Skip to content

Definizione di Elementi beta

Nella teoria della “crescita del pensiero” di W. R. Bion gli elementi beta sono i costituenti originari di quelli che saranno poi i pensieri. Essi sono definiti come «le impressioni sensoriali delle esperienze emotive», vale a dire, qualsiasi movimento emotivo e sensoriale che si origina nel soggetto quando questo è a contatto con la realtà esterna e interna, sia nello stato di sonno che in quello di veglia.
Al fine di ottenere una conoscenza della realtà e di attuare verso di essa un atteggiamento adattivo, gli elementi beta devono passare attraverso la funzione alfa, che li metabolizza, trasformandoli in elementi alfa, vale a dire elementi mentali capaci di rappresentare e simbolizzare la realtà che in tal modo diviene “mentalmente manipolabile”. Prima di ciò, gli elementi beta si configurano come “fatti indigeriti”, come esperienze senza significato, se non quello che di fatto hanno e quindi incapaci di apportare conoscenza. Essi sono paragonati da Bion alla “cosa in sé” kantiana, incapaci di “legarsi” tra loro per formare immagini e rappresentazioni dello stato delle cose inerenti al mondo esterno o interno, ma aventi l’unico destino dell’evacuazione, mediante gli acting out e l’identificazione proiettiva. A differenza dei loro corrispettivi elementi “metabolizzati” (gli elementi alfa), infatti, essi non possono condensarsi insieme per formare quella struttura dell’apparato mentale chiamata “barriera di contatto”, indispensabile per evitare lìingerenza dell’inconscio nel conscio, e lasciano quindi il soggetto nella condizione mentale di chi non esperisce la realtà come “fenomeno”, in senso kantiano, bensì come “noumeno”, dove le cose hanno il significato delle parole e le parole il significato delle cose.
Data la loro incapacità di “legarsi”, queste esperienze grezze si agglomerano nella psiche, andando a formare lo “schermo beta”, che ha la funzione di evacuare gli elementi beta, esperiti come fatti indigeriti, essendo essi il risultato, non della simbolizzazione delle esperienze del soggetto nei confronti della percezione della realtà, bensì della loro desimbolizzazione. Questo tipo di pensiero è caratteristico delle personalità psicotiche che, a differenza di quelle nevrotiche, non forniscono delle comunicazioni verbali o comportamentali al fine di informare l’altro sul proprio stato mentale, ma al solo scopo di evacuare mediante l’identificazione proiettiva i “fatti indigeriti” e di proiettarli nell’analista, provocando in lui una reazione emotiva. Non c’è, dunque, possibilità di interpretazione di queste comunicazioni, poiché esse non hanno alcun riferimento simbolico con una realtà mentale, ma sono solo ciò che sembrano, “cose in sé” e non “fenomeni” derivanti da una simbolizzazione della realtà.

di Luca Ricci