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Tipologie di banche

A seguito della seconda direttiva CEE, le banche possono essere costituite solamente in due modi: tramite la forma giuridica della società per azioni oppure tramite la forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata (art. 28).
La forma di società per azioni, che è quella maggiormente utilizzata, è stata scelta in quanto è quella principalmente adottata negli altri paesi comunitari.
La forma di società cooperativa per azioni a responsabilità limitata invece è stata tenuta perché ha una grande storia nel sistema bancario italiano.
Le banche cooperative possono assumere la veste di banca popolare o banca di credito cooperativo.
La particolarità delle banche cooperative è che il capitale deve essere necessariamente diviso in quote e che si deve obbligatoriamente adottare un regime di responsabilità limitata.
Il secondo comma dell’art. 28 stabilisce che “alle banche popolari e alle banche di credito cooperativo non si applicano i controlli sulle società cooperative attribuita all’autorità governativa dal codice civile”. Ciò significa che, a differenza delle normali società cooperative per le quali è prevista la vigilanza da parte del Ministro del lavoro, per le banche che adottano questo regime la vigilanza avviene solo ed esclusivamente da parte della Banca d’Italia. Il motivo di questa decisione è semplice: si vuole evitare che la banca costituita con questa forma giuridica sia sottoposta ad una doppia vigilanza, la quale potrebbe creare dei problemi di compatibilità delle norme.
Le banche popolari (artt. 29-32) nascono nella seconda metà dell’ottocento e si caratterizzano in quanto erogano il credito a favore di piccole e medie imprese commerciali e industriali. Il t.u.b. richiede che alle banche popolari si applichino le norme previste per le società cooperative. Queste norme sono innanzitutto il principio “una testa un voto”, cioè ciascun socio ha diritto ad un voto qualunque sia la sua partecipazione posseduta.
In secondo luogo è previsto che ogni socio (ad eccezione degli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari) non possa detenere una partecipazione superiore allo 0,5% del capitale della banca. Se il limite viene superato le azioni in eccesso devono essere vendute entro un anno pena la cessione alla banca di tutti i diritti inerenti alle azioni in eccesso.
Un altro principio che si applica alle banche popolari è quello della “porta aperta”, cioè la massima semplicità per le operazioni di acquisizione delle azioni e del diritto di recesso.
Ogni azione non può avere un valore nominale minore di due euro e la nomina dei membri degli organi di amministrazione e controllo spetta esclusivamente ai competenti organi sociali.
È previsto un numero minimo di soci pari a duecento. Qualora si scenda sotto tale limite si ha tempo un anno per provvedere alla reintegrazione. Se non ci si riesce la banca viene messa in liquidazione.
Le banche popolari possono trasformarsi in spa o fondersi con altri organismi dando vita a spa. In tal caso deve essere garantito il diritto di recesso ai soci.
Infine, le banche popolari devono destinare almeno il dieci per cento degli utili netti annuali a riserva legale. La quota di utili non assegnata a riserva legale, ad altre riserve, ad altre destinazioni previste dallo statuto o non distribuita ai soci, è destinata a beneficienza o assistenza.
Le banche di credito cooperativo (artt. 33-37) devono avere nella denominazione la dicitura “credito cooperativo”. Il valore nominale di ciascuna azione non può essere inferiore a 25 euro né superiore a 500 euro. Si applica la stessa disciplina per il numero dei soci prevista per le banche popolari.
Diversa dalle banche popolari è invece l’operatività delle banche cooperative. L’art. 35 infatti afferma che “le banche di credito cooperativo esercitano il credito prevalentemente a favore dei soci”. Questa norma però non attribuisce un diritto soggettivo al socio; se questo non ha i requisiti necessari per richiedere il finanziamento la banca può rifiutare tale richiesta. Il vantaggio per i soci sta nelle migliori condizioni che la banca cooperativa può offrire rispetto alle altre banche.
Qualora sussistano motivi di stabilità, la Banca d’Italia può autorizzare, per un periodo di tempo determinato, la banca cooperativa a svolgere un’attività prevalente nei confronti dei non soci.
Lo statuto delle banche di credito cooperativo contengono le norme relative alle attività, alle operazioni di impiego e di raccolta e alla competenza territoriale, determinate sulla base dei criteri fissati dalla Banca d’Italia. Ciò consente alla Banca d’Italia di esercitare sulle banche cooperative un controllo molto più serrato rispetto a quello che avviene per le spa o per le banche popolari.
Le banche di credito cooperativo non possono trasformarsi in spa. Possono partecipare a fusioni in cui risultino banche popolari o spa previa autorizzazione della Banca d’Italia, che la rilascia qualora  esista un interesse dei creditori o qualora sussistano ragioni di stabilità.
Infine, le banche di credito cooperativo devono destinare almeno il settanta per cento degli utili netti annuali a riserva legale. Una quota degli utili netti annuali deve essere corrisposta ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione nella misura e con le modalità previste dalla legge. La quota di utili che non è assegnata nei precedenti modi e che non è utilizzata per la rivalutazione delle azioni o assegnata ad altre riserve o distribuita ai soci deve essere destinata a fini di beneficenza o mutualità.

Tratto da DIRITTO BANCARIO di Fabio Muzzolu
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