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Meditazione Mindfulness e disturbi d’ansia

La meditazione mindfulness

In questi tempi che corrono ormai spendiamo fin troppo tempo trascurando ciò che accade proprio sotto il nostro naso, forse colpa della tecnologia o forse della vita che ci porta ad essere troppo frenetici e sempre di corsa, ma così facendo la mente si dedica ad organizzare la sua poca attenzione nei confronti dei bisogni e desideri che proviamo in un dato momento. Siccome però questi la maggior parte delle volte sono indotti da oggetti materiali di cui non abbiamo però effettivamente bisogno, ci sentiamo spesso insoddisfatti ed infelici. Per vivere consapevolmente abbiamo bisogno di allontanare questi desideri futili al fine di rimuovere l’insoddisfazione cronica, per riuscire così a concentrarci sul qui ed ora; già dai tempi antichi Seneca condannava tale insoddisfazione.

Un buon metodo per essere pienamente presenti in ogni cosa che facciamo è la mindfulness, che non implica lasciarsi andare distaccandosi dai nostri pensieri, ma analizzarsi in profondità mettendo da parte i sentimenti negativi come la paura, la rabbia, l’odio, concentrandosi per individuare le azioni che generano insoddisfazione. E’ un’attitudine che si coltiva attraverso la pratica volta a condurre l’attenzione del soggetto verso il momento presente. Essa ci conduce un passo alla volta ad uno stato di coscienza oggettiva al fine di vivere concentrati su quello che stiamo facendo. Nel corso della pratica non bisogna preoccuparsi se si procede bene o male solo perché viviamo in una società dove veniamo valutati dai risultati che si ottengono, piuttosto che per quello che viene fatto; non esiste un metodo migliore di un altro per la meditazione mindfulness, non esiste il fallimento. L’unica cosa che conta è il fare. Dal momento che ci impegniamo nella pratica, diamo modo al nostro cervello di azionarsi nel modo migliore, attivandosi nel qui ed ora, cosicché possano cambiare le cose o almeno provarci.
Il termine mindfulness deriva dalla parola “Sati” in lingua pali il quale si riferisce ad uno stato caratterizzato da presenza mentale; è un concetto che vede una storia di oltre 2500 anni ed affonda le radici nelle tradizioni contemplative buddiste. Si racconta che il Buddah o il “Risvegliato” interrogato da un discepolo circa la sua natura divina rispose semplicemente “Sono sveglio”.

La parola “Sati” rimanda anche al verbo “Sarati” che vuol dire ricordare; infatti lo sviluppo del Sati e quindi della mindfulness incrementa la capacità di ricordarsi dei propri pensieri, comportamenti, conseguenze su di sé e gli altri, grazie ai quali si può imparare dai propri errori e procedere nel proprio cammino etico (Analayo, 2006). Tale consapevolezza aiuta a ridurre la sofferenza legata a una scorretta comprensione della realtà, avendo ben chiaro ciò che deve essere fatto e ciò invece che non deve essere fatto (Dhammika S.,1990).

Nella tradizione buddista la mindfulness, l’etica e la saggezza sono profondamente legate tra loro e ognuna ha un’importante influenza sulle altre (Guanaratana H., 1993); in quest’ottica la mindfulness viene definita come consapevolezza del momento presente, focalizzarsi sui propri pensieri, emozioni, azioni e conseguenze su se stessi e gli altri per perseguire solamente ciò che è salutare.
Un contributo eccezionale deriva dagli studi di J.K. Zinn per quanto riguarda la mindfulness in ambito psicoterapeutico, la quale riprende soprattutto le tecniche della meditazione vipassiana ed è applicata con successo nella psicoterapia cognitivo comportamentale. La sua efficacia è provata dagli studi di numerose università mondiali tra cui il lavoro di Daniel Goleman in collaborazione con il Dalai Lama.

Applicata costantemente la mindfulness è in grado di ridurre l’ansia, piccoli malesseri fisici stagionali, ma anche attenuare i sintomi di gravi malattie quali HIV, cancro, infertilità, oltre ad interessanti applicazioni nell’ambito di problemi neurologici. Inoltre, è stata dimostrata efficace nel rallentamento del decadimento cognitivo con grandi miglioramenti nella vita dei meno giovani.
Il fondatore dell’impiego della mindfulness nei tempi moderni è proprio J. K. Zinn, che la definisce come “il processo di prestare attenzione in modo particolare: intenzionalmente in maniera non giudicane, allo scorrere dell’esperienza nel presente momento dopo momento” (Kabat Zinn J., 1994), e come la consapevolezza emergente dal prestare attenzione al momento presente sospendendo il giudizio (J.K. Zinn J., 2003). Infatti la mindfulness viene oggi intesa come la tecnica di soffermarsi sull’esperienza presente significa viverla senza giudicarla, accogliendola gentilmente, in maniera compassionevole, accettante, senza identificarsi con i propri contenuti mentali.

In ambito cognitivista è stata definita come una forma di “insight metacognitivo o consapevolezza metacognitiva” intesa come processo attraverso il quale gli stati mentali vengono vissuti in maniera decentrata, prendendone le distanze per cui la persona vive i propri stati mentali come appunto “stati” e non come “fatti” (Teasadle J., Williams M., Segal Z., 2005), nettamente diverso dal concetto di metacognizione attualmente adottato nell’ambito cognitivista secondo il quale la metacognizione è la capacità di riflettere sui propri stati mentali e criticarli (Teasadle J., Williams M., Segal Z., 1995).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Meditazione Mindfulness e disturbi d’ansia

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Informazioni tesi

  Autore: Camilla Persico
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università Telematica "E-Campus"
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia
  Relatore: Matteo Vagli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

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Parole chiave

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disturbi d'ansia
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mindfulness
terapie complementari
meditazione di consapevolezza
meditazione mindfulness
psicologia
camilla persico

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