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La seconda colonizzazione dell'antica Grecia

La seconda colonizzazione dell'antica Grecia

Come si accennava, una delle conseguenze più immediate della rivoluzione agricola fu la sovrappopolazione, ossia l’insufficienza di terra di fronte all’aumento della popolazione. Questo problema fu risolto dai greci fondando nuove città in altre regioni d’Europa dove fu sfogato il surplus di popolazione della madrepatria. 
Si trattò di un processo gigantesco, un’epopea durata due secoli, dal VIII al VI a.C., che portò i greci a fondare molte decine di polis in tutto il Mediterraneo. Esso prende il nome di seconda colonizzazione, per distinguerlo dalla prima colonizzazione, avvenuta al tempo dell’invasione dorica, quando i greci del continente, per sfuggire alle devastazioni dei barbari, scapparono nelle isole dell’Egeo e nella costa dell’Anatolia. 
La seconda colonizzazione coinvolse aree al di fuori dell’Egeo (dove le terre e le baie migliori erano già state occupate durante la prima colonizzazione), portando i greci lungo le coste del Mar Nero, quelle dell’Africa, dell’Italia e, addirittura della Francia e della Spagna. L’Italia meridionale fu comunque l’area dove sorsero il maggior numero e le più importanti colonie greche, tanto che ad essa fu affibbiato il nome di Magna Grecia. 
Quello che è stato definito il Far West dei greci, non fu però un processo disordinato ed individuale, di famiglie di pionieri che partivano per allestire fattorie in terre selvagge; si trattava di grandi e costose spedizioni, organizzate fin nei dettagli dal governo della città madre, che provvedeva a fornire i coloni di provviste, armi ed utensili. Ad esse partecipavano le categorie più disparate: dai membri di un partito politico sconfitto, a nobili in cerca di facili guadagni, ad avventurieri veri e propri; ma la maggior parte erano comunque masse di diseredati che speravano in una vita migliore.

Una speranza che il più delle volte si concretizzava. I coloni navigavano per mesi alla ricerca di un buon approdo, circondato da terre fertili e facilmente difendibile; e quando lo trovavano iniziavano a costruire la nuova città, dividendosi la terra e assegnandosi i reciproci compiti. Era una gioia per un contadino ricevere un buon podere da coltivare, quando nella madrepatria era costretto a fare il bracciante nel latifondo di un aristocratico. Il difficile era edificare tutto da zero e difendersi dagli attacchi delle popolazioni locali. Ma l’Occidente era ancora avvolto nella preistoria e ai greci, dotati di modernissime armi in ferro, non fu difficile istaurare buoni rapporti con le popolazioni autoctone, o al più, costringerle a rifugiarsi nelle zone impervie dell’entroterra (come ad esempio successe in Sicilia). Sono noti casi in cui le richieste per partire con una spedizione erano così numerose che le autorità cittadine furono costrette a procedere per sorteggio. 
Del resto, chi partiva, seppure pativa la sofferenza del distacco dalla propria terra e da parte delle sue conoscenze, non era comunque solo: i suoi compagni erano anch’essi abitanti della sua polis ed egli già li conosceva; la nuova città che avrebbero edificato sarebbe stata, da un punto di vista culturale, la copia identica della madrepatria, solo che in essa le possibilità di una vita confortevole erano molto maggiori. Non è un caso che i greci chiamassero “trasferimento di casa” questa forma di emigrazione: ciò che emigrava non erano gli uomini, ma l’intero modello socio-politico della polis greca, che tramite la fondazione di nuove colonie si espandeva al di fuori dell’Egeo, facendo letteralmente sbarcare la civiltà lungo le coste di un Mediterraneo ancora perlopiù selvaggio.

RAPPORTO CON LA CITTA’ MADRE

Le nuove colonie seguivano il modello tipico della polis greca, ossia indipendenza assoluta. Verso la città madre esse mantenevano un particolare rapporto affettivo: era prevista la possibilità di doppia cittadinanza; in certe occasioni si accendeva il fuoco della patria con sterpi provenienti dalla madrepatria; si interrogava la città madre affinché nominasse un capo spedizione per una nuova colonia da fondare.. Ma tutto finiva qui: non vi era la minima sudditanza politica, né economica; sono addirittura note guerre scoppiate fra una polis e la sua colonia, anche se normalmente i rapporti erano pacifici (anche perché una guerra fra una città in Grecia ed una in Francia non avrebbe avuto molto senso). 

COLONIE E FILOSOFIA

È notevole il fatto che i primi filosofi dei quali ci è giunta memoria (Eraclito, Talete, Pitagora, Empedocle, Parmenide, Senofane), vissuti fra VII e VI secolo, non abbiano operato nelle polis in Grecia, ma in quelle dell’Asia minore e della Sicilia. Questo strano fatto è stato spiegato con la possibilità che nelle colonie la libertà fosse maggiore. In madrepatria esistevano rapporti di potere, privilegi e pregiudizi che si protraevano dal Medioevo, e che era pericoloso andare ad intaccare, aggredendo il mitos o anche solo proponendo nuovi modi di ragionare. Nelle colonie la terra veniva invece distribuita in parti uguali al momento dello sbarco e le occasioni per emergere socialmente e politicamente erano più numerose; ciò ha fatto ritenere che la società fosse più egualitaria e anche più aperta alle nuove idee. E ciò avrebbe permesso alla filosofia di svilupparsi prima nelle colonia che non in Grecia.

IL CONTESTO INTERNAZIONALE

La seconda colonizzazione si svolse lungo un arco di due secoli, dal VIII al VI. Si trattò di una coincidenza fortunata per i greci, che poterono occupare mezzo Mediterraneo senza la minaccia di vicini forti e bellicosi. Gli Egiziani non erano mai stati bravi navigatori, e meno che meno lo erano gli assiri, popolo egemone in Medio Oriente. In Italia, l’unica civiltà degna di nota era quella etrusca, ma la prima battaglia fra greci ed etruschi si ebbe solo nel 540, ossia quando il processo di colonizzazione volgeva già al termine. L’unico vero problema furono quindi i fenici, che nel VIII secolo avevano già stabilito roccaforti in tutto il Mediterraneo e specialmente in Sicilia (Palermo e Trapani). Ma le colonie fenice erano più scali commerciali che città, e la competizione con questo popolo fu più sul mare (con reciproche azioni di pirateria) che non sulla terra con assedi alle roccaforti, e non fu quindi un serio ostacolo all’espansionismo greco.
Molto più duro fu il confronto con Cartagine, che da piccolo porto tunisino che era all’inizio del VIII secolo, era in poco tempo diventata centro di un impero di città-stato in piena espansione. La Sicilia fu il terreno di scontro terrestre: i fenici controllavano la parte occidentale dell’isola, i greci quella orientale. In Sicilia tuttavia i Greci erano forti: Siracusa fondata nel 733 da coloni di Corinto arrivò ad una popolazione di più di 200'000 abitanti e sfruttando la fertile pianura dell’Etna divenne celebre per la sua copiosa produzione; mentre Agrigento, fu per qualche periodo considerata la città greca in assoluto più ricca. 

Tratto da STORIA DELLA GRECIA ANTICA di Lorenzo Possamai
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