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Problemi penalistici in materia di procreazione medicalmente assistita

I progressi realizzati, negli ultimi tempi, dalla biogenetica sono senz’ombra di dubbio sorprendenti. Infatti, con l’affinamento delle tecniche scientifiche di procreazione medicalmente assistita (comunemente detta fecondazione artificiale), è stato in vario modo risolto il problema dell’infertilità della coppia.
Allo schema tradizionale del concepimento, caratterizzato dall’unione naturale dell’uomo e della donna, se ne sono affiancati progressivamente altri: dall’inseminazione artificiale dell’ovulo materno, realizzata mediante l’iniezione nel corpo della donna dei gameti maschili, si è passati alla fecondazione dell’ovocita fuori dell’alveo naturale (mediante l’utilizzo del seme del partner o di un donatore estraneo alla coppia) seguita dalla ricollocazione dell’ovulo fecondato nell’utero materno, per poi arrivare al cosiddetto fenomeno della maternità surrogata, caratterizzato dal collocamento dell’ovulo fecondato artificialmente in un alveo femminile estraneo a quello originario.
Tutto ciò è stato realizzato in assenza di una specifica disciplina normativa, che individuasse limiti e condizioni per l’accesso alle varie tecniche di riproduzione assistita.
La possibilità di ricorrere alla fecondazione artificiale implica, infatti, l’insorgere di numerose questioni di carattere giuridico-morale, quali, per esempio, la qualificazione o meno dell’embrione formato in provetta come individuo, con la conseguente problematica della tutela della vita, della dignità, della salute del concepito fin dal momento della sua formazione; la questione della liceità dell’accesso alla fecondazione artificiale da parte dei singles o delle coppie non sposate, o di quelle omosessuali; oppure ancora la legittimità della fecondazione eterologa, caratterizzata dall’utilizzo di gameti provenienti da un donatore estraneo alla coppia; il problema della legittimità della cosiddetta fecondazione post mortem o dell’utero in affitto, e numerose altre questioni, che dovrebbero essere discusse in Parlamento.
Attualmente, poiché non esiste nessuna disciplina vincolistica in materia di maternità assistita, deve ritenersi che ogni intervento, di qualunque specie esso sia, è penalmente lecito e non può dare pertanto luogo di per sé a responsabilità penale. Dico di per sé nel senso che non vi sono norme penali che puniscano chi semplicemente richieda o applichi una delle tecniche di procreazione assistita, mentre esistono già nel nostro ordinamento norme penali che individuano una responsabilità per il medico che, come in qualsiasi altro intervento medico-chirurgico, provochi delle lesioni personali al paziente che, nel caso della fecondazione artificiale, è la donna che si sottopone al trattamento, oppure lo stesso concepito.
Esiste, anche, nel nostro ordinamento il reato di abuso d’ufficio, in cui potrebbe incorrere il medico che utilizzasse i fondi stanziati dalla Regione o dalle Unità Sanitarie Locali, per forme d’intervento di maternità assistita in relazione alle quali l’ente erogatore abbia imposto dei vincoli o dei divieti nell’impiego del denaro pubblico.
A queste (poche) norme di carattere penale si possono aggiungere le numerose circolari che il Ministro della sanità ha emanato negli ultimi anni, allo scopo di colmare il vuoto normativo in materia di procreazione medicalmente assistita.
Ma si tratta di disposizioni che, da un lato, si occupano solo di alcune delle questioni cui la fecondazione artificiale dà origine, quali quelle attinenti al pericolo di trasmissione del virus dell’HIV e di altri agenti patogeni attraverso il seme umano impiegato per la fecondazione artificiale , quella riguardante le strutture e i servizi disponibili , quella della non remunerabilità della donazione di materiale genetico , oppure quella contenente il divieto di sperimentazione a fini di clonazione.

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Problemi penalistici in materia di procreazione medicalmente assistita Introduzione I progressi realizzati, negli ultimi tempi, dalla biogenetica sono senz’ombra di dubbio sorprendenti. Infatti, con l’affinamento delle tecniche scientifiche di procreazione medicalmente assistita (comunemente detta fecondazione artificiale), è stato in vario modo risolto il problema dell’infertilità della coppia. Allo schema tradizionale del concepimento, caratterizzato dall’unione naturale dell’uomo e della donna, se ne sono affiancati progressivamente altri: dall’inseminazione artificiale dell’ovulo materno, realizzata mediante l’iniezione nel corpo della donna dei gameti maschili, si è passati alla fecondazione dell’ovocita fuori dell’alveo naturale (mediante l’utilizzo del seme del partner o di un donatore estraneo alla coppia) seguita dalla ricollocazione dell’ovulo fecondato nell’utero materno, per poi arrivare al cosiddetto fenomeno della maternità surrogata, caratterizzato dal collocamento dell’ovulo fecondato artificialmente in un alveo femminile estraneo a quello originario. Tutto ciò è stato realizzato in assenza di una specifica disciplina normativa, che individuasse limiti e condizioni per l’accesso alle varie tecniche di riproduzione assistita. La possibilità di ricorrere alla fecondazione artificiale

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Informazioni tesi

  Autore: Laura Consolandi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1997-98
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Domenico Pulitanò
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 218

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fecondazione artificiale
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