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La corsa all’Africa

Fra la meta del secolo e gli anni ottanta l’interesse economico verso l’Africa stava aumentando, ma i governi delle potenze europee non desideravano impegnarsi militarmente e preferivano lasciare mano libera alle Compagnie di Carta e ai singoli avventurieri. Era il cosiddetto colonialismo informale, che si basava sugli insediamenti lungo la costa e, al massimo, su forme di controllo indirette. Durante tutta questa fase l’azione delle potenze europee sarà semmai incentrata ad impedire che le altre potenze potessero invadere la loro sfera d’influenza o rafforzare ed espandere la loro presenza. Per una sorta di accordo tacito nessuno osava trasformare in dominio diretto le propri zone d’influenza, a patto che gli altri si comportassero allo stesso modo. Nessuno voleva fare il primo passo. Ad interrompere questo precario equilibrio furono, secondo l’odierna storiografia, tre eventi, che inserendosi nel contesto di cui palavamo all’inizio del capitolo, innescarono quella che è passata alla storia come corsa all’Africa. Produrre date precise è difficile per via dell’immensità del continente e dell’indeterminatezza delle forme di controllo, ma per aiutare possiamo fissare il 1976 come data d’inizio della gara e la fine degli anni ottanta come il traguardo, con un rush finale fra 1895 e ’96. Il perno del processo è rappresentato dal 1885, che è l’anno di chiusura del Congresso di Berlino sull’Africa.

Il primo avvenne a partire dal 1876 quando la Francia cominciò a muoversi nella direzione di consolidare la sua presenza in Senegal e nella zona del Congo; poco dopo, nel 1878, al Congresso di Berlino, la Francia aveva palesato le sue mire sulla Tunisia (nonostante le rivendicazioni italiane) e aveva ottenuto l’assenso di G.B. e Germania; così nell’81 la Tunisia divenne un suo protettorato. 
Il secondo fatto - che è ritenuto dagli storici il più importante, il vero detonatore dello scramble - è costituito dall’occupazione militare britannica dell’Egitto, nel 1882. Il paese era strategicamente importante per via di Suez ed era metà di cospicui investimenti economici inglesi, che sembravano minacciati dal crescente successo del movimento rivoluzionario guidato dal colonnello Arabi Pascià. Dopo lo scoppiò di moti antieuropei ad Alessandria, il governo Gladstone decise di intervenire militarmente e in poco tempo trasformò l’Egitto in semicolonia britannica, nonostante l’opposizione francese e tedesca. Questa azione segnò l’inizio della corsa all’Africa.

Il terzo episodio - contemporaneo a quello egiziano e di importanza simile - riguarda l’assoggettamento che il re del Belgio Leopoldo II, stava compiendo in Congo. Leopoldo fu uno dei primi sovrani europei ad interessarsi all’Africa e, mascherando dapprima la sua opera in Congo sotto le insegne dell’organizzazione umanitaria, costruì pian pianino i presupposti di un vero e proprio sfruttamento esclusivo della regione. Verso la fine degli anni settanta era tuttavia chiaro a tutti che l’azione umanitaria non rientrava nei piani di Leopoldo, anzi.. il suo colonialismo fu uno dei più spietati. I problemi iniziarono quando Leopoldo decise di consolidare la posizione belga assicurandosi lo sbocco al mare tramite la foce del fiume Congo, che, in base ad un trattato anglo-portoghese, era assegnata a quest’ultimo. Ne nacque un vero e proprio contenzioso internazionale che portò il grande Otto Von Bismarck a proporre una conferenza internazionale sull’Africa.

La conferenza è come abbiamo detto, il perno del colonialismo africano, poiché al di la delle sue intenzioni originari, essa fu percepita dai governi europei come una discussione sulla spartizione dell’Africa e un disco verde all’avvio della corsa all’accaparramento delle ultime “terre libere”. Inutile ricordare che alla spartizione del loro continente non parteciparono gli stati africani, che non erano nemmeno riconosciuti come tali sistema internazionale di allora.

L’infiammata questione congolese fu risolta attraverso l’accordo sul cosiddetto principio dell’effettiva occupazione, cioè la norma in base alla quale quando una potenza acquisiva nuovi territori in Africa o assumeva il protettorato di una regione del continente, avrebbe dovuto darne notizia alle altre potenze firmatarie e predisporre un’effettiva struttura di dominio che ne estendesse l’autorità anche nell’entroterra e non solo sulla costa. Ora, dato che nel 1880 le occupazioni effettive si limitavano agli insediamenti costieri, venne concesso a Leopoldo II uno sbocco al mare e il diritto di transito sul fiume Congo. Il principio dell’effettiva occupazione si rilevò importantissimo, perchè ebbe l’effetto di spingere le potenze ad accelerare l’occupazione dei territori stimati importanti per accaparrarseli prima degli altri; ecco perché si dice corsa all’Africa. 

Tratto da AFRICA: LA STORIA RITROVATA di Lorenzo Possamai
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