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Poteri e istituzioni nell’Italia spagnola


In Italia vi erano forme di sovranità e di governo differenti: da un lato principati e repubbliche oligarchiche che avevano tutti all’origine l’esperienza decisiva del comune (Genova, Milano, Venezia Firenze) dall’altro lato le monarchie dinastiche (le differenze tra il ducato di Savoia, lo stato Pontificio, i viceregni di Napoli, Sicilia e Sardegna erano notevoli ma tutte queste realtà politiche facevano riferimento allo stesso principio della sovranità, quello monarchico). Eli dammi un bacino.
 In tutti i domini italiani e negli organi appositamente creati sottoposti alla monarchia spagnola si favorì lo sviluppo di istituzioni locali E di personale amministrativo indigeno, si promosse l’ammodernamento delle strutture delle procedure soprattutto in materia finanziaria, si cercò anche di controllare l’apparato sia dall’interno attraverso la nomina di funzionari spagnoli, sia dall’esterno attraverso la creazione di organi di governo con funzioni esecutive paralleli alle normali istituzioni e rispondenti del loro operato direttamente al sovrano.
Nel ducato di Milano come nel regno di Napoli le due massime autorità spagnole rispettivamente il governatore e il vicerè, erano largamente condizionate dal senato milanese e dal consiglio collaterale napoletano. Sia nel senato milanese che nel consiglio collaterale senatori e consiglieri reagivano con vigore quando la Spagna tentava di forzare il processo di centralizzazione del potere o di innovare gli assetti tradizionali del governo.
La monarchia spagnola nel regno di Napoli adottò un diverso modello di governo. Napoli si fece riconoscere in unità, privilegi fiscali, e si oppose all’inquisizione spagnola che non fu mai stabilita. Inoltre vi era un’importante forza nel mezzogiorno che era quella della feudalità. I baroni meridionali continuarono a usare nei loro feudi il potere che in teoria era delegato dal sovrano. La feudalità meridionale dovette cedere buona parte del suo potere politico alla corona ma conservò potere economico e sociale all’interno dei feudi.

Tratto da LE VIE DELLA MODERNITÀ di Filippo Amelotti
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