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Metodologia di ricerca che si usa per capire le culture



Etnografia: metodo di ricerca interpretativo che si basa su una raccolta di dati qualitativa. Con l’etnografia si va nella organizzazione e si sta lì ad osservare quello che succede (per sei mesi, un anno, …). Analizzando i linguaggi, i comportamenti, i ruoli si riesce a studiare la cultura organizzativa di una organizzazione, che può essere partecipata o non partecipata.

CULTURA, STRATEGIE E STRUTTURA (DENINSON, 1990)
Deninson collega la cultura alla strategia. Ha un approccio contingentista. Le contingenze sono il focus strategico dell’organizzazione e le caratteristiche dell’ambiente. Secondo lui l’ambiente può essere stabile oppure flessibile. Qui si fa riferimento ai potenziali clienti.
Il focus strategico può essere poi interno o esterno. Un’organizzazione che cerca la competitività all’esterno (clienti, relazioni, ecc. ecc.), o la può cercare all’interno (basandosi sulle sue risorse e mezzi).

CULTURA ADATTIVA:
Il focus dell’organizzazione è molto esterno, ossia, legato al condizionamento dei clienti. L’ambiente è flessibile perché il mercato su cui lavorano (ad es. mercato hi tech) è un mercato dinamico che cambia continuamente. Questo tipo di cultura favorisce l’assunzione di rischio e di creatività. Favorire innovazione e creatività fa sì che dobbiamo permettere ai nostri dipendenti di assumersi determinati rischi. Come fare a favorire la creatività? Non punire per gli errori.

CULTURA DELLA MISSIONE:
Basata sul soddisfacimento dei bisogni del cliente. È un ambiente più stabile rispetto alla cultura adattiva. È il caso delle industrie grandi, come l’industria alimentare. Qui gli obiettivi di performance sono molto alti ma, dall’altro lato, i dipendenti lavorano in un ambiente stabile, non vi sono grossi competitor che possono arrivare sul mercato e stravolgere completamente il sistema. È focalizzata sul risultato questa cultura in termini di vendite e produttività. In queste aziende il frame principale è quello di una tensione verso i risultati economici della produzione. La cultura adattiva era invece basata sulla creatività e idee.

CULTURA DI CLAN:
Ad es. industrie di moda. Mercato flessibile perché cambia ogni anno, ma qui il focus è estremamente interno visto che mi baso soprattutto sui miei stilisti. È un’organizzazione molto cooperativa, come se fosse un grosso gruppo di lavoro.

CULTURA BUROCRATICA:
È il posto più sicuro che esista per il dipendente. Tuttavia, a differenza della cultura del clan, vi sono molte procedure e regole da seguire. L’ambiente esterno è stabile. La situazione è ingessata perché non cambia mai niente, ma per il dipendente è il miglior posto. È un modello che non funziona più per le aziende di oggi perché anche le aziende che stanno in un mercato esterno stabile, hanno comunque un forte focus sul risultato da conseguire.

LA VISIONE SIMBOLICO INTERPRETATIVA

Goffman propone una lettura originale delle organizzazioni. Le vede come delle messe in scena: nel senso nobile delle opere teatrale ma anche nel senso della finzione.
L’organizzazione è una messa in scena teatrale dove il regista che è il capo dice ai suoi attori cosa fare e le relazioni che si instaurano danno vita all’opera, ossia all’organizzazione.
Le persone si comportano in modo diverso nelle organizzazioni rispetto alla loro vita privata.
La job description affidata agli attori potrebbe essere un copione.
CONCLUSIONE: Quello che avviene nelle organizzazioni è una finzione. La cultura organizzativa nell’azienda è differente rispetto alla cultura individuale di ognuno. Mantengo un determinato comportamento in base al ruolo che ricopro e alla situazione in cui mi trovo.

Rosen vede le cerimonie e i rituali come affermazione della cultura aziendale esistente. Le cene aziendali sono un meccanismo per ribadire e ri sottolineare i livelli gerarchici dell’organizzazione. Sono eventi che vengono presentati come momenti informali e celebrali, ma vengono invece utilizzati come momenti per trasmettere la cultura organizzativa dell’azienda e i livelli gerarchici ai propri dipendenti.

VISIONE POST MODERNISTA di MARTIN
Martin propone tre diverse prospettive di analisi:
INTEGRATIVA: Tutti condividono determinati valori e operano all’interno di questi come un insieme coeso e definito;
DIFFERENZIALE: Alcuni vedono l’organizzazione come un insieme di sub culture che condividono valori, ma che spesso entrano anche in conflitto;
Quella che rispecchia meglio ciò che avviene nelle organizzazioni è la prospettiva frammentaria: non ci sono culture pre stabilite perché la gente cambia spesso valori e cultura. Gli equilibri si possono trovare. La vita organizzativa però è talmente dinamica che tali equilibri si manifestano per pochi periodi temporali. Si tratta dunque di un continuo ri definire della cultura organizzativa che dipende da equilibri instabili. I giochi di potere non sono in equilibrio nel corso del tempo, ma fluttuanti. Di conseguenza anche la cultura organizzativa che è collegata a chi detiene il potere che cambia nel corso del tempo.
Puoi fotografare un momento e analizzare i valori di quel momento, ma non li puoi caratterizzare nel lungo periodo.

LA VISIONE POST MODERNISTA DI KUNDA
Vede la cultura organizzativa come uno strumento di controllo. Un controllo di tipo culturale. I post modernisti affermano che la cultura organizzativa plasma gli individui e divengono una persona che non sono. Si dimenticano chi erano prima e sposano i valori organizzativi dell’organizzazione, che non sono però i veri loro valori. Sparisce l’io individuale e diventa un io organizzativo che viene portato dietro anche nella vita privata. La personalità di un individuo scompare.

Tratto da ORGANIZZAZIONE AZIENDALE di Kevin Carne
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