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I corrispondenti di guerra

1 − vengono incorporati nell’esercito 
2 − indossano divise da ufficiale con una banda verde intorno al braccio destro 
3 − sono alloggiati in abitazioni di lusso, 

il tutto per favorire la loro identificazione con i gradi alti dell’esercito. Inoltre, 
1 − si possono muovere solo se accompagnati da un ufficiale di controllo 
2 − i loro articoli devono essere sottoposti al vaglio dei censori prima di essere inviati alle varie testate. 


È il “giornalismo da castello”, antenato del “giornalismo da hotel” della guerra del Golfo del 1991 = i reporter raccontano il conflitto rinchiusi in luoghi distanti dalle operazioni belliche, senza la possibilità di muoversi liberamente. 
Il sistema è studiato principalmente con l’obiettivo di fabbricare storie di eroismo e gloria, per sostenere l’entusiasmo per la guerra in patria ⇒ anche i giornalisti che comprendono la situazione raramente decidono di sfidare le misure cui sono sottoposti. 
L’utilizzo delle immagini e del cinema è forse la più grande innovazione della prima guerra mondiale nel campo della propaganda. A dire il vero, l’idea di servirsi del cinema come strumento di propaganda è, in un primo tempo, fonte di diffidenza, sia perché è ritenuto esclusivamente un mezzo di intrattenimento per le masse, sia perché la potenza emotiva delle immagini viene considerata poco gestibile ai fini della propaganda. 
Ma il cinema è troppo popolare per essere scartato così facilmente. 

Tratto da I MEDIA E LA POLITICA INTERNAZIONALE di Elisa Bertacin
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