I criteri di priorità nell'esercizio dell'azione penale

4 Premessa Immaginiamo la scrivania di un Pubblico Ministero di una qualsiasi Procura della Repubblica: migliaia di fascicoli sovrapposti, di vario spessore, formano pile di diversa altezza che ne occupano l’intera superficie; a ciò si aggiungono gli armadi della sua Segreteria, anch’essi stracolmi di pesanti faldoni numerati relativi ai procedimenti più impegnativi e complessi, con numerosi indagati e per gravi titoli di reato. Questo è il contesto dal quale trae spunto questo lavoro: trattasi della rappresentazione visiva del “problema” costituito dalla concreta gestione di migliaia di procedimenti penali, ciascuno con una sua storia ed una diversa notizia di reato, che prospettano una molteplicità di presunte violazioni della legge penale, in attesa di essere preliminarmente verificate attraverso l’attività di indagine ed eventualmente sottoposte all’esperimento giurisdizionale. L’art. 112 Cost. obbligherebbe quel Magistrato a promuovere l’azione penale rispetto a tutti indistintamente i procedimenti penali che gli risultano assegnati: ma il condizionale è d’obbligo, perché realisticamente ciò non può accadere e non accade, in quanto la domanda di Giustizia penale eccede di gran lunga l’offerta del servizio pubblico giudiziario, per cui quell’obbligo assoluto espresso in modo così lapidario dalla Carta costituzionale assume di fatto una connotazione relativa, dovendosi prendere atto che esso non può essere materialmente assolto per mancanza cronica di adeguate risorse in capitale umano e mezzi.