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Note di responsabilità civile per gli infermieri



Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita esponenziale della responsabilità della figura professionale dell’infermiere, dall’abolizione del mansionario (come dedotto dall’abrogazione del DPR 225/74 e dell’ausiliarietà), avvenuta attraverso l’emanazione della legge 42/99, fino alla definizione di una responsabilità che assume una interpretazione più ampia, come dedotto anche dalla Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 7106 Anno 2016. Il profilo giuridico dell’infermiere è definito da vari documenti, tra cui troviamo il profilo professionale dell’infermiere 739/94, e il cdi che ha trovato una revisione proprio in questi ultimi mesi. L’infermiere è responsabile dell’assistenza infermieristica come recita il D.M. 14 settembre 1994, n. 739 all’art. 1 comma 1, quindi è responsabile di tutte quelle attività che si svolgono per erogare assistenza alle persone (definiamo persone coloro a cui si presta assistenza superando i concetti di paziente e di utente); ulteriormente viene definita dalla legge 251/2000 che ribadisce in più occasioni il concetto di autonomia professionale. Possiamo dire che è una responsabilità a tutela delle persone e che trova fondamenta costituzionali nell’art.32, per cui il professionista dell’assistenza dovrà rispondere del suo operato, per quanto gli compete. L’infermiere può essere sottoposto a procedura in ambito civile, che sarà oggetto di trattazione, in ambito penale e in ambito amministrativo-disciplinare; La responsabilità civile può essere intesa come quella responsabilità che detiene un soggetto nel dover risarcire economicamente un altro soggetto, al quale ha arrecato un danno giuridicamente rilevante, costituzionalmente protetto. Il risarcimento diventa un obbligo per chi reca il danno, di conseguenza la rc diventa fonte delle obbligazioni come regolamentato dall’art.1173 del cc che precisa che le obbligazioni derivano da contratto, da fatto illecito o da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico, da qui possiamo dire che un fatto illecito, come regolamentato dall’art. 2043 del cc, è riconducibile ad una azione di un soggetto che cagiona un danno ad un altro soggetto, mentre il fatto idoneo ha la caratteristica principale di produrre obbligazioni senza un accordo tra le parti, accordo che, viceversa troviamo nel contratto, come precisato dall’ art. 1321 del cc. Quindi un contratto produce obbligazioni tra le parti, tali obbligazioni se violate giuridicamente portano ad inadempimenti o a non esatti adempimenti come precisato dall’art. 1218 del cc. Ne deduciamo che nel contratto esiste un rapporto giuridico tra le parti mentre nel fatto illecito un soggetto può subire un danno che porta ad un risarcimento da un soggetto con il quale non aveva instaurato prima un rapporto giuridico quindi di natura extracontrattuale dove emerge la condotta (contra ius) del soggetto chiamato a risarcire il danno. Nel nostro caso ossia in ambito sanitario i danni (contra ius) scaturiti da inadempimenti o violazioni saranno intesi come danni alla salute che riguarderanno sia la responsabilità di natura contrattuale che extracontrattuale nel caso si parlasse di condotta del sanitario (contra ius) come delineato dal ddl Gelli all’art. 7, comma 3. L’infermiere stesso in quanto professionista che opera in tale ambito può essere chiamato in causa direttamente dal soggetto che ha subito il danno, che in questo caso dovrà produrre le prove necessarie alla colpevolezza dell’infermiere.

Per erogare assistenza alle persone, l’infermiere agisce seguendo logiche di natura intellettuale come precisato dall’art. 2 del cdi del 2009 e come dedotto dall’art.1 del cdi del 2017. Le persone che accedono ai servizi di assistenza e cura stipulano un contratto con la struttura erogatrice della prestazione, di conseguenza i sanitari che operano in tale contesto sono investiti da una serie di obbligazioni nei confronti dell’individuo, in base al concetto di contatto sociale e come indicato dall’art. 28 della Costituzione e come precisato dalla Cassazione civile, sez. III, 1 marzo 1988, n. 2144, aldilà del fatto che come citato prima con il comma 3 dell’art.7 del ddl Gelli la normativa si è perfezionata riconoscendo al professionista sanitario la responsabilità sugli eventi scaturiti dalla sua prestazione d’opera ai sensi dell’art. 2043 del cc.  L’opera dell’infermiere deve essere mossa dal carattere della diligenza intesa come l’insieme dei valori, competenze che il professionista deve indispensabilmente avere nel momento in cui si prende un impegno nello svolgimento di un’ attività assistenziale come dedotto dall’ art. 5 del ddl Gelli, che comprende anche il carattere di perizia intesa come la padronanza delle tecniche e dei mezzi a disposizione; ad esempio un infermiere del 118 nel valutare la giusta scelta e sequenza di azioni da intraprendere per prestare soccorso ad una persona deve assumere un atteggiamento diligente ossia appropriato al contesto in cui si opera.

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