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IMPLICAZIONI SUL PATTO DI STABILITA’ INTERNO


In virtù del Trattato di Maastricht, che è stato approvato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore l’1 novembre 1993, è nato un problema di finanza pubblica che non poteva essere lasciato soltanto alle amministrazioni centrali: sono nati finanziamenti annuali di vincoli nei confronti dell’Unione Europea, e nel nostro Paese si è sviluppato il Patto di Stabilità e Crescita che vincola il finanziamento degli enti locali.
Il Patto di Stabilità Interno (PSI) nasce dall'esigenza di convergenza delle economie degli Stati membri della UE verso specifici parametri, comuni a tutti, e condivisi a livello europeo in seno al Patto di stabilità e crescita e specificamente nel trattato di Maastricht (Indebitamento netto della Pubblica Amministrazione/P.I.L. inferiore al 3% e rapporto Debito pubblico delle P.I.L. convergente verso il 60%).
Si è fatto notare all’ amministrazione centrale che la stabilizzazione sarebbe stata più facile se si fossero attribuite maggiori funzioni a livello decentrato; in questo modo si creano degli incentivi a dei comportamenti responsabilizzanti; ma questa politica non era sufficiente perché c’era tutta una serie di amministrazioni che non rispettavano i programmi di responsabilizzazione finanziaria; per ovviare a questa situazione allora si è introdotto il Patto di stabilita interno ovvero dei vincoli sul bilancio degli enti locali, che derivava dal Patto di Stabilità e Crescita concordato in sede europea.
La circolare n. 15/2010, emanata dalla Ragioneria Generale dello Stato in data 30 marzo 2010, concerne il "patto di stabilità interno" per l’anno 2010 per le Province e i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, disciplinato dall'art.77-bis, commi da 2 a 31, della legge n. 133 del 2008 e successive integrazioni e modificazioni e dalla legge n. 42 del 2010. Il documento contiene criteri interpretativi per l'applicazione del patto di stabilità interno da parte degli enti locali, evidenziando, in particolare le novità previste rispetto alle regole degli anni precedenti.
Il Patto di stabilita rappresenta un’ esigenza di rispetto di vincoli europei con livelli di indebitamento netto rispetto al PIL, valutato con riferimento ai conti di tutte le amministrazioni locali, e non solo lo Stato.
Si nota però una distribuzione asimmetrica nelle responsabilità, che grava maggiormente in capo alle amministrazioni centrali.
La variabile centrale da controllare è il saldo di bilancio delle amministrazioni locali, ed in effetti il patto di stabilità interno nasce con la finanziaria del 1998 e viene attuata per la prima volta nel 1999. Inizialmente era un controllo di un saldo totale di bilancio che teneva conto anche dei conti finanziari. Dal 1999 fino ad oggi ci sono stati continui cambiamenti della legislazione fino ad imporre vincoli anche in materia di investimenti degli enti locali tramite restrizioni alle spese in conto capitale. C’è stato una ricorrente cambiamento di tendenza in quanto ci era la di comportamenti opportunistici degli enti locali, e cioè gli enti locali sfruttavano quel margine di discrezionalità per aggirare i vincoli del patto di stabilità.
Sono cambiati dal 1992 i vari criteri di calcolo degli obbiettivi; alcune volte si considerava il saldo di bilancio, altre volte il saldo di bilancio collegato ai livelli di spesa, e c’era dunque un limite duplice. A volte si è tenuto conto del bilancio di cassa, a volte del bilancio di competenza, a partire dal 2008 si è tenuto conto di una competenza mista ovvero di cassa per le spese correnti e di competenza per le spese in conto capitale. Tutto questo nasce sempre all’interno di un sistema di stabilizzazione, che deve essere congiunto ad un sistema di regole incentivanti- disincentivanti, che sia accoppiato a queste regole.
Per questo sono state aggiunte sanzioni così come premi per le amministrazioni adempienti-inadempienti. In quest’ultimo caso venivano tagliati trasferimenti oppure veniva vietata l’assunzione di personale ulteriore. Nel caso di adempienti, si consentiva l’assunzione di personale o si davano facilitazioni per l’acquisizione di finanziamenti per investimenti.
Il Patto di Stabilità viene attuato tramite un monitoraggio continuo in corso d’anno e le decisioni sono prese in sede di legge finanziaria maggiormente dalle amministrazioni centrali, con l’effetto di avere continue contestazioni da parte delle amministrazioni locali, che contestano la liceità delle regole del patto.
Si chiama “patto”, ma in realtà non è proprio un patto tra amministrazioni locali ed amministrazioni centrali; è una decisione unilaterale regolata e coordinata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in sede di approvazione della Legge Finanziaria. In realtà si chiama “patto” perché c’è un flusso di andata e ritorno di trattative con le conferenze che portano ad una sigla non proprio formale.
Dal punto di vista del controllo della finanza pubblica, il Patto di Stabilità interno ha avuto un grande successo, aiutando le Amministrazioni centrali a salvaguardare gli obiettivi di bilancio, fissati in armonia con i parametri di Maastricht.
A tal proposito anche la Legge 42, approvata il 5 maggio 2009 sul federalismo fiscale vede nel PSI un valido strumento per tenere sotto controllo i conti pubblici.

Tratto da TESORERIA PUBBLICA IN ITALIA di Andrea Balla
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