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Definizione di Eterogenesi dei fini

Il concetto di eterogenesi dei fini è stato formulato per la prima volta da Giambattista Vico, secondo il quale la storia umana, pur conservando in potenza la realizzazione di certi fini, non è lineare e lungo il suo percorso evolutivo può accadere che l'uomo nel tentativo di raggiungere una finalità arrivi a conclusioni opposte.

L'idea è stata poi ripresa da Vilfredo Pareto nel suo Trattato di sociologia generale dove, nella prima parte riguardante la definizione dei tipi di azione sociale e l'analisi della loro logicità e non-logicità, definisce l'eterogenesi dei fini l'esito di un particolare tipo di azione non-logica dell'essere umano e della collettività.

Partendo dal criterio di classificazione basato sulla corrispondenza della relazione mezzi-fini nella realtà oggettiva con la relazione mezzi-fine nella coscienza di chi agisce, l'eterogenesi dei fini è il risultato logicamente connesso ai mezzi impiegati da un individuo, il quale soggettivamente concepisce una certa relazione tra quei mezzi e quel fine. Tuttavia, le conseguenze oggettive non corrispondono a quelle soggettive.
In altre parole, secondo l'eterogenesi dei fini, l'attore sociale agisce credendo di ottenere un determinato risultato, mentre l'esito oggettivo delle proprie azioni sarà diverso, se non contrario, ai risultati previsti e sperati soggettivamente dall'attore. Questo perché non sempre la coscienza di chi agisce è in grado di rappresentare la relazione mezzi-fini con la stessa coerenza e con tutte le informazioni necessarie per ricreare la relazione che essi hanno nella realtà oggettiva.