarlo”.

La situazione sociolinguistica italiana


La riuscita o meno della comunicazione è fortemente condizionata dalle asimmetrie linguistico-culturali fra i partecipanti allo scambio comunicativo, non determinano meccanicamente i processi di comprensione di segni e testi ma hanno un ruolo importante nella comunicazione di ogni tipo.
Il repertorio comunicativo

L’italiano è in sostanza il fiorentino letterario, fissato come norma della lingua scritta nel primo 500 e via via allargatosi e diffusosi socialmente anche all’uso parlato.
Quanto al dialetto, il nostro paese è, nel quadro occidentale, la realtà più varia e articolata dal punto di vista linguistico: ogni dialetto del gruppo ‘italoromanzo’ è una varietà diatonica.
Il fiorentino diventò lingua nel XVI secolo, così gli altri volgari diventarono dialetti. Non tutti i dialetti sono uguali dal punto di vista della percezione sociale. Vi sono parlate locali (ad esempio il napoletano) che godono di una plurisecolare tradizione e altre sulle quali hanno proiettato un’immagine negativa.
Negli anni 50 il dialetto aveva un ruolo sociale preminente, oggi questo ruolo è saldamente tenuto dall’italiano, anche se il dialetto non è scomparso come si temeva.

Spazio Linguistico e Spazio Culturale


Ai dati discussi possiamo aggiungere un’inchiesta sulle abitudini culturali degli italiani:
• Il dato degli italofoni abituali sarebbe riconducibile a coloro dotati di un titolo di studio 
• Il dato dei dialettofonici esclusivi sarebbe inferiori a quello di coloro privi di un titolo di studio
• Il dato dei dialettofonici abituali sarebbe formato da cittadini privi o quasi d’istruzione.
E’ comunque difficile esprimere un parere,poiché oggigiorno lingua e dialetto digradano l’una nell’altro.
Per tentare di descrivere la realtà non più discreta, ma continua, del repertorio linguistico italiano,sono stati proposti vari modelli.
Il più importante fu quello De Mauro (1980), che intendeva che ogni enunciato andasse collocato all’interno di un sistema di coordinate riferibili:
• All’ampiezza dell’area d’uso dell’enunciato stesso
• Al carattere più o meno formale della realizzazione
• Al mezzo o canale di comunicazione scelto

Può così capitare che un discorso iniziato in italiano formale, discenda a livelli di italiano colloquiale.
In questo quadro così complesso,il dialetto stretto si è via via ammorbidito in forme sovramunicipali e regionali, ed ha fatto spazio a parole ed espressioni prese dall’italiano.
Infatti, quasi tutti gli italiani aderiscono a una varietà regionale della lingua che si manifesta nella fonetica, nel lessico, nella morfosintassi.
Il dato và comunque preso con prudenza,perché lascia fuori ampie quote di cittadini e svariate elites culturali.

Modelli di descrizione dell’italiano contemporaneo


Il modello di Tullio de Mauro
Con la sua organizzazione tridimensionale, il modello vuol dare l’idea che ogni enunciato o testo va collocato all’inserzione di tre diverse coordinate, relative al raggio di estensione geografica della varietà di lingua (o dialetto), al grado di formalità, al tipo di canale utilizzato

Il modello di Berruto
Enunciati e testi vanno collocati rispetto al sistema delle variazioni ‘diamestiche’ (relative al mezzo), ‘diastratiche’ (relative allo status sociale) e ‘diafasiche’ (relative al registro o grado di formalità)

Tratto da FARE COMUNICAZIONE, TEORIA ED ESERCIZI di Anna Carla Russo
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.