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L’oggetto transizionale


Punto di partenza per l’elaborazione è Freud: fantasia come mezzo con cui si cerca di sfuggire a una realtà penosa creandosi un proprio mondo (funzione di compensazione rispetto a frustrazioni quotidiane); difficoltà dell’uomo a conciliare realtà interna/esterna, però quando al realtà riemerge irrimediabilmente, difficoltà a recuperare il precedente equilibrio.
Winnicott: cerca di chiarire la relazione tra realtà interna/esterna. L’uomo ha necessità sin dall’inizio di caricare oggetti esterni di qualità tali da renderli transizionali (orsacchiotto, cuscino prima di dormire…). Rappresentano un ponte dentro/fuori, dimensioni soggetto-interno-realtà psichica e oggetto-esterno-realtà esterna.
La madre deve essere capace contemporaneamente già nei primi giorni di vita di sostituirsi efficacemente al bambino e di introdurre una graduale distanza (area intermedia, luogo di transito) in odo da permettere la graduale separazione e consolidamento del sentimento di fiducia; una madre che fallisce nella creazione di uno spazio vitale rischia di impedire al figlio un’identità separata (anche a se stessa) = simbiosi, vita vegetativa.
È il punto di congruenza di 2 linee educative: assoluta dipendenza del neonato dalla madre/esigenza di spazio mentale.
Perciò unicità e preziosità dei primi giorni e settimane di vita di madre e bambino. È una premessa evolutiva favorevole: il bimbo accetta la separazione ricorrendo all’uso di un “oggetto-ponte” tra esperienza del sé /esperienza di totale dipendenza dalla madre.
Una delle sembianza adulte dell’oggetto transizionale è la cultura (espressione di uno spazio tra soggetto e oggetto): sviluppare interessi per arte, scienza, religione non rappresenta un’attività illusoria (come per Freud) ma un’attività con lo scopo di unire soggettivo/oggettivo.
Anche il gioco: non è mera illusione, ma dignitoso momento di crescita.
L’oggetto transizonale non è tanto un oggetto concreto, ma un possesso (di ciò che è non-me, che sta al di fuori e contemporaneamente è legato a ciò che sta dentro).

Tratto da LEZIONI DI PSICOLOGIA SOCIALE di Antonella Bastone
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