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Le fonti del Diritto

Il sistema delle fonti del diritto
Di fonti del diritto si può parlare in 2 sensi:
- Fonti di produzione: sono i modi di formazione delle norme giuridiche (parlamento)
- Fonti di cognizione: sono i testi che contengono le norme giuridiche (gazzetta ufficiale)

Le fonti del diritto che interessano il nostro paese sono di 2 ordini:
- Fonti del diritto nazionale basate sulla sovranità dello stato italiano
- Fonti del diritto sovranazionale basate sui poteri della comunità europea.

A indicare le fonti del diritto vi sono le preleggi anche se oggi incomplete perché si limitano ad indicare come fonti del diritto 1) le leggi 2) i regolamenti 3) gli usi.

Oggi il sistema delle fonti prevede (gerarchia delle fonti):
- Il trattato della CE e i regolamenti comunitari
- La costituzione e le leggi costituzionali
- Le leggi ordinarie dello stato
- Le leggi regionali
- I regolamenti
- Gli usi


La codificazione e il principio di uguaglianza


I codici possono essere identificati come semplici leggi ordinarie collocate quindi nella gerarchia delle fonti. Si distinguono sia x la loro estensione, sia per un carattere di ordine qualitativo: sono fonti di diritto generale estesi per tecnica legislativa, nel senso che devono essere raccolte in unità di contesto ordinate x settori dell’ordinamento giuridico (diritto privato e codice civile, diritto penale e codice penale ecc.).
Alla base dell’idea di codice vi è il principio di uguaglianza che si diffonde in Europa a partire dalla rivoluzione francese. L’idea di codice nasce infatti in Francia con la costituzione del 1971.
Uguaglianza intesa come “la legge deve essere uguale per tutti”. Storicamente prevaleva il diritto della classe più potente e il diritto statuale, sovranità dello stato.
In mancanza di particolari diritti si applicava il diritto romano concepito come diritto dell’impero che conservò il vigore nei vari stati come diritto di ragione o di natura. Le classi aristocratiche sostenevano che un qualsiasi vantaggio, anche economico, si potesse conseguire solo in virtù di una norma giuridica che riconoscesse ad alcuni maggiori diritti rispetto che ad altri. La borghesia invece era convinta che imporre una legge uguale x tutti significasse:- sopprimere i privilegi di classe,- instaurare un’economia di mercato (da questo sarebbero poi nate nuove disuguaglianze, non più giuridiche, formali, ma economiche, sostanziali).
1° codice dell’era moderna: codice civile francese del 1804. In Italia i codici del secolo scorso vennero sostituiti da nuovi codici fra il 1931 e il 1942.
I diversi codici dovevano differenziarsi tra loro x le diverse funzioni ec. o le diverse situazioni occasionali del cittadino (es. cittadino in quanto proprietario->codice civile, cittadino commerciante->codice di commercio).

Crisi della codificazione


La legiferazione per codici si è attenuata nel XX sec. sostituita soprattutto dalla proliferazione delle leggi speciali. L’antica tecnica di legiferazione si basava sui criteri di:
CODICI -> si dovevano ritrovare quelle norme che erano destinate a regolare la generalità dei rapporti; dovevano essere poste le norme destinate a valere per un tempo illimitato.
LEGGI SPECIALI -> dovevano figurare le norme regolatrici di rapporti caratterizzati da particolari qualificazioni sogg e ogg al fine di restringere la cerchia dei destinatari; dovevano trovare luogo norme ispirate dalle situazioni e soggette a continue modifiche.
L’odierna tecnica di legiferazione è mutata; il codice civile oggi conserva grande importanza come fonte di cognizione del diritto, però ha perso la sua antica importanza come fonte di produzione del diritto. Alle nuove esigenze di legiferazione si tende oggi a rispondere con specifiche leggi che s’aggiungono al codice civile anziché il rifacimento dello stesso codice.
Vedi art. 3 Costituzione
Il principio di uguaglianza limita il potere legislativo nell’emanazione di norme di diritto speciale che discriminino tra loro i cittadini. Sancisce l’uguaglianza formale del cittadino premettendo cmq che vige ancora la disuguaglianza. È una direttiva per derogare il principio di uguaglianza formale e deve creare disuguaglianze formali quando ciò sia necessario per rimuovere gli ostacoli di ordine ec. e sociale che impediscono ai cittadini di essere uguali fra loro sostanzialmente.
I modelli di codificazione: dalla separazione fra codice civile e codice di commercio al codice civile unificato
Il codice civile italiano attuale entrò in vigore nel 1942 sostituendo 2 distinti codici: il codice civile e il codice di commercio. Si è contrapposto al modello di codificazione del diritto privato introdotto all’inizio dell’800 in Francia e ancora vigente in molti paesi europei. La differenza non sta solo nell’unificazione dei 2 codici ma più che altro nell’unificazione del sistema del diritto privato. L’antica duplicazione dei codici rifletteva le divisioni interne della borghesia. Più precisamente il codice civile era il codice della borghesia fondiaria, mentre il codice di commercio era il codice della borghesia commerciale e di quella nascente industriale. Il codice civile grava attorno al diritto di proprietà considerato il diritto fondamentale, mentre il codice di commercio prendeva in considerazione la ricchezza mobiliare e la sua valorizzazione (perciò se il 1°considerava la proprietà per cui i beni immobili, il 2°considerava i contratti per cui i beni mobiliari).
Già alla fine del secolo scorso si erano levate in Italia voci favorevoli ad una riforma che unificasse il diritto privato. Nella duplicazione dei codici si era vista una lesione dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge mentre l’unificazione dei codici veniva vista come un’equilibrata società civile dove gli interessi della classe mercantile fossero coordinati con quelli dei proprietari, dei consumatori e dei lavoratori. S’era guardato al modello anglosassone, che già alla fine del 700 aveva unificato il diritto civile e commerciale.
“un codice civile unitario, applicabile ad ogni sorta di rapporti e ad ogni categoria di soggetti doveva concorrere a formare l’immagine di una società senza classi, di una nuova unità sociale, basata sulla collaborazione, e non più sul conflitto, tra le diverse categorie produttive.
Nonostante il codice civile sia stato qualificato un codice fascista (1942), solo specifiche norme miravano ad una sua caratterizzazione in tal senso, abrogate dopo la caduta del fascismo.
Il codice civile può essere invece definito un codice tecnocratico perché elaborato da una commissione di giuristi secondo la loro intellettuale visione dell’esigenze di trasformazione della società italiana e dei mezzi per soddisfarle.


Definizione di Codice civile


CODICE CIVILE (serie di norme poste in maniera sistematica preceduto dalle preleggi) diviso in 6 libri:
- dedicato alle persone e alla famiglia
- alle successioni
- alla proprietà
- obbligazioni e contratti (maggiore estensione)
- regola le imprese e le società
- raccoglie disposizioni sulla tutela dei diritti


Il diritto privato nella Costituzione


La comparsa delle prime norme di diritto privato in una carta costituzionale risalgono al 1919 nella costituzione tedesca della repubblica di Weimar. Tale processo di costituzionalizzazione aveva espresso l’opposizione della società borghese al dispotismo politico (assolutismo del governo), perciò: smantellamento dello stato assoluto e identificazione dello stato di diritto. Nella carta di Weimar si manifesta una nuova idea di costituzione, non solo come opposizione al dispotismo politico, ma anche come opposizione al dispotismo economico. La costituzione diventa la legge fondamentale del diritto privato, regolatrice dei rapporti fra privati, o con norme precettizie o con norme di indirizzo per la legislazione ordinaria.
L’evoluzione della concezione costituzionale del potere è evidente nella nostra costituzione: l’idea del potere privato dell’uomo sull’uomo è riscontrabile nell’art 2 cost., che assegna alla Repubblica il compito di garantire i diritti inviolabili dell’uomo, oltre che come singolo anche nelle formazioni sociali dov’egli è in balia dei potenti privati e in rapporto ai quali è proprio l’intervento regolatore dello stato a soddisfare l’esigenza di liberazione.
La svolta radicale è attuata però dall’art 3. Anche qui la Repubblica ha il potere di rimozione degli ostacoli alla libertà e all’uguaglianza e di liberazione dell’uomo dalla sudditanza al potere ec. (regolazione costituzionale dei rapporti economici).
L’uniformità internazionale del diritto privato
Nazionalità del diritto privato: differenziazione del diritto privato per società nazionali.
La nazionalità del diritto privato si rivela un ostacolo ai rapporti ec. fra stati diversi. A cominciare dalla fine dell’800 si punta alla formazione di un diritto privato uniforme. Lo strumento adoperato è quello della convenzione fra stati, ossia gli stati più interessati al commercio internazionale stipulano fra loro convenzioni di diritto privato uniforme, che poi, con legge nazionale, detta legge di esecuzione delle convenzioni internazionali, recepiscono nei singoli stati.
La progressiva tendenza verso l’uniformità del diritto privato concorre a mettere in crisi i codici, come fonti di produzione del diritto privato: il procedere per settori del processo d’unificazione fa si che i singoli settori, regolati uniformemente dalle convenzioni internazionali, escano dai codici e formino oggetto di leggi speciali.
Es. convenzione di Ginevra-1930 per le norme sulla cambiale e sull’assegno.
Fra il 1943 e il1952 si elabora un Uniform Commercial Code statunitense che nel 1963 risulta adottato da tutti gli stati esclusa la Luisiana. In Europa invece l’uniformità del diritto privato si instaura con il trattato di Roma del 1957, istitutivo della comunità europea. Qui il rapporto è visto in funzione della creazione di un mercato.

Tratto da DIRITTO PRIVATO di Chiara Pasquini
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