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Ascesa e caduta della prima globalizzazione


Il commercio cresce più del PIL. Le situazioni di maggiore sviluppo si sono avute nella storia quando i mercati si sono effettivamente aperti e integrati, ma contemporaneamente sono cresciute le regole scritte dagli uomini, le loro decisioni, quelle prese dagli stati e dalle istituzioni per ridurre i CDT e favorire il buon operare dei mercati. Bisogna quindi ora vedere nella pratica, nella storia, cosa ha voluto dire tutto ciò. Nella storia infatti ci sono delle fasi di grande globalizzazione che magari ha anche funzionato, tipo la famosa età vittoriana (1870-1914) ma ci sono anche delle fasi in cui tutto questo è stato catastrofico.

Nell'Ottocento le economie crescono, l'Inghilterra fa passi da gigante e viene chiamata la "locomotiva del mondo"; ci sono i "second comers" cioè gruppi di paesi che fanno grossi passi avanti nella crescita economica seguendo un po' la scia inglese; si comincia a sgranare il gruppo, nel senso che c'è stato un vero e proprio scatto inglese e poi ci sono stati altri paesi che l'hanno seguita. Si è vista una crescita nel reddito ma anche una crescita molto più forte di quella del reddito nei loro scambi commerciali.
E questo si vedrà per tutto il secolo, nell'età che va dal congresso di Vienna allo scoppio della prima guerra mondiale (1815-1914), prima era della spesa pubblica (G) in cui i tutti i paesi ci sono cambiamenti enormi; il commercio mondiale cresce più del reddito e a tassi mai registrati (+4%); si verifica la cosiddetta "seconda rivoluzione industriale" che è una rivoluzione molto più potente della prima, la quale è storicamente più famosa (Smith e la fabbrica degli spilli) e più circoscritta in Inghilterra; è comunque un inizio di rivoluzione del processo produttivo, è un inizio di uso di strumenti tecnologici per affiancare con macchinari, arnesi, telai il lavoro umano, ma sono cose molto rudimentali. Il vero botto si ha nella seconda metà dell’Ottocento (1850/60) dove la rivoluzione industriale trasforma i paesi, le città, i paesaggi, i mezzi di produzione, il lavoro di fabbrica, i motori, l’energia, la ferrovia. Ci sono quindi novità enormi in questa fase. La seconda rivoluzione è una cosa molto più imponente che coinvolge molti più paesi dell’Europa e del Nord America, a differenza della prima rivoluzione industriale.

Caratteristica di questo boom → è una caratteristica legata, di nuovo, alla flessione dei CDT:
questa crescita del commercio ha tassi di crescita del commercio mondiale molto elevati, mai registrati; si riducono i CDT grazie alla seconda rivoluzione industriale, grazie all'enorme progresso tecnico che si verificò in alcuni elementi cruciali per realizzare transazioni lontane (elementi come trasporti, comunicazioni come il telegrafo, telefono, nascita di internet che ha rafforzato la globalizzazione, innovazioni su navigazione e altri aspetti della logistica, aspettative su instabilità politica, rischio delle attività economiche e commerciali). Per fare grandi investimenti, le compagnie emettevano obbligazioni che venivano vendute su mercati internazionali, quindi era fondamentale anche avere informazioni in tempo reale sui titoli.

Le stesse città emettevano obbligazioni sui mercati internazionali, cioè le municipalità per finanziare ponti, stazioni ferroviarie, autostrade. Questo produce una cosa utile, perché la finanza non è segno di pericolo, ma la finanza soprattutto quando essa si trasforma in investimento e questo investimento è una cosa utile, che fa guadagnare, che fa animare l'economia, l' integrazione finanziaria produce benefici, produce possibilità di crescita.
Aumentano quindi i flussi di capitale e l'integrazione finanziaria (integrazione fra mercati finanziari, apertura di istituti di credito stranieri, circolazione risparmi, investimenti esteri).
È  fondamentale anche il ruolo degli intermediari finanziari che riescono a collegare il risparmio con l'investimento: con Smith, chi risparmia e chi investe è la stessa persona nel primo capitalismo embrionale, col passare del tempo non è più così e per fare investimenti giganteschi come è necessario per costruire infrastrutture, non sono cose che può fare la singola persona o il piccolo imprenditore; per fare questi grandi investimenti c'era bisogno di risorse che solitamente mancano a chi vuol fare gli investimenti. Quindi è di fondamentale importanza anche questo processo di integrazione finanziaria che cerca di mettere in collegamento chi risparmia, anche poco ma crede nello sviluppo delle infrastrutture e chi investe, collegamento fatto dagli intermediari finanziari.

È fondamentale che ci sia l’integrazione finanziaria che non è il male assoluto ma può diventarlo facilmente; tutto sta nel vedere quanto effettivamente, di quello che raccogli, lo trasformi in qualcosa che produce lavoro, ricchezza, attività economica e abbatte i costi, facilita la circolazione di merci, di prodotti.  Ai tempi, per gli italiani comprare dei titoli era qualcosa di straordinario ma una cosa che attraeva estremamente è che questi titoli, oltre a essere relativamente sicuri perché sono tutte attività che hanno permesso di guadagnarci, portavano anche dei premi. Queste cose costituivano il boom del risparmio italiano destinato a realizzare tutta una serie di investimenti importanti, in mancanza del quale il miracolo economico sarebbe stato molto minore. È anche fondamentale il fatto che l’integrazione finanziaria permetta la possibilità di utilizzare credito estero, investimenti esteri in termini neutrali: infatti si verifica una fortissima mobilità della forza lavoro (migrazioni). Di nuovo, un'altra cosa che si integra nell'Ottocento sono i mercati del lavoro: si abbattono le barriere, ci sono imponenti flussi migratori perché le frontiere non sono ancora chiuse (vengono chiuse negli anni Venti del '900), c'è la migrazione della forza lavoro che chiaramente si dirige dove l'economia vira maggiormente, dove il lavoro è più forte.

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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