Donne: tra Fascismo, Guerra e Resistenza (1925 - 1945)
Donne in armi
La scelta delle donne di partecipare alla Resistenza armata fu una scelta ardua e abbastanza rara. La tradizionale divisione dei generi, i tabù sociali, gli stereotipi allora operanti, la reticenza nei confronti delle armi, impedirono, nella maggior parte dei casi, l’approdo a questa doppia ribellione. E’ arduo trovare nelle testimonianze un denominatore comune che spieghi le motivazioni personali che condussero alla scelta armata. Probabilmente per molte donne questa decisione estrema fu un approdo necessario per difendere la patria oltraggiata e respingere il nemico invasore:
[…] Alle tre del mattino i tedeschi hanno sparato dal monte Calvario la prima cannonata sulla caserma del nostro corpo d’armata. Sono uscita di casa, sono corsa alla caserma e mi sono ritrovata con il fucile in mano, pronta a resistere insieme ai soldati italiani che non volevano cedere le armi. […] Come entravano nelle caserme i tedeschi mitragliavano dappertutto. Tanti nostri soldati sono stati ammazzati nelle loro brande, nelle camerate. Da quel momento ho capito che li potevo solo uccidere, i tedeschi. La scelta è venuta subito. Avrei potuto servire benissimo la Resistenza come informatrice, come staffetta, restando all’anagrafe. Invece ho capito che io volevo combattere con le armi in mano.
Come si evince dalla testimonianza, per Elsa Oliva la decisione è repentina. Se in un primo momento la scelta è accidentale «mi sono ritrovata con il fucile in mano» successivamente la scelta diviene ferma e consapevole «ho capito che io volevo combattere con le armi in mano», pur sapendo che avrebbe potuto, da donna, «servire benissimo la Resistenza come informatrice, come staffetta». Una scelta così radicale e rivoluzionaria ovviamente non fu da tutte. Molte decisero di portare e usare le armi solo in caso di emergenza o semplicemente per sentirsi più sicure:
[…] Io non ho mai sparato agli uomini, ho sempre sparato ai mezzi. Spero di non aver fatto mai perdere il controllo al punto di andar giù con anche il mezzo, ecco! Per il rispetto della vita che ho io […]
Conservo ancora il body che indossavo quando mi hanno arrestata. E’ di pizzo nero, ma non è sexy visto che è completamente consumato all’altezza della vita, dove portavo la pistola. Mi dava sicurezza poterla sentire. L’avevo sempre addosso, non perché mi piacessero le armi, ma mi sentivo sicura.
Per Laura Seghettini, così come per altre partigiane, il profondo rispetto della vita umana costituiva quell’argine che non doveva mai essere superato.
La presenza delle donne in formazione e la loro scelta di combattere in armi destò non poche perplessità e dubbi da parte del genere maschile. Gli uomini, ancora legati al classico modello di divisione dei ruoli, non erano avvezzi ad avere accanto a loro, così a stretto contatto, delle donne che non fossero membri del loro nucleo familiare – madre, moglie, sorella o figlia – né tanto meno vedere donne in armi. L’uso di queste era infatti appannaggio solo maschile, ma, per la prima volta, il genere femminile rivendicava ora il diritto-dovere, sempre negatogli - in quanto la cittadinanza era esclusivamente maschile - di poter difendere la propria patria con le armi. [...]
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Donne: tra Fascismo, Guerra e Resistenza (1925 - 1945)
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Informazioni tesi
Autore: | Veronica Crispino |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze storiche |
Relatore: | Laura Guidi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 121 |
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