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DISTRETTI INDUSTRIALI ITALIANI


Perché si parli di distretti industriali devono esserci 2 requisiti:
1) il processo produttivo deve essere divisibile in fasi diverse, tecnicamente separabili, per consentire la specializzazione delle piccole imprese per fasi o componenti;
2) deve trattarsi di produzioni soggette a elevata variabilità della domanda, che richiedano forme di organizzazione flessibile.
Il fenomeno dei distretti industriali, ha suscitato particolare interesse in Italia, per la sua diffusione. Ma comunque, tendenze simili sono state segnalate anche in regioni della Germania, della Francia e della Spagna.
 Con particolare riferimento all'Italia, vediamo che, nel corso degli anni 70', si nota una forte crescita delle piccole imprese, particolarmente concentrata nelle regioni del centro e del nordest. Quest'area verrà definita come Terza Italia, per distinguerla dal nordovest, zone delle grandi imprese, e dal sud dove il processo di industrializzazione era rimasto molto limitato. Queste piccole imprese presentano la particolarità di essere concentrate in sistemi locali dei comuni vicini (e popolazione inferiore a 100 mila ab.).
In questi sistemi locali vi è un mercato del lavoro integrato, e un certo grado di specializzazione settoriale. Quando la specializzazione settoriale e l'integrazione tra le piccole imprese sono molto elevate e danno luogo a una divisione specialistica del lavoro, si formano i «distretti industriali».
In un distretto sono dunque localizzate molte imprese di piccola dimensione, ciascuna delle quali si specializza in una particolare fase o nella produzione di una particolare componente del processo produttivo. Solo un numero ridotto di aziende ha però rapporti diretti con il mercato finale, e sono quelle che ricevono gli ordini, decidono la quantità e la qualità dei beni da produrre e ne affidano la realizzazione concreta ai produttori di fase, coordinando l'intero processo.
L'indagine sui distretti ne ha evidenziato 2 caratteristiche principali:
A) la capacità di rispondere in modo flessibile ai cambiamenti del mercato si basa sull'uso delle nuove tecnologie e soprattutto sui rapporti di cooperazione;
B) la capacità di innovare e migliorare la qualità dei beni prodotti è sostenuta dall'esistenza di economie esterne alle singole aziende ma interne all'area in cui esse sono localizzate: manodopera e collaboratori specializzati, servizi e infrastrutture, ma anche fattori immateriali che influiscono sulla produttività e quella che Marshall chiama «atmosfera industriale», che si caratterizza per la circolazione e diffusione rapida di conoscenze e informazioni.

Tratto da SOCIOLOGIA ECONOMICA di Antonio Amato
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