Skip to content

Lo stato di natura secondo Hobbes


La vita dell’uomo e tutti i movimenti che la esprimono non è altro che potere, perché l’uomo ritrova la sua caratterizzazione essenziale in un continuo desiderio di aver sempre maggior potere.
Gli uomini nello stato di natura, perché tutti uguali, ritengono di essere tutti in grado di raggiungere i fini che si sono proposti. Finiscono col volere le stesse cose. L’uomo allo stato di natura ha un potere assoluto su tutte le cose, mosso dall’istinto di autoconservazione, dalla volontà di poter avere i beni necessari alla sopravvivenza. Questi poteri non possono che entrare in conflitto tra loro. Lo stato di natura è caratterizzato dalla guerra di tutti contro tutti. Nello stato di natura l’individuo è libero di usare il proprio potere per fare ciò che ritiene più opportuno per la conservazione della sua vita. La libertà è l’essenza di impedimenti esterni al potere dell’uomo. Nello stato di natura la libertà è assoluta, mentre la legge di natura, distinta dal diritto che si riconnette al potere, deve essere considerata come una regola scoperta dalla ragione che vieta all’uomo di fare ciò che è contrario alla conservazione della vita. Questa è la fondamentale legge di natura. È molto più conveniente per la conservazione della vita, ricercare un sistema di convivenza con i propri simili che garantisca pace, stabilità, sicurezza, benessere e godimento di quei beni che consentono di appagare i nostri desideri.
L’unico modo per stabilire la pace tra gli uomini è cedere la potestà assoluta e la libertà ad un individuo o a un gruppo di individui con l’incarico di governare: si costituisce così un corpo artificiale, politico, che è dotato del più assoluto dei poteri in quanto è costituito dall’unificazione dei poteri assoluti dei singoli. La pace è il fine ultimo della politica, il bene supremo. (Questo è il contratto sociale.)
Lo stato è l’assoluto dell’uomo, il potere che sottrae alla dispersione. È la forza che costringe la natura lupesca dell’uomo a diventare socievole mediante il timore che deve incutere agli uomini affinchè sia mantenuta la pace.
Il potere sovrano è insindacabile e la persona del sovrano è sottratta a ogni tipo di controllo. Al sovrano appartiene anche di valutare il pieno diritto di pace e di guerra; è l’unico giudice di ciò che viene insegnato ai suoi sudditi; appartiene al potere sovrano l’emanazione delle leggi, per disciplinare ed evitare conflitti; e l’amministrazione della giustizia.
L’assolutezza del potere sovrano richiede che venga considerato indivisibile. Hobbes come Bodin, ritiene che i tipi di costituzione siano solo 3: monarchia, aristocrazia e democrazia. La costituzione mista è una mera costituzione intellettuale senza corrispondenza con la realtà, in quanto il potere è assoluto e indivisibile. Le forme di governo devono essere giudicate con riferimento alla loro funzionalità, in relazione alla loro capacità di mantenere la pace. L’unità della condotta politica può essere assicurata solo dalla monarchia che è la migliore forma di governo. La garanzia di un governo efficiente è data dalla coincidenza dell’interessa di chi governa con quello pubblico.
La coincidenza tra interesse privato e pubblico non si verifica invece nelle assemblee: per la diversità delle opinioni che si manifestano e per la presenza di più partiti, i problemi politici non sono trattati sul piano di considerazioni realistiche e positive ma mediante argomentazioni che riescano a suscitare il consenso della maggioranza e quindi a livello della retorica. Le deliberazione riflettono l’interesse della parte che le ha sostenute e fatte valere e non della collettività. Mentre il monarca è in grado di sollecitare e di avvalersi dell’opera di consiglieri esperti che possono valutare le singole questioni politiche con serenità. Il consiglio svolge la stessa funzione che la memoria e la ragione esercita sull’uomo. L’unica accortezza da seguire è di sentire i consiglieri uno alla volta e di non riunirli mai in una riunione plenaria poiché si verificherebbe lo stesso inconveniente delle assemblee, cioè si determinerebbe nei partecipanti uno stato d’animo che disporrebbe al discorso retorico, proprio perché il confronto con i propri simili risveglia nell’uomo l’interesse e le passioni.
Le grandi assemblee politiche non sono costitutivamente idonee ad esprimere una condotta politica che corrisponda ai reali interessi della comunità.

Tratto da STORIA DELLE DOTTRINE POLITICHE di Filippo Amelotti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo appunto in versione integrale.