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La riunificazione dell'impero cinese

La riunificazione dell'impero cinese 

Sotto il nuovo imperatore il governo centrale riuscì a riassumere il controllo delle forze armate, mentre una serie di lotte interne stavano minando la compattezza delle forze ribelli. Era accaduto che nel 757 An Lushan era stato assassinato da suo figlio An Qingxu e il fatto aveva provocato gravi contrasti fra questi e i vecchi compagni d’armi di Al Lushan, che erano rimasti nello Hebei sotto il comando di Shi Siming. Le forze realiste ne approfittarono e con l’appoggio delle truppe uigure, riconquistarono Chan’an nel 757. Gli Uiguri -che avrebbero svolto un ruolo decisivo a sostegno della restaurazione dinastica- erano un popolo barbaro che a partire dal 744 aveva dato vita, sui territori dei tramontati turchi orientali, ad una potente confederazione; fin dall’inizio essi avevano avuto ottimi rapporti commerciali e politici con la dinastia Tang e la sostennero anche in questa occasione. 
Dopo la riconquista di Chan’an e successivamente di Luoyang, sembrò che la guerra civile fosse sul punto di concludersi, tanto che nel 758 lo stesso Shi Siming si sottomise all’autorità imperiale. Il governo non poté far altro che prendere atto della sua resa formale e confermarlo nella sua posizione di comando. I Tang non riuscirono tuttavia a trarre vantaggio dal momento favorevole e il corso del conflitto mutò nuovamente: Shi Siming si proclamò imperatore e si volse contro le truppe imperiali, riuscendo nel 759 a riconquistare Luoyang. Si giunse a questo punto ad una situazione di stallo, che durò sino al 761. In questo periodo si andò affermando una nuova struttura di potere, in cui le forze militari, controllate dai governatori, accentuarono progressivamente la propria autonomia dal potere centrale.
Nel 763 a Suzong succedette un nuovo imperatore Tang, passato alla storia con il nome di Daizong. Egli confermò la politica di clemenza del predecessore, assicurando perdono a chiunque si fosse arreso spontaneamente, eccetto alle famiglie di Al Lushan e Shi Siming (il quale, fra l’altro, era stato ucciso dal figlio Shi Chaoyi nel 761). Il veloce decadere della guerra civile in questi anni (Luoyang fu ripresa nel 762 e Shi Chaoyi si suicidò nel 763), appare connesso al processo di cui dicevamo poc’anzi, tanto più per i capi delle forze ribelli, i quali, piuttosto che combattere per una rivolta dall’esito ormai dubbio, preferirono rimanere barricati nei territori che erano riusciti a portare sotto il loro controllo. Questo loro atteggiamento rinunciatario portò al totale disgregamento dell’esercito ribelle e rese altresì più lento il processo di riconferma dell’autorità del governo centrale sulle varie province dell’Impero, che dal 763 (anno della fine della rivolta) si protese con vari strascichi fino al 681. 
La rivolta di An Lushan fu senza dubbio un avvenimento di fondamentale importanza, che segnò l’inizio di una fase nuova del periodo Tang e della storia cinese nel suo complesso. Dopo la ribellione l’Impero non fu sicuramente più quello dell’epoca precedente. Sul piano sociale è da segnalare in primo luogo il declino inarrestabile dell’aristocrazia del Nord-Ovest, e più in generale, dell’aristocrazia settentrionale sino-barbarica, che aveva fondamentalmente egemonizzato il potere imperiale dalla sua unificazione. Sul piano istituzionale, venne meno la struttura centralizzata che, nel primo periodo, aveva reso possibile la grande espansione dell’Impero Tang e la sua crescita economia e sociale. Un altro aspetto, che sebbene non connesso alla rivolta fu però da essa messo inconfutabilmente messo in luce, fu la crescita dell’importanza economica e politica delle regioni meridionali, ed in particolare del medio corso del Chang Jiang. La rivolta rese palese come le regioni settentrionali (Hebei, Shandong, Henan) sebbene storicamente più ricche e popolose, fossero di difficile controllo nei momenti di crisi. Si può quasi affermare che la dinastia vinse proprio perché mantenne il controllo sulle regioni meridionali. 
Ma era inevitabile da un punto di vista storico la rivolta di Al Lushan o si trattò di un caso fortuito determinato dal contrato con Yang Guozhong? E poi, era inevitabile che la rivolta avesse come conseguenza la guerra civile? Cosa sarebbe successo se i Tang fossero riusciti a domarla sul nascere? Ovviamente non esiste una risposta a queste domande e se è pressoché accettato che l’istitu-zione dei governatori militari sia stata necessaria per difendere i confini, non è altrettanto facile però, giustificare la diserzione di Al Lushan come un evento che prima o poi sarebbe dovuto accadere. Tuttavia è anche difficile immaginare che la militarizzazione della vita politica (dovuta proprio all’istituzione dei governatori militari) non avrebbe presto o tardi portato ad un risultato simile. Certo è che la guerra civile segnò l’inevitabile declino della dinasta Tang e della centralizzazione assoluta del potere che l’aveva contraddistinta. Secondo molti storici, del resto, la causa prima di tutto fu proprio la centralizzazione del potere, la quale, consentendo alla dinastia di mobilitare enormi risorse, aveva permesso un avanzamento dei confini troppo ambizioso per essere al contempo stabile, soprattutto considerando il nuovo fattore dell’espansionismo tibetano. Invero dopo la rivolta, l’Impero dovette abbandonare per sempre il controllo suo Xinjiang, che divenne per l’appunto zona di conquista tibetana.

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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