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In scena Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri

8 novembre 1960

Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri, di Dario Fo è rappresentata la prima volta all'Odeon di Milano.
La vicenda, che si rifà ad un clamoroso caso di cronaca, è situata tra la fine della prima guerra mondiale e l'avvento del fascismo. Si tratta di una specie di gangster-story, una commedia nera legata allo schema della doppia agnizione, ossia lo scambio di identità tra due figure opposte, tipizzate all'estremo, il prete colto da amnesia e il gangster sosia che vuole approfittarne, con la bella Luisa, che funge da terzo polo dinamico, oggetto erotico che motiva gli screzi tra i due.
Il buono (il prete-democristiano) e il cattivo (il bandito-fascista) sono dissociati, ma insieme riavvicinati perché impersonati dallo stesso attore. Al contrario di quel che succede nelle farse non è il poveretto, l'emarginato a credersi un personaggio importante, ma è il prete, convinto di essere un bandito da strada, che si comporta come tale, pur mantenendo alcuni tic e alcune caratteristiche del suo status precedente. All'incrociarsi tra i due tipi contrastanti, scandito da geometriche entrate e uscite, corrisponde l'alternarsi puntuale di due facies globali, con lessico/gestualità/comportamento appunto antitetici; il sosia infatti canta in falsetto e in latino, mentre Giovanni, bottiglie alla mano, lancia canzoni interventiste da ardito. Si produce pertanto una precisa attività metalinguistica, in cui frequentissimi sono i qui pro quo tra i due sosia.
In Aveva due pistole, che possiamo chiamare anche la commedia piccoloborghese del bandito, proseguendo nel suo preciso itinerario di rigenerazione della lingua teatrale, Fo inventa un linguaggio pensando alla «mala» di «sotto casa»: usa termini dialettali più che nelle altre commedie e lessico "da sala da biliardo", esprime bisogni e desideri con suoni onomatopeici; è insomma una lingua da ladro casereccio.

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