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Il rapporto dei Ming con gli europei

Nel XVI secolo (1500) iniziarono anche a stabilirsi rapporti stabili fra Celeste impero e i portoghesi, che per la metà del secolo avevano già costruito in Asia un vasto e potente impero coloniale. Nel 1517 i portoghesi sbarcarono a Canton, chiedendo e ottenendo l’autorizzazione ufficiale a commerciare con la Cina. La concessione fu però revocata nel 1523 a causa della loro condotta che evidentemente non piacque alle autorità cinesi. Soltanto verso il 1550 fu loro nuovamente concesso il diritto a commerciare e ad insediarsi presso la penisola di Macao, lungo la via fluviale per Canton. Nel 1565 gli spagnoli occuparono le Filippine e da lì si spostarono a Taiwan nel 1626; furono però scacciati dagli olandesi, i “barbari dai peli rossi” come li chiamavano i cinesi, che stabilirono nell’isola la loro base logistica per l’estremo oriente asiatico. Gli olandesi stabilirono rapporti commerciali sia con l’Impero cinese che con quello giapponese. 
Nel contatto fra europei e cinesi, un ruolo di particolare rilievo fu svolto dai gesuiti. Tradizionalmente i cinesi non amavano -e anzi ritenevano pregiudizialmente inferiori- tutti gli stranieri e tutto ciò che proveniva dall’esterno, tuttavia i gesuiti seppero conquistarsi la loro benevolenza. Fra questi un ruolo di particolare rilievo fu svolto da Matteo Ricci (1552-1610). Gesuita giunto a Macao nel 1582, Matteo Ricci seppe modificare il proprio linguaggio e atteggiamento, adattandosi ai costumi cinesi e presentandosi come il portatore delle conoscenze scientifiche e tecniche occidentali; passò dall’abito buddista a quello del letterato confuciano, riuscendo a guadagnarsi la stima dell’imperatore che lo ammise alla vita di corte, dove divenne celebre per l’elevato livello della sua preparazione classica e delle sue conoscenze matematiche, astronomiche e geografiche. Fu egli ad iniziare l’opera di traduzione in cinese della dottrina cattolica. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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