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John Locke: dallo stato di natura allo stato politico

JOHN LOCKE: DALLO STATO DI NATURA ALLO STATO POLITICO


Ma perché allora si passa dallo stato di natura allo Stato politico? Il fine: tutelare meglio i diritti già presenti nello stato di natura. Motivi:
1. Perché gli uomini spesso oltre ad essere guidati dalla ragione sono guidati dalle passioni
2. Perché la ragione umana è limitata: si riescono a vedere solo pezzi di diritto naturale
Questi due motivi fanno sì che nello stato di natura si creino conflitti. I conflitti non sono creati dalla legge naturale, perché posta da Dio, ma l’accesso che hanno alla legge posta da Dio è limitato, quindi sorgono conflitti. Gli uomini nello stato di natura sono tutti uguali, nessuno è subordinato/sovraordinato a qualcun altro: sono tutti anarchici (“anarchia” in senso tecnico: assenza di un potere che fa rispettare le norme ≠ “Stato anomico”: privo di regole). Tutti gli uomini sono uguali agli altri, perché nessun potere fa rispettare le regole (ma questo non vuol dire che le regole non esistano).
Per questa impossibilità di mettersi d’accordo nello stato di natura nasce lo Stato politico: per dare maggiore efficacia ai diritti di cui l’uomo gode nello stato di natura. 
Già nello stato di natura i soggetti sono portatori di diritti, lo Stato politico (artificiale) è uno strumento per garantire questi diritti: non si aggiungono altri diritti, diventano più effettivi.
L’idea che i diritti ineriscano il soggetto già nello stato di natura fonda il limite del potere del sovrano. Il sovrano è posto per produrre leggi positive che tutelino meglio il diritto dei consociati. 
I consociati, de facto,erano una classe specifica, tutti coloro che oltre al re possedevano qualcosa e non tutto il popolo: nemmeno il sovrano potevano appropriarsi delle cose altrui. 
Guglielmo d’Orange: quando viene chiamato gli viene detto che nemmeno lui può violare la legge di natura. 
Quindi in una concezione come questa lo Stato non è più sovrano, lo Stato sono le leggi (≠ dalla concezione di Luigi XIV). Questo porterà ad una fetta di diritto.
Nel 1689 la Dichiarazione dei diritti dei cittadini, che verrà emendata dopo qualche anno diventerà Dichiarazione dei diritti dei cittadini e delle cittadine. L’idea dei diritti che si applicano a tutti nasce nel 1600, ma di fatto ci vorranno secoli (per es. il diritto di voto alle donne in Italia).
Non c’è cosa che può essere fatta da un pubblico ufficiale che non sia disciplinata dal diritto.
Lo Stato detiene il monopolio della violenza, ma chi esercita la forza nel nome dello Stato può farlo all’interno di specifiche regole. 
Protoidea dello stato di diritto: il potere si può esercitare legittimamente solo in presenza di norme (le norme dello stato di natura devono essere seguite anche dal sovrano – limite al potere).

Tratto da FILOSOFIA DEL DIRITTO di Francesca Morandi
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