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Liberismo non trionfa


Il Liberismo si afferma ma non trionfa.

XIX secolo: progressi tecnologici, investimenti, conquiste, secolo di grande crescita del commercio internazionale; una cosa curiosa è che effettivamente c’è affermazione del liberismo (abbiamo visto nel pensiero economico di Ricardo, Mill tutti favorevoli al libero scambio), c'è un'affermazione del liberismo con Cobden in Inghilterra, ma sarebbe sbagliato dire che il liberismo nel XIX secolo trionfa perché non è vero.
C’è una certa condivisione scientifica, infatti si parla di "trionfo del pensiero liberista":

Smith (1776: idea del divisione lavoro, idea del liberismo non dogmatico, i mercati funzionano se regolamentati), Ricardo (1817: teoria vantaggi comparati contro le corn laws, battaglie in parlamento contro i proprietari terrieri); Mill (1848: industria nascente che merita attenzione; lui è contro finanza e speculazione e scrive infatti dei rischi di una precoce "finanziarizzazione" dell'economia, egli scrive addirittura dicendo che un'eccesso di speculazione in un'economia troppo creditizia può produrre il ciclo economico, l'instabilità economica, l'alternarsi di fasi negative a fasi positive).
Dal punto di vista del pensiero dunque, i pensatori più forti, solidi e autorevoli sono tendenzialmente liberisti, mai dogmatici.

Dal punto di vista della politica invece, che è quella che conta di più, nel XIX secolo l'unico paese veramente libero scambista è la Gran Bretagna, nonostante essa non segua tanto i classici ma diventa liberista con l'abolizione delle leggi sul grano nel 1846 e diventa anche abbastanza liberista per caso perché nel 1846 ci fu una terribile carestia che portò alla morte un sacco di famiglie e quindi ci fu un crollo nella produzione britannica inglese e irlandese dei cosiddetti beni salario.
La Gran Bretagna di conseguenza riaprì le frontiere (1846 fine delle "Corn Laws", ragione della loro introduzione all'inizio dell'800 sono le rendite che avevano prodotto grandi guadagni per i proprietari terrieri e la paura della dipendenza inglese dall'importazione francese. l'abolizione avviene per uno shock esogeno perché se non ci fosse stata la famosa "Irish Famine" carestia delle patate, non si sarebbero abolite).

Tutti gli altri paesi a cominciare dagli USA, dalla Prussia, dalla Francia, in parte anche l'Italia pre e post 1860 sono tutti paesi abbastanza protezionisti. Ci fu una fiammata, soprattutto nell'Europa continentale che fu liberista tra il 1860 e il 1870 grazie a Cobden e Chevalier, due economisti-ministri che si trovavano contemporaneamente al governo che avevano la stessa formazione culturale; essi riuscirono a imporre, con dei trattati, una certa diffusione del liberismo. Ma fu un liberismo breve, durò poco e alla prima crisi seria sia politica che economica, gli stati ritornarono ad innalzare le barriere commerciali.

• Nel 1860 - trattato Cobden-Chevalier che introduce un paio di principi, regole utili alla globalizzazione: cioè si comincia a provare a individuare regole a livello internazionale che favoriscono l'integrazione.
La prima regola è il principio di reciprocità (cioè ridurre tariffe sui prodotti a vicenda tra paesi, anche quelli forti/deboli), la seconda regola è la clausola della Nazione più favorita o "most favourite nation clause" (MFNC), è un principio che ha in un certo senso governato la globalizzazione, cioè il processo di integrazione, almeno fino agli anni Venti del '900 quando poi saltò tutto con la crisi, le dittature.
Clausola della nazione più favorita vuol dire che quando io concedo qualcosa a una nazione che per me è favorita, a una nazione con cui ho rapporti di amicizia, di partnerariato, di prossimità geografica, questa concessione la applico anche nei confronti di tutti gli altri miei partner, in questo modo è come se riduco ad esempio del 2% la tariffa sui profumi francesi e sui profumi acquistati da un altro paese, la stessa concessione viene anche data. Qualsiasi riduzione accordata da un paese a un altro paese che è il favorito per rapporti di amicizia, per rapporti di negoziati, andava estesa anche a paesi terzi. Coi paesi terzi magari in quel momento non si hanno rapporti ma ci potranno essere in futuro, nel momento in cui si riducono le barriere e si fanno concessioni anche a loro vantaggio.
Tutte queste sono regole, accordi, sono passi avanti ma che possono anche fare passi indietro (esempio la politica commerciale di Trump). In questa determinata fase furono fatti passi avanti, la clausola della nazione più favorita ai tempi era favorevole perché fu una regola che in un certo senso moltiplicava la concessione, moltiplicava la riduzione del muro e delle barriere tra nazioni.

• Paul Bairoch: uno dei massimi studiosi del protezionismo e liberismo del XIX secolo, è uno storico svizzero che dice che il commercio nel XIX secolo è vero che è cresciuto molto, ma è cresciuto non perché si sono ridotte le barriere e dunque è più facile integrarsi ma perché la gente, essendo più ricca grazie ad aumento dei redditi, a crescite tecnologiche, automaticamente aumenta anche la domanda di beni dell'estero. Quindi il commercio è cresciuto perché sono cresciuti i redditi delle persone, quindi la loro capacità di spesa e nel poter spendere di più, comprano beni dall'estero, e non perché ha trionfato il liberismo. Il liberismo, quindi la riduzione dei muri, delle barriere e la creazione di un mercato globale, si afferma ma non trionfa. Esistono passi avanti ma non c'è effettivamente una vera affermazione. Queste regole liberiste hanno avuto una loro importanza ma non esagerata perché il protezionismo è sempre stato praticato nel xix secolo. Bairoch dice che il liberismo è un’isola in mezzo a oceano di protezionismo, facendo riferimento all'Inghilterra.

→ L'Inghilterra è liberista, secondo Bairoch, anche per propria volontà, non perché idealmente è un paese favorevole alla globalizzazione ma per il fatto che era talmente l'unico paese specializzato in certe produzioni industriali, certi prodotti tessili e meccanici, che erano appunto soli e non avrebbero guadagnato molto dall'essere protezionisti, invece se liberista l'Inghilterra poteva comprare prodotti agricoli, materie prime che in Inghilterra ci sono ma con costi enormi, mentre li poteva comprare liberamente sui mercati internazionali dove i prezzi erano più bassi. Perciò all'Inghilterra conveniva essere liberista; inoltre l'Inghilterra difende il liberismo per gli scarsi guadagni che avrebbe acquisito da rappresaglia contro gli altri paesi. Si fa poi riferimento agli interventi del primo ministro inglese Gladstone (contro cui si scagliò Keynes): egli riteneva che il dominio industriale inglese era molto forte, tanto che UK dominava la produzione industriale (surplus), ma l'aver adottato una politica di rappresaglia commerciale di creazione di muri sarebbe servita a poco.

→ Nel resto del mondo, che è protezionista, quando c'è un po' di liberismo, esso viene a volte anche imposto con la forza dall'esterno, da parte dei paesi imperialisti che pretendono il liberismo delle colonie per poter esportare maggiormente (quindi con l'imperialismo), oppure attraverso trattati bilaterali di commercio (come il trattato Cobden-Chevalier che fu replicato da Cavour, un grande seguace di questa politica e alcuni trattati sia del regno sabaudo sia dell'Italia unita fatti da lui richiamano molto il trattato Cobden-Chevalier).

• Dunque secondo Rodrick, le politiche imperialiste favoriscono la la globalizzazione reale (GR) che è quella che ha per oggetto i mercati reali, prodotti agricoli e industriali ed è una cosa che un po' cresce attraverso questa forma di politica di potenza che si afferma nella seconda metà dell'Ottocento con l'imperialismo, la creazione di zone di influenza; anche negli USA, Germania, Francia, a maggior ragione nel Commonwealth dove i flussi commerciali esplodono anche perché lì i CDT sono molto contenuti.

• Due paesi membri di un impero (UK – India) fanno registrare flussi commerciali molto elevati (grazie allo stesso linguaggio, stesse regole condivise, stessa valuta).

Il mondo dell’Ottocento in generale è fondamentalmente protezionista e questo produce effetti sulla politica.

La guerra di secessione americana fu un evento tragico ed ebbe come cause scatenanti anche aspetti non strettamente economici, ma dal punto di vista commerciale rappresentò una netta contrapposizione tra Nord America che cercava di industrializzarsi, cercava di sostituirsi all'Inghilterra per diventare l'economia più forte del mondo (come in effetti USA riuscirono a fare in pochi anni), che cercava di sviluppare le proprie industrie, le proprie università, il progresso tecnico soprattutto nel New England, e gli stati meridionali americani che invece volevano il liberismo perché essi erano grandi praterie di paesi agricoli che potevano sviluppare una grandissima e molto intensa produzione agricola di beni primari che quindi avevano tutto da guadagnare, per questo si specializzarono nel produrre grano, materie prime e prodotti primari di cui gli USA si rivelò molto ricco e speravano quindi di commercializzare con il resto del mondo. Il sud era tendenzialmente più arretrato ma anche più vicino al liberismo; il nord stava industrializzandosi, stava cercando di diventare un'economia avanzata e per questo era protezionista. La guerra di secessione fu anche un evento che fu combattuto tra protezionisti e liberisti/liberoscambisti.

Un punto fondamentale è che quando si parla di mercati globali, di economia di scala, di crescita dei redditi ecc., bisogna avere la consapevolezza che queste scelte hanno effetti molto forti sulla distribuzione del reddito.
Ci può essere un intero paese che guadagna, ma all'interno di questo paese il guadagno viene distribuito a livello disuguale, oppure all'interno di esso ci sono classi, settori che perdono e classi e settori che invece guadagnano molto. Da questo punto di vista, la scelta su una politica o su un'altra può dipendere da chi rappresenta gli interessi più forti dal punto di vista politico e militare, ad esempio da chi rappresenta la produzione di beni strategici e quindi può imporre una politica di un certo tipo per difendere la produzione di questo bene (ruolo interessi acquisiti e classi produttrici di beni strategici).

Un’altra cosa riguarda quale modello di sviluppo si ritiene importante perseguire ( produzione di effetti sul modello di sviluppo).

Questa è la ragione del protezionismo che risale a un'economista tedesco contemporaneo di Mill, Friedrich List che nel 1840 non era d'accordo assolutamente con questi discorsi inglesi, perché erano discorsi validi per l'Inghilterra (cioè il liberismo, il libero scambio) ma non validi per gli altri paesi: l'Inghilterra era ormai il paese leader, più avanzato, in cima alla scala del progresso tecnico ed economico ed era ovvio che l'Inghilterra predicasse il protezionismo perché essa era fabbrica del mondo, ha tutto il vantaggio di comprare beni agricoli o alimentari a prezzi più bassi e a invadere mercati di tutto il mondo con le macchine inglesi, coi prodotti industriali inglesi che gli altri paesi non sono in grado di produrre. Questo è un ragionamento troppo comodo: List disse che lo sviluppo economico segue degli stadi: approccio "stadiale" all'integrazione".
Il liberismo è fattore di progresso o di regresso a seconda dello stadio di sviluppo in cui un paese si trova. Ci sono dunque vari livelli: finché non si è al livello superiore in cui si ha un settore industriale specializzato, adatto per la propria economia, in cui si ha un'istituzione professionale o un'università di livello, in cui si ha un'agricoltura importante e adatta dove non si tratta di forzare la natura del luogo, finché non hai un economia in un paese in cui comunque si è riusciti a realizzare servizi indispensabili per commerciare, produrre, trasferire conoscenze, finché non si è a questo livello dove ora c'è solo l'Inghilterra (secondo List), la battaglia è aperta e quindi non bisogna parlare di globalizzazione, perché per salire da uno stadio a un altro bisogna combattere, bisogna che lo stato e le protezioni aiutino questi stati a svilupparsi.

Non è un caso allora che solo gli studiosi inglesi siano fautori del liberismo, che certamente è un fattore di progresso ma soprattutto quando si è allo stesso livello degli altri. A seconda dello stadio di sviluppo in cui uno stato si trova, il mondo è dinamico, l'approccio dei costi comparati è un modello statico di allocazione ottimale delle risorse; se si adotta una visione di un mondo dinamico che cambia, il protezionismo ha ragione di esistere, soprattutto per chi si trova negli stadi più bassi dello sviluppo.

List fu un economista che ebbe successo, non solo in Germania ma anche negli USA dove fu invitato molte volte, visse e dove erano molto convinti di quello che diceva, cioè convinti del fatto che ci fosse bisogno di un po' di protezionismo.

Altra ragione del protezionismo: quando scoppiano le crisi, quando i prezzi crollano, quando siamo in una situazione di deflazione, quando c'è la "grande depressione" (mentre la crisi del '29 venne chiamata "grande crisi"), è quella che si verifica negli anni Ottanta dell'800 con un grande calo dei prezzi dei prodotti agricoli ( deflazione), la gente che non guadagnava più nulla dalla propria attività economica, in parte dovuta anche alla grande liberalizzazione dei commerci. Il protezionismo ha ragione per tutta una serie di motivazioni molto grosse: quando si hanno delle crisi così forti, degli shock esogeni, come si è visto anche negli anni Trenta o Settanta del 900, come politica anticrisi, il protezionismo ha una sua logica e razionalità, tanto da produrre un ripensamento delle politiche commerciali.

Altra ragione, come politica che può avere una sua logica in un modello di economia mista: in quegli anni, si comincia a vedere che il capitalismo non ha una faccia sola, l'economia industriale non ha un solo modo di affermarsi, ma esistono varietà di capitalismo a seconda dei contesti storici, geografici e territoriali in cui si sviluppa. Per esempio la Germania di Bismark che, dopo aver avuto la fiammata di Cobden-Chevalier, guidò il ritorno al protezionismo in Europa e all'abbandono di questi trattati commerciali che erano stati approvati, perché per esempio la Germania fu all'avanguardia per la costruzione anche di uno stato sociale; se si adotta un capitalismo di questo tipo, giusto o sbagliato che sia, gli stati hanno comunque bisogno di risorse che a loro volta devono essere finanziate, quindi hanno bisogno di intervenire. Il protezionismo era uno dei metodi, delle tecniche più facili per poter raccogliere risorse attraverso la tassazione dei beni stranieri.

Queste le ragioni di una politica commerciale attiva, protezionistica, interventista legate a grandi fenomeni; qui non si sta parlando del piccolo produttore ma di grandi fenomeni di capitalismi che prendono direzioni diverse a seconda della sensibilità delle persone, dei luoghi, fenomeni di grande crisi mondiale, come quella degli anni '80, consapevolezza che lo sviluppo è un processo dinamico e che non tutti sono allo stesso livello, e che è importante il iberismo poiché esso significa combattere ad armi pari. Per Rodrick quindi ci sono ragioni sistemiche per cui nell’800 il liberismo fu una fiammata piuttosto che qualcosa di diffuso e consolidato, mentre lo sarà molto di più negli ultimi decenni del 900. Nell'800 il liberismo fa vari progressi, ha molti argomenti a favore ma non si afferma e non trionfa perché ci sono ragioni molto forti, molto sistemiche e nazionali che consigliano in certe fasi di chiudere e proteggere.

Tratto da STORIA DELLA POLITICA ECONOMICA INTERNAZIONALE di Federica Palmigiano
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