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Confini controversi

Come osserva Holdich, esperto di questioni confinarie: nella storia recente la maggioranza dei conflitti importanti e delle controversie internazionali per le quali sembrava inevitabile scendere in guerra, sono nate a causa di confini controversi. 
Obiettivo dei vari paesi è infatti quello di assicurarsi confini che includono, all’interno dei rispettivi territori popolazioni culturalmente omogenee e allo sesso tempo ne escludono le altre. Nei negoziati di Parigi, successivi alla prima guerra mondiale, l’ideale imperante era quello di istituire confini che avessero una spiccata valenza antropica in modo da armonizzare le diverse nazionalità. La lingua in particolare era generalmente considerata uno dei criteri migliori per la delimitazione dei confini a fronte di un ormai inadeguato riferimento alle fattezze fisiche del territorio. Dopo il secondo conflitto mondiale la questione cominciò a prendere una piega diversa. Gli interessi economici cominciarono ad avere sempre più peso nelle questioni confinarie così come tutta una serie di processi politici avvenuti negli ultimi decenni non hanno fatto altro che acuire problematiche che parevano da lungo tempo obsolete. Come si è detto, i confini rappresentano la materializzazione dei limiti dello stato. Il principio di inviolabilità e di intangibilità del territorio di uno stato si estende così ai suoi confini che, essendo in comune con un altro paese, sono regolamentati da accordi internazionali che ne impediscono cambiamenti unilaterali. La Convenzione sul Diritto dei Trattati del 1969 stabilisce che : un cambiamento fondamentale delle circostanze che portarono alla stipula di un accordo sui confini non può essere addotto a motivo di recessione da essa. 
Del resto la stessa formazione dei confini, frutto di una complessa serie di procedure giuridiche non sempre ben definite o di situazioni politiche contingenti, che il tempo viene poi a modificare, o ancora di contingenze geomorfologiche che vanno ad incidere sul paesaggio geografico, continuano a provocare revisioni e dispute di confine. Queste possono riguardare gli aspetti giuridici dell’accordo (dispute di definizione). Ad esempio la definizione che fa coincidere il confine con la linea mediana di un fiume può essere compromessa da una variazione delle acque anomala a fronte di situazioni particolari. Tale contingenza può significare a volte anche spostamenti di centinaia di metri sul terreno, abbastanza per causare controversie e stati di tensione. Altre riguardano invece  sia la delimitazione che la demarcazione dei confini (dispute di localizzazione). I problemi sono per lo più determinati da questioni relative alla demarcazione della linea di confine. Ad esempio, quando molti territori coloniali diventarono stati indipendenti, sorsero complicati problemi relativi alla delimitazione interna dei rispettivi territori che erano stati trascurati dalle varie potenze in quanto facenti parte di un medesimo ambito coloniale. Quando due paesi confinanti si accordano per effettuare controlli reciproci, ad esempio in tema di immigrazione o di contrabbando, il confine funziona bene, ma se uno dei due paesi vuole imporre limiti non accettati dall’altro, non è infrequente l’apertura di controversie (dispute di gestione) che necessitano spesso di un arbitrato da parte di  terzi o di organizzazioni internazionali. Contestualmente all’intensificazione della ricerca e della scoperta di risorse naturali si stanno oggi moltiplicando tutta una serie di problematiche relative alle aree confinarie (dispute di ripartizione). Molte controversie in tal senso riguardano il mare e la piattaforma continentale (per la presenza di sacche petrolifere sottomarine) così come le acque interne, vuoi per l’approvvigionamento idrico che per la salvaguardia del loro stato (si pensi ad esempio alle problematiche relative alle popolazioni vallive ed a quelle a monte lungo il corso di uno stesso fiume). 

Tratto da GEOGRAFIA POLITICA ED ECONOMICA di Filippo Amelotti
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