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Tommaso Campanella


1602 - Era un frate dominicano che conobbe il duro carcere romano ma che riuscì a sfuggire alla morte simulando la pazzia, condannava l’erudizione e legava indissolubilmente natura, filosofia e scienza postulando la necessità dell’osservazione dei fenomeni naturali in ogni ambito. Dice che egli impara più dall’anatomia di una formica o d’un’erba che non da tutti i libri che sono stati scritti. Nella sua prospettiva è ancora presente l’idea del microcosmo correlata al macrocosmo ma che contiene caratteri di modernità nel riferimento all’attenta osservazione dell’esatta composizione e strutturazione dei corpi animali e vegetali e nell’invito a studiare la natura secondo i propri principi. Campanella elaborò l’idea di un processo febbrile come reazione spontanea dell’organismo aggredito dal male
Ideò un’utopia politica che nella sua quieta mente rappresentava il progetto del nuovo sistema teocratico che avrebbe dovuto sorgere in seguito alla congiura da lui organizzata contro il dominio spagnolo in Calabria: la Città del sole oltre a rappresentare una perfetta struttura politica fondata sul comunismo e sull’eguaglianza è altresì metafora di un viaggio nella scienza intesa come conoscenza, esoterica ed essoterica al tempo stesso, delle cause e dei legami che costituiscono il creato. Si riportano alcuni brani dell’opera redatta sottoforma di dialogo tra un genovese “nochiero del Colombo” e un Ospitaliero (un cavaliere dell’ordine degli Ospitalieri di San Giovanni in Gerusalemme). Si noti il nesso tra motivi religiosi, esoterici, filosofici, scientifici, sociali e politici che caratterizzano l’intero impianto della città del sole e che rendono tale scritto, composto alla fine del Rinascimento, un esempio significativo della cultura di quel periodo. 

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