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Filosofare per essere felici


Come Sant'Agostino insegna, la sola ragione per filosofare è quella di essere felici. L'aspirazione fondamentale dell'uomo consiste nella felicità; ecco perché la domanda della felicità si pone assieme a quella della verità. La verità è felicità perché appagamento totale del nostro essere. Tra le due non c'è contrapposizione, ma neppure priorità dell’una nei confronti dell'altra.
La filosofia realizza il suo scopo se aiuta l'uomo a essere felice: chi è veramente felice è veramente filosofo. La nostra natura è esigenza di verità e di compimento, cioè di felicità.
Nella ricerca della verità di sé, l'uomo arriva ad un punto in cui la filosofia è costretta a fermarsi. Non resta altro che attendere una possibile rivelazione. Chi prende coscienza di questo limite evita la pretesa di possedere una ragione assoluta, di costringere la verità totale nella verità parziale; resta di dover considerare quanto si conosce vero come parte da integrare da altre parti.
Tradizionalmente si ammette che la parola "rivelazione" abbia un significato più generico, e un altro più specifico. Il primo senso ci dice che il mondo è già rivelazione di Dio, in quanto tutto nel mondo è idoneo a condurre a Dio. In un senso più specifico, si parla di rivelazione per definire una risposta più immediata di Dio.
Il desiderio della rivelazione ha accompagnato storicamente la civiltà più prossima al cristianesimo, permettendoci di dire che non basta limitarci a riconoscere l'ipotesi della rivelazione come possibile.
Che Dio si riveli perché l'uomo possa conoscere il suo mistero è indispensabile e molto conveniente. Parlare di convenienza significa dire una risposta all'attesa di chi sa di non essere altro che domanda. Come evidenzia San Tommaso, a causa delle nostre difficoltà, la rivelazione è moralmente necessaria anche perché possiamo conoscere quelle verità etico-religiose, difficilmente raggiungibili con certezza senza errori della maggior parte degli uomini.
Sempre secondo san Tommaso, formarsi una certezza su Dio, non può evitare uno studio accurato e impegnativo, che richiede grandi sforzi, e che pochi però si rassegnano ad affrontare per amore del sapere, anche se Dio ha posto in tutte le anime quel desiderio naturale. Sono una minoranza accetta di studiare per lungo tempo, e quindi può aspirare a una conoscenza completa delle più alte verità.
Questa minoranza non può, però, fare da guida a tutti, di conseguenza il resto dell'umanità è incapace di arrivare alla conoscenza della vera religione.
Oggi, immersi come siamo nella sensualità, la filosofia fa sempre più da eco alla fede nel ricordarci che l'uomo, lasciato alle sue sole forze, non riesce ad essere libero da un pericoloso moltiplicarsi di passioni che lo demoralizzano, siano esse passioni della sensualità oppure della ragione stessa. Solo una riflessione libera da ogni interesse che non sia la fedeltà del vero, assicura una continuità alla promessa e quindi alla speranza della filosofia. La conquista della sapienza esprime quindi l'esigenza di un assoluto morale che chiede di sottrarsi alla tirannia del vizio. Solo se è amata e attuata come vita, la verità si rivela per quella che è. Perché ci sia una vera rivelazione occorre da parte di Dio la comunicazione di una proposizione ignota e da parte dell'uomo la certezza che questa proposizione sia vera e viene da Dio. Questa certezza non si può avere indipendentemente dalla fede, contrariamente, ad essa non si giunge senza che la ragione veda la necessità di credere. Questa esperienza di uomo diviso in soggetto che cerca e soggetto che crede, non trova riscontro nell'esperienza effettiva del cristiano; in chi crede non manca mai un'acuta inquietudine, come san Tommaso stesso ci propone: la conoscenza della fede non appaga il desiderio; piuttosto l'accende.

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