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Tasse ambientali

Argomento: ”L’utilizzo delle tasse come strumento economico (quindi di politica economica) per affrontare il problema dell’inquinamento”, in anglosassone GREEN TAX (applicazione delle Tasse con riferimento all’ambiente =TASSA VERDE). Le Green tax sono strumenti che vengono utilizzati in tutti i paesi industrializzati e risultano essere politiche molto sostenute a livello di politiche ambientali Europee e la loro applicazione e implementazione viene gestita ancora da ogni nazione con i propri organi interni. Quello che fa l'unione europea è quella di utilizzare il sito www.eea.eu sul quale si trovano documenti e studi volti a dimostrare che le tasse sono strumento importante ed efficace da sviluppare all'interno dei paesi e poi viene lasciata ai singoli paesi la scelta se applicarli o meno, perché queste rientrano nelle politiche fiscali ed ambientali e delle scelte di ciascun paese. Politiche fiscali e politiche ambientali non sono delegate a nessun organo dell'unione europea ma sono rimaste ancora all'interno delle decisioni di politica economica che vengono presi dei singoli Stati. Quando noi parlammo di tasse ambientali ci riferiamo ad uno strumento che viene chiamato strumento economico, anche gli economisti attribuiscono a questo strumento una rilevanza economica, anche se per sua natura non lo è. Perché rispetto ad altri strumenti le tasse ambientali hanno particolare effetto sulle decisioni economiche delle imprese e sui soggetti in generale. Le tasse ambientali vengono anche denominati “strumenti indiretti”. Strumento indiretto di intervento in campo ambientale. perché vengono denominati strumenti indiretti? perché è uno strumento che ha come obiettivo quello di far pagare alle imprese o ad i singoli individui una certa somma di denaro in relazione all'utilizzo di certe risorse o ad una certa attività produttiva e a determinate conseguenze inquinanti. È un prelievo che viene fatto dallo Stato alle imprese. Per questo motivo rientra nella definizione di strumento economico. Quindi un vero e proprio scambio monetario, ovvero scambio economico. Si tratta di un obbligo di pagamento da parte di un organo dello  Stato ad soggetti privati o pubblici. È in indiretto perché non è un comando che viene fatto nei confronti dei soggetti, ovvero non sono dei limiti che vengono imposti all'attività delle imprese, non sono degli standard di comportamento, ma le tasse sono semplicemente un modo di far pagare di più un determinato tipo di sostanza o far corrispondere ad una determinata attività un certo pagamento in modo da disincentivare questa attività inquinante e cercare così di incentivare un'attività meno inquinante. È un modo di pilotare le scelte delle imprese attraverso una motivazione economica. Quindi si fa pagare di più un certo comportamento inquinante sperando che questo comportamento diminuisca e quindi diminuisca l'inquinamento e di conseguenza ci sia la scelta di un comportamento meno inquinante. La storia delle tasse ambientali ha avuto un momento di particolare importanza appena il problema ambientale si è posto, quindi negli anni 70 dove le politiche ambientali assumono maggiore rilevanza insieme alla diffusione dell'industria, dopodiché questo strumento è stato un pochino abbandonato perché si ritiene essere uno strumento che ha più difetti che pregi, e adesso invece ha momenti di nuovi vigori.
In linea generale le tasse sono imposte dello Stato, quindi essi risultano essere strumenti fiscali, quindi normalmente sono imposti dallo Stato e chi controlla il pagamento delle tasse sono di solito delle agenzie, poste al controllo dei pagamenti dei tributi. Quindi è un sistema che in Italia si inserisce nell'ambito del prelievo fiscale. Quando noi parliamo di “cuneo fiscale” delle imprese, nelle imprese ci sono anche una buona quota di tasse di tipo ambientale. In Italia lo strumento delle tasse ambientali è poco utilizzato proprio perché la pressione fiscale sui soggetti pubblici o privati è già di gran lunga elevata.
Le tasse possono colpire ed essere applicate su diverse cose, ovvero categorie, o su diversi soggetti oppure in base alle attività produttive e possono avere forme diverse. Di seguito verranno elencate le diverse tipologie di tassazioni.

La prima in ordine di tempo è di importanza è sicuramente:
1. la TASSA SULLE EMISSIONI, è sicuramente la più semplice da immaginare, ovvero la tassa che colpisce direttamente le emissioni inquinanti. Questa tassa non si occupa di definire l'attività che dà origine all'emissione di sostanze inquinanti, ma colpisce direttamente “l'effetto” di tutte le attività in termini di emissioni. È la tassa che colpisce direttamente l'inquinamento, ovvero direttamente alla fonte di inquinamento. La più famosa di questa categoria è sicuramente la CARBON TAX. La carbon tax è una tassa, esistente in tutti paesi industrializzati, che risponde alla ricerca scientifica che le emissioni di carbonio sono quelle che danno origine all'effetto serra e quindi cambiamenti climatici, quindi nata per colpire questo tipo di emissioni inquinanti. La carbon tax quindi colpisce tutte quelle attività che emettono anidride carbonica in una certa quantità, in una certa percentuale, con specifici metodi di attribuzioni della tassa. La carbon tax come definizione è uguale in tutti gli Stati, ma ogni Stato decide indipendentemente dagli altri come applicare questo strumento, ovvero i metodi da utilizzare per identificare le emissioni e le quantità di anidride carbonica da tassare.
2. la TARIFFA D’USO, questo è uno strumento un po' particolare, diversa dalla tassa sulle emissioni che è la classica tassa, questo è invece uno strumento fiscale che colpisce l'utilizzo di determinati servizi ambientali. Un classico esempio è la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, dove i soggetti privati e le imprese (soprattutto) hanno questo carico fiscale molto rilevante. Quindi con la tariffa d'uso si paga il servizio pubblico che consiste nello smaltimento dei rifiuti e non da meno la raccolta degli stessi rifiuti. Sotto l'aspetto dell'impresa possiamo chiederci perché questo è uno strumento economico e indiretto? è economico perché si tratta di un pagamento per l'utilizzo di un servizio messo a disposizione dalla pubblica amministrazione, ed è indiretto perché l'impresa paga per questo servizio ambientale(smaltimento rifiuti) quindi dovrebbe essere incentivata a cercare di creare meno possibile l'utilizzo di questo servizio, ovvero in questo caso l'incentivazione è indiretta. Quindi l'impresa  è incentivata a creare il meno possibile rifiuti,inoltre l'impresa è incentivata anche all'utilizzo di sostanze o materiali di imballaggio il meno possibile inquinanti(per non originare masse elevate di sostanze inquinanti). Questo è uno strumento che evidenza l'utilizzo di determinate sostanze, e quindi la tariffazione da applicare alla quantità prodotta inquinante. Come la carbon tax colpisce le emissioni con l'obiettivo di incentivarne la riduzione, anche in questo caso la tariffa d'uso colpisce l'utilizzo di determinate attività inquinanti dell'ambiente, pagando un servizio di smaltimento dei rifiuti cercando di incentivare le attività che abbiano delle caratteristiche il meno possibile inquinanti. Per esempio: si paga anche se essi inquinano corsi d'acqua adiacenti all'attività produttiva, perché in questo caso entrano in azione servizi atti alla depurazione delle acque. Quindi anche in questo caso si paga un servizio reso da un attività pubblica, ovvero non impresa pubblica.
3. le TASSE SUI PRODOTTI INQUINANTI, questa è una tassa (molto importante) utilizzata di recente. È una tassa che Va a colpire direttamente prodotti che vengono riconosciuti come inquinanti, nel senso difficilmente smaltibili. (Per esempio: la tassa sui sacchetti di plastica che compriamo al supermercato) Questo strumento ha il duplice obiettivo di incentivare il minor uso di questo tipo di prodotto inquinante ma anche s'ispira ad incentivare la ricerca verso altri tipi di prodotti che non abbiano queste caratteristiche inquinanti. L'idea è quella che attraverso la tassazione si abbiano questi duplici effetti. Il funzionamento di questa tassa risulta essere un po' particolare perché in verità quando noi parliamo di “tassa sul prodotto” significa che pagano i consumatori, quindi, “sembrerebbe” in verità una tassazione che ha poco a che fare con le imprese. In realtà l'idea di aumentare la spesa dei consumatori per l'utilizzo di questi prodotti, rende poco evidente il fine di questo strumento. In verità le teorie economiche ci dicono che i consumatori alla fine fanno pressione perché non ci sia più la diffusione di questi prodotti inquinanti e non essendo disposti a pagare un sovrapprezzo per questi prodotti inquinanti. QUESTE PRESSIONI sono da stimolo per le imprese (esempio le imprese che producono sacchetti di plastica) a cercare delle altre soluzioni, quindi lo stimolo in questo caso viene dal mercato della domanda (incentivare le imprese alla produzione di sacchetti riciclabili!!!).
4. la TARIFFA AMMINISTRATIVA, in questo caso si colpisce l'utilizzo di risorse ambientali, è il classico esempio riferito alle concessioni amministrative. In realtà più che di tariffa si parla di “CONCESSIONE AMMINISTRATIVA”. Quando noi abbiamo una risorsa naturale che viene “sfruttata” da alcuni soggetti, siccome si suppone che questa risorsa poi abbia una riduzione del proprio valore o comunque che possa subire fenomeni di inquinamento si chiede alle persone che utilizzano questi beni pubblici, spesso per scopi commerciali, il pagamento di una tariffa. (Esempio: concessioni degli stabilimenti balneari). Queste tariffe sono legate all'uso/consumo della risorsa pubblica. Questo è uno strumento molto diffuso in Italia, perché abbiamo tutta una serie di tipologie concessioni. In cambio dello sfruttamento di determinati beni demaniali si chiede di pagare una tassa sul deterioramento del bene ovvero una tariffa amministrativa legata alla concessione. La tariffa amministrativa è un modo per risolvere il problema dei beni pubblici, ovvero seguendo la logica che l'ambiente è un bene pubblico e quindi tutti si sentono proprietari, la tassazione di attività commerciali che sfruttano beni pubblici ha come obiettivo di evitare l'eccessivo sfruttamento/deterioramento del bene pubblico in concessione.
5. i DEPOSITI RIFONDIBILI, essi sono dei depositi che vengono chiesti come “cauzione” per l'utilizzo di una risorsa e per salvaguardare la qualità di questa risorsa (un esempio è quello delle bottiglie di vetro, infatti tanti anni fa si richiedeva una cauzione per evitare l'utilizzo eccessivo delle bottiglie di vetro). Quindi per l'utilizzo di determinate risorse si chiede una cauzione per limitarne l'eccessivo utilizzo. In realtà questo è uno strumento poco diffuso.

Tutte queste forme quindi risultano essere dei trasferimenti di denaro e sono applicati su soggetti pubblici e privati che in un certo senso utilizzano l'ambiente (beni demaniali) o recano danno all'ambiente (inquinandolo).
A “MONTE” di questo trasferimento ce l'idea che lo Stato si prende il compito di “internalizzare” i costi (trasferimento dei costi all’interno delle imprese) da questo tipo di comportamenti (emissioni, tariffe d'uso, tassa sui prodotti inquinanti, tariffa amministrativa, depositi). In un certo senso lo Stato controlla l'uso di particolari attività e le emissioni di particolari sostanze inquinanti facendosi pagare. Nel funzionamento economico delle tasse bisogna aggiungere che è quanto previsto sotto forma di tasse (di prelievo) costituisce un gettito fiscale, quindi è una somma che viene poi prelevata dallo Stato e gestito dallo Stato. In teoria gli economisti ci dicono che quanto raccolto da queste tasse dovrebbe essere, per un funzionamento efficiente di questi strumenti, riutilizzato per il “disinquinamento/ricostruzione di queste risorse”. In teoria quando parliamo di strumenti di politica economica va sicuramente considerata anche l'efficienza di tali politiche. Ovvero l'efficienza economica non sta solo nel fatto di prevedere una tassa, ovvero di far pagare per questi comportamenti (o per queste emissioni), ma l'efficienza sta nel fatto di riutilizzare il gettito per fini ambientali.                                                     Nel primo caso per esempio noi tassiamo l'emissione di carbonio(carbon tax in Italia), infatti questa tassa raccoglie del denaro e dovrebbe quindi stimolare l'utilizzo di attività che emettono anidride carbonica in maniera sempre meno frequente. Inoltre quanto prelevato dovrebbe essere utilizzato per disinquinare l'ambiente, perché la tassa non annulla tutte le attività che emettono carbonio, ovvero i comportamenti che inquinano l'aria.                                                                                                                               Quindi “dovrebbe” esserci questa ulteriore “fase”, ovvero quella di riutilizzare il gettito per ripristinare l'ambiente. In realtà questa fase è un po' il difetto di questo strumento. In Italia infatti non c'è una distinzione fra le varie attività fiscali infatti il gettito (tasse ambientali) che entra nelle tasche dello Stato non viene distinto dalle altre tipologie di tassazioni. Infatti non esiste la garanzia che quanto paghiamo sotto forma di tasse sui rifiuti sia poi riutilizzato per ripristinare, disinquinare, per salvaguardare le risorse naturali.                                                                                                                                                                       Esempio per il prelievo sulle concessioni demaniali del Salento, sono somme che non danno mai la garanzia di essere reinvestite, quindi riutilizzati per curare le coste marine o le zone turistiche.                             Questo quindi risulta essere uno dei difetti delle tasse, soprattutto in Italia, perché nelle zone del nord Europa c'è un certo tipo di collegamento fra le due fasi e quindi un certo tipo di responsabilizzazione delle agenzie tributarie nel prelevare e riutilizzare, e quindi giustificare anche il livello di tassazione. In Italia questo tipo di discorso non è possibile effettuarlo, per di più siccome l'Italia per definizione è un paese sempre in deficit, quindi sempre alla ricerca di entrate tributarie è molto probabile che queste entrate servono per  altri scopi invece che per quello ambientale1.
Quando noi parliamo di tasse dobbiamo sempre pensare che l'efficienza si riscontra soprattutto nella fase successiva. Quindi l'efficienza economica della tassa è molto elevato in termini teorici, ma nella pratica presenta questo tipo di difetto!!!
Accanto alle tasse c'è un altro strumento utilizzato per evitare proprio il verificarsi dei difetti della tassazione. Si parla infatti di uno strumento fiscale differente per utilizzo2, che sono i SUSSIDI.
Infatti sui libri di testo molto spesso quando si parla di tasse si parla anche di sussidi, perché in teoria si tratta della stessa cosa ma che hanno direzioni diverse. Cioè mentre la tassa è un prelievo che fa lo Stato, il sussidio è un aiuto dello Stato per un comportamento positivo. Quindi con la tassa colpiamo un comportamento negativo (ovvero un comportamento inquinante) con il sussidio incentiviamo/finanziamo un comportamento positivo, ovvero un'attività disinquinante. In teoria stiamo trattando e parlando delle due facce della stessa medaglia, ovvero lo stesso tipo di strumento. In pratica però si hanno delle diversità, infatti analizzando i tre tipi di sussidi abbiamo:
1. CONTRIBUTO A FONDO PERDUTO, sono sostanzialmente dei fondi che vengono dati dallo Stato per cercare di dare le risorse a chi attua dei comportamenti antinquinanti/disinquinanti, ad esempio l'utilizzo delle tecnologie pulite, ovvero le tecnologie rispettose dell'ambiente3. Con questo strumento si cerca di incentivare e contribuire a scelte produttive che sono eventualmente un pochettino più costose ma che cercano di andare nella direzione di rispettare l'ambiente e di non inquinare.
2. FINANZIAMENTI A TASSO AGEVOLATO, (strumento di livello europeo) si tratta proprio di finanziamenti agevolati, ovvero di tassi di interesse agevolati con l'obiettivo di finanziare attività dirette alla tutela dell'ambiente.
3. SGRAVI FISCALI, in questo terzo caso non si dà un contributo, non si attuano finanziamenti, ma si fanno pagare meno tasse. Quindi si chiede un esborso inferiore dal punto di vista fiscale a quelle attività che curano particolarmente la tutela ambientale. Lo sgravo fiscale è l'opposto della tassazione, quindi o si fanno pagare le tasse per chi inquina oppure non farle pagare per chi non inquina.
Sui sussidi non abbiamo il problema che abbiamo sottolineato per le tasse (la fase successiva==reinvestimento del gettito raccolto) perché mentre per le tasse c'è questo prelievo che poi dovrebbe essere eventualmente investito per il disinquinamento, in questo caso l'effetto, sempre di natura economica, non è indiretto ma ricadono direttamente sulle imprese o sugli individui. Ovvero si va a premiare il comportamento antinquinante. Non sia ha per i sussidi la dispersione di eventuale gettito perché siamo sicuri che questi fondi vengono incanalati per particolari tipi di attività.
I sussidi potrebbero avere il difetto della “moral azard” o del “frereading”. Ovvero potrebbero essere finanziati attività che sembrano essere nella direzione di antinquinamento (pro ambiente) ma in verità non lo sono, quindi che contrastano la MISSION di questi finanziamenti.
Se il sistema fiscale basato sulle tasse non funzionasse bene i sussidi potrebbero essere una ottima alternativa4.

È interessante andare a vedere le leggi che hanno incentivato per esempio le fonti energetiche alternative, infatti questo è un classico esempio di politica economica ambientale che si basa sulla utilizzazione dei sussidi e delle incentivazioni.                                                                                                               Questi strumenti hanno anche altri difetti molto importanti:
Creano problemi di competitività tra i diversi settori industriali.
(per esempio se la comunità europea ci vietasse l'utilizzo degli piatti in plastica perché non risultano riciclabili, in un certo senso si sta spostando e stimolando lo sviluppo delle industrie che producono piatti in materiale diverso dalla plastica o che fa piatti riciclabili).
Questi interventi quindi non sono del tutto neutrale rispetto sistema economico, cioè lo Stato disincentiva certi settori è nello stesso tempo ne incentiva altri, in definitiva può spiazzare la competitività di alcune imprese. quindi per esempio vi sono imprese che rimangano tassate di più rispetto ad altre e quindi in maniera indiretta si determina anche una certa politica industriale. A volte queste politiche ambientali spostano le coordinate della competitività delle imprese determinando importanti conseguenze dal punto di vista economico. La difficoltà di introdurre tasse ambientali sta appunto nel considerare anche queste variazioni di tipo concorrenziale.
PRESSIONE FISCALE, la tassa ambientale va a sommarsi con le altre tipologie di tasse.
Adesso presenteremo una semplice relazione economica tramite un grafico, cercando di mettere in relazione i costi benefici (euro) con la quantità prodotta (Q).
Nell'economia dell'ambiente viene utilizzato un grafico per cercare di semplificare quella che è l’attività dell'impresa in relazione all'inquinamento, ovvero quello che provoca l'impresa stessa con la propria attività produttiva. Questo grafico mette in relazione i benefici marginali con i costi marginali dell'attività produttiva dell'impresa. Risulta essere molto semplice da un punto di vista grafico e ci aiuta a fare delle considerazioni dal punto di vista di politica economica.

Il grafico mette in relazione i due variabili:
da una parte sull'asse verticale una variabile monetaria, i costi benefici(euro);
sull'asse orizzontale mettiamo la quantità prodotta(Q).
Gli economisti ambientali utilizzano un secondo asse orizzontale, nel senso che il primo asse orizzontale misura la quantità prodotta, in sovrapposizione a quest'ultimo viene indicato un'altra variabile, con l'utilizzo di un altro asse, che misura l'inquinamento. Quindi per semplificare noi intendiamo che all'aumento della quantità prodotta aumenta l'inquinamento, come se avessimo un'impresa che produce delle emissioni inquinanti in relazione la quantità prodotta.
L'impresa con la sua attività ha delle emissioni inquinanti che crescono in proporzione alla quantità prodotta. Quindi con questo semplice grafico che mette in relazione i costi benefici con la quantità prodotta, utilizzato degli economisti, gli ambientalisti aggiungono l'asse orizzontale rappresentando la variabile inquinamento per trarne importanti considerazioni. Il grafico che noi rappresentiamo pone in relazione i costi marginali con i benefici marginali, dove i costi marginali sono crescenti al crescere della quantità prodotta, quindi della produzione, e i benefici marginali sono decrescenti man mano che la quantità prodotta aumenta. Il senso di questo grafico è quello di dire “ più noi produciamo più il costo marginale cresce, più l'impresa produce più il beneficio della quantità prodotta decresce”. Il punto ottimale (A) per l'impresa è dove costi marginali e benefici marginali si incontrano. Quindi normalmente si ragiona in termini di un certo equilibrio tra costi e benefici. Dove il punto A indica, in ipotesi di analisi economica, dove l'impresa si accontenterà della produzione effettuata perché in questo punto massimizza la differenza tra costi marginali e benefici marginali, cioè fermarsi prima significherebbe perdere una certa quota di benefici, mentre andare oltre significherebbe produrre con costi marginali che superano i benefici marginali. Quindi qualsiasi quantità prodotta inferiore a Q* comporta dei costi superiori e dei benefici inferiori, qualsiasi quantità prodotta superiore a Q* comporta dei costi inferiori e dei benefici superiori. L'ideale comunque sarebbe produrre Q* e avere dei costi C*.
Se noi lo interpretassimo dal punto di vista dell'inquinamento, possiamo notare come il grafico ci indica che la quantità ideale Q* dal punto di vista dell'inquinamento corrisponde ad un certo livello di inquinamento i*.
Potremmo definire i* il livello di inquinamento ideale?
Per gli economisti i* rappresenta il livello di inquinamento ideale.
Mentre l'obiettivo per un ambientalista sarebbe quello di spingere i* il più possibile verso zero, cioè non è concepibile avere una attività produttiva ottimale se non si cerca di stimolare un inquinamento molto basso.
Per gli economisti invece esiste un punto di equilibrio ottimale, che soddisfa la relazione quantità prodotta/costi benefici (equilibrio di mercato) dove si massimizza il profitto ed contemporaneamente si accetta un livello di inquinamento pari ad i*.
E’ proprio per questo motivo che esiste una tassa.
Gli economisti ambientali, si basano sulla teoria delle esternalità, è aggiungono una considerazione ulteriore in base alla relazione che intercorre tra le variabili utilizzate nel grafico: infatti con questa rappresentazione grafica siamo nella ipotesi in cui l'impresa ha sulle sue spalle sia costi che benefici. In un certo senso abbiamo l’impresa che ha all'interno del suo conto economico tutti i costi relativi all'a produzione, quindi ragiona in termini di costi marginali (là dove il costo marginale è l’insieme di tutti i costi di produzione). Però la teoria economica dei fallimenti di mercato ci dice che in alcuni casi l'inquinamento è definibile come un'ipotesi di esternalità. Ovvero, questi costi marginali in verità non sono tutti i costi che l'impresa produce, perché parte di questi costi vengono esternalizzati e quindi caricati sulle spalle di altri soggetti, di solito nella società nel suo complesso. Rispetto a quest'ipotesi degli economisti, se c'è inquinamento potremmo pensare che la curva dei costi marginali per l'impresa sia di questo tipo:

Come possiamo notare i costi marginali dell'impresa sono inferiori a quelli che sono i costi marginali per tutta la società. Questo significa che se noi guardassimo il bilancio dell'impresa la curva dei costi sarebbe rappresentata dalla curva dei “costi marginali dell'impresa”, invece se noi guardassimo i costi dell'intera società considereremmo i “costi marginali dell'intera società”. La differenza è la quota relativa all'inquinamento, ovvero il trasferimento dei costi sui soggetti (che non viene inclusa nel calcolo dell'impresa), ma viene trasmessa sui costi dell’intera società. Quindi se  un'impresa emette delle sostanze inquinanti può darsi che abbia la possibilità di trasferire5 dei costi (che in realtà dovrebbero gravare sull'impresa stessa) sulla società. In sintesi l'impresa è un soggetto che ha la possibilità di trasferire dei costi (esternalizzazione).
Questo effetto provoca un fallimento del mercato, perché l'impresa in questo caso produce di più (Qt) di quello che risulta essere l'equilibrio Q*. Quindi se non si intervenisse con degli strumenti di “internalizzazione”, come le tasse, avremmo il problema che l'impresa riesce ad esternalizzare dei costi6.
Di conseguenza l'effetto sarebbe quello di inquinare ancora di più, ovvero passare da i* ad it .
Quindi l'impresa che non paga le tasse ambientali è un'impresa che riesce in qualche modo a produrre di più, produrre un prezzo più basso quindi a spiazzare anche da un punto di vista competitivo le altre imprese.
Questo tipo di analisi è molto interessante perché ci fa vedere l'effetto della produzione sull'inquinamento, e gli ambientalisti ambientali cercano in qualche modo di far emergere l'attività svolta da un'impresa se non viene sottoposta al prelievo fiscale o a qualsiasi altro strumento di politica ambientale.
L'obiettivo della tassa è che un'impresa paghi quanto sta producendo, in termini di inquinamento, visto però da un punto di vista economico, visto cioè come un trasferimento dei costi. La tassa serve a far pagare le imprese, quindi a far rientrare nei costi dell'impresa anche i costi dell'inquinamento.
Gli interventi da parte degli organi ambientali potrebbe anche riguardare l'idea di fissare un livello di quantità prodotta standard. Questo intervento potrebbe rientrare nello strumento utilizzato dagli organi ambientali denominato “comando”, dove si obbliga un certo tipo di comportamento (imporre Q*).
Oppure ci potrebbe essere l'obbligo alla impresa di disinquinare, ovvero potremmo chiedere alla impresa di avviare delle attività all'interno del proprio ciclo produttivo per sottrarre parte dell'inquinamento prodotto (imporre di passare da it a i*).
In conclusione quindi si potrebbe agire sulla Q o sulla i.
La tassa invece non fa altro che trasferire dei costi all'interno dell'impresa e cercare di far pagare un prezzo in relazione al danno creato alla società.
In realtà la tassa porta con sé alcuni problemi:
il primo problema è quello che bisogna dare una certa misura alla tassa, cioè cercare di calcolare t*(tassa ottimale). Infatti l'intervento delle politiche economiche sulle attività inquinanti è proprio quello di cercare di calibrare il più possibile il livello di tassa il più vicino possibile a t*7.
Da un punto di vista economico l'obiettivo è quello di non incentivare né disincentivare l'attività produttiva di un'impresa, infatti la tassa (t) potrebbe risultare:
t    <    t*   e quindi la scelta del governo è di far pagare meno le imprese, dove la curva dei costi marginali si troverebbe tra il punto A e il punto B, quindi avremo un effetto mitigato rispetto alla assoluta mancanza di intervento. In questo caso siamo nella situazione in cui l'impostazione della tassa risulta essere o troppo leggera o sbagliata nel calcolo (sistema di calcolo fiscale poco efficiente).
t    >    t*  in questo caso gli ambientalisti sosterrebbero questa tipologia di imposizione fiscale, ma per un economista questo modo di imporre la fiscalità non risulta giusta, perché risulta essere disincentivante per l'impresa, dove la curva dei costi marginali risulterebbe maggiore dei costi marginali in equilibrio, portando l'impresa a dei costi superiori ed a un livello di quantità prodotta inferiore a Q*. Infatti la pressione fiscale carica l'impresa ad un pagamento troppo eccessivo tale per cui disincentiviamo l'attività produttiva.
Il secondo problema è quello che il sistema di tassazione per essere efficace, ovvero una volta deciso  t*, deve essere anche ben applicato. Cioè una volta stabilito t* ottimale bisogna cercare di rendere il più efficace possibile la sua applicazione.
(Esempio: nel caso delle emissioni inquinanti a volte è difficile stabilire quante sono le emissioni, in termini di quantità, e scegliere la tassa in base alla quantità di emissioni inquinanti introdotta).
I problemi potrebbero essere di EVASIONE (molto diffuso in Italia) e di APPLICAZIONE DELLA TASSA.
CONCLUSIONI (dati italiani)
in Italia abbiamo:
tasse che colpiscono emissioni di combustibili(sulla benzina)
tasse sulla produzione di energia elettrica (per l'utilizzo di alcuni combustibili che producono carbonio)
tasse sull'utilizzo dei veicoli (automobili, veicoli di trasporto)
eco-tasse (per esempio colpiscono i sacchetti di plastica, le pile, gli oli lubrificanti, imballaggi, materiale per costruzioni)
tasse sui rifiuti
tasse sulle fognature
tasse su cui trasporti aerei (inclusa nel biglietto da viaggio)
i dati riguardano l’anno 2002, e il gettito riferito a queste tasse risulta essere molto importante (molto elevato, siamo nell'ordine di parecchi milioni di euro). Esistono parecchi documenti(di stampo europeo) che cercano di incentivare l'utilizzo delle tasse in Italia, quindi in tutti i paesi europei, e da una indagine della “eea” risulta che l'Italia è uno dei paesi che utilizza meno lo strumento delle “tasse ambientali”. Quindi l'Italia viene indicato come paese che dovrebbe sviluppare di più il sistema fiscale riferito proprio alla determinazione dei diversi strumenti esistenti (politica ambientale basata sulle tasse).
Il discorso è anche legato al “federalismo fiscale”, cioè se queste tasse dovrebbero essere gestite a livello locale oppure a livello centralizzato.

Tratto da POLITICA ECONOMICA di Mariarita Antonella Romeo
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