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Il taoismo in Cina

Tradizionalmente il taoismo è osservabile attraverso due lenti: una filosofica (daojia) e l’altra religiosa (daojiao). In realtà non è possibile fissare una linea di demarcazione netta tra questi due aspetti del movimento taoista. La speculazione taoista è indubbiamente molto antica ed è comunemente fatta risalire al periodo delle Cento Scuole nell’epoca degli Stati combattenti, ma è possibile che alcuni riti magico-religiosi risalgono a periodi anche molto precedenti. Fissarne le origini è del resto quasi impossibile: il taoismo cominciò ad imporsi come una religione verso la metà del II secolo d.C., e a dotarsi di un corpus di testi sacri e di una sua organizzazione solo in periodo medioevale, probabilmente sull’esempio del buddismo che frattanto si era diffuso in Cina. 
Ma anche dopo questa data, appare comunque molto difficile elaborare una definizione generale del taoismo a causa dell’eterogeneità dei suoi contenuti, tanto che -come è stato giustamente rilevato- esso finisce talvolta con l’assumere una definizione negativa o di marginalità, nel senso che, sotto il suo nome, finirono con l’essere inglobati tutti quegli aspetti e quelle tendenza del mondo culturale cinese che non rientravano nella grande corrente dell’ideologia ufficiale (nel senso del duplice aspetto confuciano o leghista) e nella religione buddista. 
Un elemento comune che sembra sottendere all’intero movimento taoista è tuttavia quello della ricerca dell’immortalità, intesa essenzialmente come immortalità fisica (anche se dopo il contatto col buddismo il concetto tenderà in alcune correnti ad ampliarsi in senso universalistico). Tale ricerca dell’immortalità era connessa ad una serie di pratiche di varia natura, probabilmente figlie delle antiche pratiche sciamaniche della Cina arcaica. Fin dal Primo impero il taoismo appare strettamente associato alla medicina e all’alchimia, nonché ad una serie di arti magiche, esoteriche e geomantiche (queste ultime costituiscono un aspetto diffuso ancor oggi, e consistono nello studio delle influenze malefiche;  prima di costruire una casa o qualunque altra cosa si richiede sempre il consiglio di un esperto in merito al luogo, all’orientamento dell’edificio e anche all’arredo interno). 
Altre pratiche taoiste consistono negli esercizi di respirazione, aventi l’obiettivo di immettere nei polmoni la maggior quantità possibile di aria pura (simbolo del cielo) ed espellendo l’aria impura (simbolo della terra), al fine di allungare il corso della vita. Famose sono anche le pratiche sessuali che attraverso la mescolanza degli elementi propri della donna e di quelli propri dell’uomo durante il coito, allungava la vita ad entrambi. Altri sistemi puntavano sul contatto diretto con le divinità, contatto che avrebbe anch’esso allungato il corso della vita; le divinità potevano essere raggiunte o attraverso esercizi profondi di concentrazione o ricercandole fisicamente in luoghi remoti (caverne o alte montagne). Esse potevano regalare il dono dell’immortalità o quello di volare. Sappiamo che lo stesso imperatore Shi Huangdi credeva nell’esistenza di un isola non trovata nell’Oceano pacifico dove vivevano gli immortali; è anche probabile che alcune spedizioni esplorative siano state organizzate per cercarla sin dal IV secolo a.C. 
Al di la del ruolo marginale in cui le credenze taoiste furono spesso poste dall’ideologia ufficiale imperiale, è pressoché indubbio che esse avessero un peso importante nella vita del mondo cinese, sia presso gli strati popolari che presso quelli dirigenti. Il successo ottenuto nel tardo periodo degli Han orientali dalle due sette taoiste dei Tulipani Gialli e dei Maestri Celesti è la riprova di questa teoria. Tanta convinzione può apparire puerile al lettore occidentale, poiché se si eccettua la leggenda del Santo Graal, in Europa il tema dell’immortalità concreta è sempre stato marginale. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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