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Inquisizione medievale e i “conversos”



Avvengono una serie di eventi di carattere sociale, religioso e politico che condurranno all'istituzione del Sant'Uffizio. Quello spagnolo in particolare, ha sostanzialmente il carattere di epurazione di una minoranza religiosa: gli ebrei.
L'inquisizione contro le eresie è risalente al periodo del Medioevo, quando essa era un ufficio santo, era un compito/incarico svolto dai religiosi che potevano appartenere al clero regolare, se erano frati, oppure al clero secolare se erano preti: per lo più, erano frati, ma spesso anche i frati potevano anche essere sacerdoti.
Il papa dunque incarica dei teologi a risolvere un problema emerso in un luogo circoscritto, luogo nel quale poi manda i suoi legati: Inquisizione legatina = Inquisizione medievale organizzata e allestita in maniera temporanea, in un determinato luogo, esercitata da "legati" del Papa, ossia suoi rappresentanti ("nunci"), che espletano il compito di giudicare per conto del Papa.
Il salto del 1478 coincide con la creazione di un tribunale permanente, una magistratura stabile. Prima di questa data, gli inquisitori erano mandati nel luogo a giudicare sul caso, e poi tornavano ad essere frati o teologi, alle loro mansioni. Con la creazione di un tribunale permanente invece, gli inquisitori vengono nominati dal Re, non dal Papa: concessione che Sisto IV (papa francescano) dà al Re di Spagna per premiargli l'innumerevole sforzo fatto in seguito alla guerra contro i Saraceni provenienti dalla penisola iberica.
1583: viene organizzata la Suprema e Generale Inquisizione, normalmente chiamata la "Suprema", il cui nome completo è "Consiglio della Suprema e Generale Inquisizione" (Consejo de la General y Suprema Inquisiciòn). Essa ha sede a Madrid, nella capitale a fianco del Re e il primo grande inquisitore si chiamò Tomàs de Torquemada.
Il tribunale, in verità, non era contro gli ebrei in quanto tali, ma era contro i conversos, ovvero contro gli ebrei che si erano convertiti (si erano fatti battezzare), diventando "christianos nuevos". Le ragioni di questa "persecuzione" verso gli ebrei convertiti sono economiche, per il ruolo rilevante degli ebrei nella società, ma ci sono anche ragioni di tipo politico, come l'unificazione sotto un unico re, un'unica legge e un'unica religione in questo stato che stava nascendo, e c'è questa propaganda che i predicatori, soprattutto francescani fanno, contro il re. Essi aizzano, arringano la folla contro questo popolo omicida; la folla comincia ad aver paura di persone che sono sempre state loro vicine; le comunità si spaccano. Tra l'altro, i conversos in quanto tali possono sposarsi con cristiani, mentre gli ebrei non possono farlo, quindi ci sono una serie di matrimoni misti. Tra i conversos ci sono molte persone convertite realmente, che non l'hanno fatto per opportunismo, ma perché appunto si sono profondamente convertiti alla religione cattolica. Perfino del primo arcivescovo di Granada, Hernando de Talavera, come Ignazio da Loyola, si sospettava la provenienza conversa, sebbene possa sembrare assurdo. Ancora, Tomàs de Torquemada, interprete principale della repressione contro i conversos era il nipote di un cardinale convertito. Si creano insomma intrecci molto profondi tra la popolazione, per quanto nei decenni precedenti, c'erano stati gli Statuti di Toledo nel 1449, secondo cui gli ebrei dovevano essere cacciati da tutti i luoghi di responsabilità o, ancora, il caso de "il nino de la guardia" ossia un processo farlocco, sul nulla, perché questo bambino martirizzato non è stato mai più trovato, probabilmente non è mai esistito per cui è stato un processo creato sull'onda dell'odio nei confronti degli ebrei. Si comincia a parlare dell'omicidio rituale/pasqua di sangue degli ebrei.
C'è una geopolitica all'interno del regno, ci sono degli agitatori (i francescani e altri predicatori) che seminano il disprezzo nei confronti dei conversos; ci sono stati, subito dopo gli statuti di Toledo, le organizzazioni delle giudecche/ giuderie (judios/juderìa), ovvero i quartieri dove gli ebrei dovevano stare rinchiusi di sera, dotati di cancelli. Stessa cosa valeva per i Musulmani che dovevano stare dentro le morerìe, dal momento che i musulmani vengono chiamati Mori. C'è quindi una situazione di segregazione nei confronti di questi, fino ad arrivare ai momenti di maggiore tensione sociale, quando si arriva ad imporre dei segnali particolari, perché si riconoscesse ad occhio l'ebreo: questo portava una cintura gialla al braccio. Erano quindi dei simboli/segni di riconoscimento.
I francescani, in particolare, temevano lo stare insieme o, come la chiamavano, la "permixtio": quando una società ha tante componenti, è ovvio che si formi la permixtio perché la gente stava insieme, le famiglie si riunivano, si mescolavano, attraverso anche escamotage (infrangere le regole tutti insieme) come il fatto che in teoria gli ebrei non potevano avere servi o apprendisti o schiavi cristiani, non erano possibili matrimoni misti. Erano una serie di sotterfugi in cui anche conversioni di facciata poi finivano per favorire tutto ciò. I francescani dunque temevano che le conversioni degli ebrei non fossero sincere, ma che fossero tutte di natura opportunistica, per evitare quindi di essere espulsi dalle cariche maggiori, evitare il rigore di vivere dentro la giuderia. Temevano che questi conversos, nel profondo del loro cuore, fossero rimasti legati alla loro antica religione. In questo senso vengono molto temute e non credute soprattutto le donne perché esse erano considerate come quelle che trasmettono la religione antica con il latte: c'è una sorta di figliazione nella cura della prima infanzia, attraverso il contatto stretto tra madre e i figli si trasmette insieme alla lingua (la lingua madre è quella che si impara per prima) anche la religione. Molte delle pratiche rituali e culturali delle religioni ebraica e musulmana sono legate per esempio alla privazione del cibo, alla celebrazione e feste in determinati giorni, e sono soprattutto le donne ad avere un ruolo importante sia nelle cerimonie sia nel trasmettere la religione ai propri figli.
Si temeva dunque che le donne fossero il punto debole di questa catena di conversione, derivato anche dal fatto che le donne parlavano meno il castigliano rispetto agli uomini, non capivano le prediche in Chiesa, non si confessavano perché non si sapevano esprimere adeguatamente.
Questi conversos erano dei cristiani all'esterno ed ebrei nel profondo del cuore. La stessa cosa veniva detta ai musulmani convertiti, chiamati "moriscos": proprio come i conversos e i "marranos" (ex ebrei, ora cristiani convertiti in Portogallo), essi sono "christianos nuevos de moros" ovvero "cristiani nuovi" che provengono dalla religione musulmana.
Questo timore da parte dei parroci della Chiesa aveva ragione di esistere? Era giusto pensare che la loro conversione fosse solo di facciata? È probabile che fosse così, sebbene bisogna pensare a una situazione in cui non si poteva esprimere chiaramente la propria fede religiosa. Era una situazione in realtà non nuova, ma risale alla Chiesa primitiva, quando i primi cristiani erano una minoranza in una società pagana e, in molte circostanze, non potevano manifestarsi come cristiani e, quando lo facevano, venivano martirizzati. Il fenomeno dunque esiste anche successivamente e prende il nome di NICODEMISMO: bisogna nascondersi e dissimulare.
Periodo 400/500 in Europa siamo in piena lotta religiosa, delle guerre di religione, è l'Europa della Riforma e della Controriforma la quale è piena di dissimulatori: coloro che non osano o non possono esprimere le loro vere condizioni religiose perché temono una reazione violenta, perché segue convinzioni religiose diverse da quelle dominanti.
Anche i cristiani dissimulavano e questo fa meno impressione rispetto a una dissimulazione di conversos o moriscos. Agli inizi del '600 a Napoli viene pubblicato un libro dell'autore Torquato Accetto, chiamato "Della Dissimulazione Onesta": è un panegirico (elogio) alla dissimulazione, in cui si dice che la dissimulazione è una cosa utile e onesta; chi non sa dissimulare, non sa vivere perché non dire la verità significa evitare conflitti e tiene insieme la società; la dissimulazione è nemica del vino, è la forma esteriore, il modo di presentarsi di ciascuno, che non deve corrispondere con le proprie convinzioni profonde (una cosa è quella che dico, un'altra è quella che sento). Un esempio di dissimulatori sono i rinnegati, una categoria di perseguitati del Sant'Uffizio: sono cristiani diventati musulmani, perché convertiti all'Islam; questi davanti al Tribunale diranno sempre che, nonostante la conversione all'Islam, nel profondo del cuore hanno sempre mantenuto intatta la fede della "vera religione", quella cattolica. C'è quindi un conflitto nel '500/600 tra bocca e cuore, dal momento che si può accedere alla consapevolezza di una persona solo attraverso quello che dice, ma nessuno può davvero conoscere il cuore dell'uomo, che infatti è "nascosto, ben custodito nel corpo dell'uomo" (Accetto).
Da parte cattolica, ci fu l'esperienza della dissimulazione e ne abbiamo la prova con Accetto che appunto fa l'elogio della stessa. Non possiamo meravigliarci quindi se gli ebrei dissimulavano, quando lo facevano. Non sembra improbabile che lo facessero e non possiamo meravigliarci che a loro volta lo facessero anche i musulmani (moriscos), i quali avevano una giustificazione teologica sulla dissimulazione, chiamata Taqujia (parola araba corrispondente alla dissimulazione) presente nel Corano, attraverso cui il credente può non manifestare la sua fede, ad esempio nel caso in cui in un determinato luogo non potesse farlo.
Ci si accorgeva facilmente della dissimulazione sia nel caso dei conversos che dei moriscos, perché ad esempio i giorni rituali cambiano nelle tre religioni: per i cattolici è la domenica, per gli ebrei è il shabbat, per i musulmani è il venerdì. Questi conversos e moriscos manifestavano delle ritualità in determinati giorni: per lo shabbat ad esempio non si lavora, non si fa nulla (neanche si cucina), dunque se qualcuno vede che di sabato una determinata persona non fa nulla ma mette abiti puliti, si desume che quello sia ebreo; se qualcuno non beve vino, si desume che sia musulmano; se ci si lava, sorge il dubbio che quella determinata persona stia facendo il lavacro rituale che fanno i musulmani prima di fare la loro preghiera; se una determinata persona, nel preparare la carne, fa uscire dall'animale tutto il sangue, si deduce che quella persona sia ebrea o musulmana, perché per mangiare questi animali occorre che siano macellati in una certa maniera; se qualcuno non mangia maiale oppure suona certa musica, appartenente a riti particolari, se si seppellisce qualcuno in una determinata maniera: questi erano tutti segnali che potevano benissimo indicare la presenza di una persona di religione diversa. Tutto questo viene usato come testimonianza per una persona che poi viene accusata davanti al tribunale del Sant'Uffizio, e la persona viene denunciata come cripto-ebreo o come cripto-musulmano. Per il cripto-islamismo e il cripto-giudaismo vennero inquisite molte persone.
Tutti questi elementi di prova diventano dunque indizi che poi vengono trasmessi al Tribunale, vengono verificati e, se ritenuti consistenti, si apre un processo.
Questi fenomeni religiosi hanno un punto di svolta nel 1492: dopo la creazione dell'Inquisizione in Spagna (la Suprema), dopo la creazione di Tribunali in ognuno dei distretti spagnoli, il Re e la Regina Ferdinando e Isabella decidono di espellere tutti gli ebrei rimasti in Spagna, perché la "permixtio" di ebrei e di cristiana travia i cristiani dalla loro religione e li converte all'ebraismo (cosa molto difficile in verità, dal momento che l'ebraismo non fa proselitismo e non è facile come diventare musulmani, dato che basta alzare l'indice della mano destra e pronunciare una formula di preghiera "non c'è Dio di Allah e Maometto è il suo profeta").
C'è un approccio alla religione molto diverso dal nostro e in particolare, non c'è nulla in queste religioni che assomigli lontanamente al Sant'Uffizio, il quale ha un apparato repressivo che non è quello dei parroci che possono obbligare una persona, ad esempio, a far stare lontano dai sacramenti oppure obbligare a cose corporali dette mortificazioni, e non solo alla recita della preghiera o alla partecipazione alle messe, o ancora ai digiuni. Questo è il tipo di "repressione" a cui l'autorità spirituale fa ricorso per correggere i peccati dei fedeli. Si è a livello di punizioni estremamente dure, corporali, che arrivano fino alla pena di morte. Tutto ciò non esiste altrove, è una caratteristica europea.
Secondo i reali, gli ebrei corrompono i cristiani. Secondo la mentalità del tempo, bisogna separare i buoni dai cattivi e, in particolare, i cattivi sono gli ebrei che vengono mandati via. Tutto questo succede il 31 marzo del 1492, quando Ferdinando e Isabella emanano un decreto per cacciare gli ebrei dalla Spagna. (stile del decreto è narrativo e parlano i sudditi)
Nel decreto, gli ebrei vengono definiti "mali cristiani che giudaizzavano e apostatavano la Santa Fede Cattolica": l'apostasia è il rifiuto della fede cattolica; chi è battezzato è un cristiano, ma se questo cristiano "giudaizza" o "islamizza" allora egli è un apostata perché ha rifiutato il cattolicesimo per ritornare ad un'altra religione. Questo "giudaizzare" fa grande danno a causa dei rapporti di consuetudine, conversazione (non chiacchierare, ma rapporti intimi e talvolta sessuali) e comunicazione (parlare) che gli ebrei hanno coi cristiani. Ci si trova in un conflitto tra religioni per il monopolio della verità, perché il decreto sta dicendo che la "vera legge" e cioè la "vera religione" è quella del Re, quindi quella cattolica, non invece quella ebraica che cerca di contagiare il popolo. Quello che fa il Re di fronte a un "crimine così grave e detestabile" commesso da un "corpo collegiale" cioè da una intera comunità e non da singoli, è il fatto che la comunità venga "sciolta e annullata e tutti siano puniti gli uni a causa degli altri". Questa comunità ebraica va quindi sciolta e annullata, in maniera drastica. Il decreto poi continua: "decidiamo e ordiniamo di far partire tutti i suddetti giudei e che mai più debbano tornare nei suddetti regni"; il Re ordina a tutti gli ebrei di abbandonare la Spagna entro tre mesi; chi non lo fa incorre nella pena di morte. Inoltre, tutti i beni vengono confiscati dal fisco regio; nessuno deve proteggerli altrimenti anch'essi incorrono nelle stesse pene di perdita di beni. Gli ebrei, solo per il fatto di essere tali, vengono mandati via senza bisogno di processarli. Un'ultima cosa del decreto è il fatto che gli ebrei non possono trasferire fuori dal regno i propri beni, né tanto meno quelli pregiati.
Entro luglio, tutti gli ebrei avrebbero dovuto assolutamente abbandonare i territori spagnoli. Di fronte a questa situazione, le comunità ebraica si mobilitano data l'importanza del provvedimento e la presa alla sprovvista.
Gli ebrei erano da secoli, ancora prima degli Arabi, in Spagna e avevano tradizioni secolari. La prima cosa che fanno gli ebrei è mettersi d'accordo tra di loro: vanno dal Re e offrono una grossa quantità di denaro. Era abbastanza usuale chiedere una dilazione dalla esecuzione di un decreto, al Re, pagandolo (la dilazione era comune anche nei tribunali penali). Era una transazione economica che non mette in discussione il decreto: gli ebrei offrono un pagamento pecuniario al Re. All'incontro dei reali con i capi delle comunità e della giuderia si dice fosse presente anche Torquemada, indignato verso il Re che invece era propenso ad accettare l'accordo e gli ricorda che c'era già stato Giuda ad aver tradito Cristo per 30 denari (assimila il re a Giuda, reputandolo traditore=intransigenza). Il decreto viene concretizzato e dalla Spagna vengono espulsi ben 40.000 persone, tra cui 10.000 famiglie. Non è una grande cifra se paragonata all'espulsione successiva dei moriscos, con 500.000 persone espulse.
Gli espulsi devono lasciare i loro beni, le loro case, possono venderle ma a basso prezzo; possono portare con sé solo quello che portano addosso. Questa espulsione si rivelò una esfoliazione degli ebrei. Ovviamente, le casse del Regno ebbero una perdita economica (ancora più grave fu quella successiva all'espulsione dei moriscos) di cui però il Re e la Regina erano consapevoli, ma su cui comunque prevale la motivazione religiosa, tanto da essere insignificante il danno economico.
Gli espulsi inoltre vanno via terra: attraversano i Pirenei, arrivano in Francia, vanno verso le Province Unite installandosi a Rotterdam, Anversa (che diventerà una delle capitali finanziarie dell'Europa facendo concorrenza ad Amsterdam); vanno poi verso la penisola italiana, soprattutto a Venezia si installa una numerosa colonia ebraica; li accoglie anche Ferrara, Livorno, il quale dal 1593 in poi diventerà, per gli ebrei del Mediterraneo, la nuova Gerusalemme: il gran duca di Toscana farà delle leggi chiamate "livornine" che garantiscono agli ebrei libertà religiosa, di commercio, eccetera. Dopo l'Italia, vanno anche in Grecia e una colonia molto numerosa si installa a Salonicco da dove poi saranno deportati nei primi anni '40 del '900 nei lager nazisti; vanno a Istanbul, capitale dell'Impero Ottomano, dove vengono accolti a braccia aperte e dove portano la stampa (oggi editoria), con molti libri e traduttori di essi. Questo è il percorso verso Oriente, via terra. Tuttavia, questi ebrei espulsi fanno anche un percorso via mare, dove si imbarcano probabilmente da Siviglia (porto di processioni di persone che si imbarcano) per raggiungere il Magreb, nella parte nord-occidentale dell'Africa e si instaurano nel Regno del Marocco (a Fetz) perché c'era una grande comunità di altri ebrei che precedentemente si era instaurata lì; naturalmente si installano nelle coste nordafricane come Algeri (praticando la reggenza barbaresca), a Tunisi e a Tripoli, oltre che in altre città commerciali.
Questi ebrei che si installano nei centri urbani e commerciali prenderanno il nome di sefarditi: sono particolari ebrei andalusi che venivano da Sefarad; di contro, un altro ceppo di ebrei è quello degli askenaziti che invece provengono dall'attuale Germania, Polonia.
3 gennaio 1492: il regno di Granada si arrese. Bisogna pensare alle due date assieme (gennaio e marzo) perché Ferdinando e Isabella, che hanno portato a compimento la Reconquista cominciata nel 1400 con la Grande Battaglia nel 1412, strappano pezzo dopo pezzo regioni e regni della Spagna ai saraceni, fino al Regno di Granada dove è presente una dinastia molto importante chiamata Boabdil; dopo il lungo assedio da parte dei reali, Granada si arrende nel dicembre 1491. Pochi giorni dopo entrano i reali spagnoli nel Regno perché sono state firmate le "capitolationes" cioè gli accordi tra Reali e Granada. Non è una sconfitta ma una resa, infatti questi accordi concedono molte cose come: la possibilità di tenersi le moschee, di tenere le proprie posizioni pubbliche, eccetera (si temeva che fosse stato concesso troppo).
Erano dunque molto orgogliosi i cardinali di Isabella, che si sentono mediatori di Dio, il quale ha acconsentito che la Spagna fosse tutta unificata e che perfino l'ultimo regno moresco fosse conquistato. A questo punto, abbiamo una Nazione con un unico regno, che deve avere "un rey, una ley, una fé", che deve mandar via i diversi da essi, gli infedeli considerati ovviamente come nemici. È una ragione strettamente politica, la quale tuttavia parla l'idioma della religione. Si viene a creare un unico regno, con un'unica religione, la cattolica. In seguito alla resa di Granada del 1491, nel gennaio vengono approvate le leggi dal re e tre mesi dopo cacciano gli ebrei dalla Spagna. Queste due cose vanno viste insieme. Fa riflettere il fatto che proprio la modernità nasce attraverso atti di intolleranza nei confronti delle diversità.

Tratto da STORIA DELL’INQUISIZIONE SPAGNOLA di Federica Palmigiano
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