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Bypass aortocoronarico in vena grande safena


Resta condotto di scelta per la semplicità di preparazione e facilità di utilizzo (è spesso il condotto a cui si ricorre in urgenza). La sua durata è correlata alla qualità della vena (assenza di varici e diametro adeguato) e alla tecnica di prelievo che riduca al minimo i traumatismi dell’intima. Il principale inconveniente risiede nella ridotta pervietà a distanza che si traduce nel riscontro di malattia ateromasica o occlusione nel 50% dei casi a 10 anni. Numerosi fattori appaiono implicati del determinare tali risultati. Da un lato è descritta la trombosi precoce, spesso ascrivibile a cause meccaniche (tecnica chirurgica) e/o emodinamiche (qualità del condotto e del letto coronarico distale, importante differenza di calibro tra la vena e la coronaria). Da un altro esistono fenomeni che sopravvengono più tardivamente, come l’iperplasia intimale nel corso del primo anno postoperatorio (legata all’aggregazione piastrinica provocata da lesioni endoteliali verificatesi durante l’intervento) e l’aterosclerosi del bypass che si verifica dopo il primo anno postoperatorio e può portare all’occlusione del condotto.

Tratto da APPUNTI DI CARDIOCHIRURGIA di Alessandra Di Mauro
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